30.04.2009 free
CORTE di GIUSTIZIA - Nozione di “pubblicità - Diffusione di informazioni su un medicinale da parte di un terzo che agisce di propria iniziativa
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
2 aprile 2009
«Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Nozione di “pubblicità” – Diffusione di informazioni su un medicinale da parte di un terzo che agisce di propria iniziativa»
Nel procedimento C‑421/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Vestre Landsret (Danimarca), con decisione 6 agosto 2007, pervenuta in cancelleria il 13 settembre 2007, nel procedimento penale a carico di
Frede Damgaard,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C. W. A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. J.‑C. Bonichot, K. Schiemann (relatore), J. Makarczyk e dalla sig.ra C. Toader, giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 ottobre 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per il sig. Damgaard, dall’avv. S. Stærk Ekstrand, advokat,
– per il governo danese, dalla sig.ra B. Weis Fogh, in qualità di agente,
– per il governo belga, dal sig. J.‑C. Halleux, in qualità di agente,
– per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente,
– per il governo ellenico, dalle sig.re N. Dafniou e S. Alexandriou nonché dal sig. K. Georgiadis, in qualità di agenti,
– per il governo polacco, dai sigg. T. Krawczyk, P. Dąbrowski e M. Dowgielewicz, in qualità di agenti,
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra Z. Bryanston-Cross, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra J. Stratford e dal sig. J. Coppel, barristers,
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. H. Støvlbæk e dalla sig.ra M. Šimerdová, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 novembre 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 86, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE (GU L 136, pag. 34).
2 Questa domanda è stata presentata nell’ambito di un’azione penale avviata dall’Anklagemyndigheden (pubblico ministero) nei confronti del sig. Damgaard, esercitante la professione di giornalista, il quale è perseguito per aver divulgato pubblicamente informazioni sulle caratteristiche e sulla disponibilità di un medicinale la cui immissione in commercio non è autorizzata in Danimarca.
Contesto normativo
La direttiva 2001/83
3 Il secondo e terzo ‘considerando’ della direttiva 2001/83 recitano come segue:
«(2) Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.
(3) Tuttavia questo scopo deve essere raggiunto avvalendosi di mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali nella Comunità».
4 Ai termini del quarantesimo ‘considerando’ della medesima direttiva:
«Le disposizioni relative alle informazioni da fornire ai pazienti devono garantire un livello elevato di tutela dei consumatori, così da permettere un impiego corretto dei medicinali sulla base di informazioni complete e comprensibili».
5 Il quarantacinquesimo ‘considerando’ di detta direttiva è formulato come segue:
«La pubblicità presso il pubblico di medicinali che possono essere venduti senza prescrizione medica potrebbe, se eccessiva e sconsiderata, incidere negativamente sulla salute pubblica; tale pubblicità, se autorizzata, deve pertanto essere conforme ad alcuni criteri essenziali che occorre definire».
6 Il titolo III della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2004/27 (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»), riguarda l’immissione in commercio di medicinali, mentre il titolo IV della medesima, disciplina la loro fabbricazione ed importazione. Quanto al titolo VII di tale direttiva, esso regolamenta la distribuzione all’ingrosso dei medicinali.
7 L’art. 86 della direttiva 2001/83, con il quale inizia il titolo VIII della medesima, intitolato «Pubblicità», dispone che:
«1. Ai fini del presente titolo si intende per “pubblicità dei medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare quanto segue:
– la pubblicità dei medicinali presso il pubblico,
– la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli,
– la visita di informatori scientifici presso persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,
– la fornitura di campioni di medicinali,
– l’incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile,
– il patrocinio di riunioni promozionali cui assistono persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,
– il patrocinio dei congressi scientifici cui partecipano persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, in particolare il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno di queste ultime in tale occasione.
2. Non forma oggetto del presente titolo quanto segue:
– l’etichettatura e il foglietto illustrativo, soggetti alle disposizioni del titolo V,
– la corrispondenza corredata eventualmente da qualsiasi documento non pubblicitario, necessaria per rispondere a una richiesta precisa di informazioni su un determinato medicinale,
– le informazioni concrete e i documenti di riferimento riguardanti, ad esempio, i cambiamenti degli imballaggi, le avvertenze sugli effetti collaterali negativi, nell’ambito della farmacovigilanza, i cataloghi di vendita e gli elenchi dei prezzi, purché non vi figurino informazioni sul medicinale,
– le informazioni relative alla salute umana e alle malattie umane, purché non contengano alcun riferimento, neppure indiretto, ad un medicinale.
8 L’art. 87 della medesima direttiva prevede:
«1. Gli Stati membri vietano qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non sia stata rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio, conforme al diritto comunitario.
2. Tutti gli elementi della pubblicità di un medicinale devono essere conformi alle informazioni che figurano nel riassunto delle caratteristiche del prodotto.
3. La pubblicità di un medicinale:
– deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà,
– non può essere ingannevole».
La normativa nazionale
9 L’art. 27 bis della legge n. 656/1995 sui medicinali (lægemiddellov legge consolidata n. 656/1995) dispone che:
«È vietata la pubblicità dei medicinali che non si possono legittimamente smerciare o distribuire in Danimarca».
Causa principale e questione pregiudiziale
10 L’Hyben Total in forma di polvere e di capsule, dopo essere stato classificato come medicinale dal Lægemiddelstyrelsen (agenzia danese dei medicinali), una volta era commercializzato in Danimarca dal suo produttore, la Natur-Drogeriet A/S (in prosieguo: la «Natur-Drogeriet»), in quanto prodotto che allevia e cura la gotta, i calcoli biliari, le nefropatie, le cistopatie, la sciatica, la cistorragia, la diarrea, i crampi allo stomaco, il diabete e i calcoli renali. Il materiale informativo relativo a tale medicinale era stato preparato dal sig. Damgaard. Tuttavia, la vendita di tale medicinale è stata interrotta nel 1999, non avendo esso ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio.
11 Nel corso del 2003, il sig. Damgaard ha indicato sul suo sito Internet che l’Hyben Total conteneva polvere di rosa canina che, asseritamente, allevia i dolori provocati da diverse forme di gotta o di artrosi e che tale medicinale era in vendita in Svezia e in Norvegia. Con decisione 16 giugno 2003, il Lægemiddelstyrelsen ha informato il sig. Damgaard che indicazioni di tale tipo costituivano una pubblicità contraria all’art. 27 b della legge n. 656/1995 sui medicinali, e che era stato avviato un procedimento penale a suo carico.
12 Con sentenza 2 dicembre 2005 del Retten i Århus, il sig. Damgaard è stato riconosciuto colpevole di aver violato detta disposizione nazionale ed è stato condannato ad un’ammenda. Egli ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Vestre Landsret sostenendo, nell’ambito di tale procedimento, di non essere un dipendente della Natur-Drogeriet e di non avere alcun interesse in tale impresa o nella vendita dell’Hyben Total. La sua attività, in quanto giornalista nel settore dell’igiene alimentare alternativa, sarebbe stata limitata alle comunicazioni, ai commercianti al dettaglio e agli altri interessati, di informazioni sugli integratori alimentari. Il sig. Damgaard non avrebbe percepito alcuna remunerazione da parte della Natur-Drogeriet per le informazioni che egli divulgava concernenti l’Hyben Total.
13 L’Anklagemyndigheden, che ha esercitato l’azione penale nei confronti del sig. Damgaard, sostiene che detta divulgazione di informazioni era diretta ad incoraggiare i consumatori ad acquistare l’Hyben Total, indipendentemente dalla questione se esistesse un vincolo tra l’interessato e il produttore o il venditore di tale medicinale. Tale attività rientrerebbe dunque nella nozione di «pubblicità» ai sensi dell’art. 86 della direttiva 2001/83 e dovrebbe essere vietata con riferimento al fatto che l’immissione in commercio di detto medicinale, il cui consumo tale attività mira a promuovere, è vietata in Danimarca.
14 Da parte sua, il sig. Damgaard fa valere che l’informazione pubblicata sul suo sito Internet non costituiva una pubblicità come quella di cui all’art. 86 della direttiva 2001/83, in quanto tale nozione deve essere interpretata in modo più restrittivo, vale a dire come nozione non comprendente la divulgazione di informazioni effettuata da un terzo indipendente.
15 Alla luce di tali circostanze il Vestre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 86 della direttiva (...) 2001/83(...) debba essere interpretato nel senso che la divulgazione da parte di un terzo di informazioni relative ad un prodotto, in particolare alle sue proprietà curative o profilattiche, debba essere considerata come pubblicità, anche quando tale terzo agisce di propria iniziativa e in piena autonomia, giuridica e di fatto, rispetto al produttore o al venditore»
Sulla questione pregiudiziale
16 Il secondo ‘considerando’ della direttiva 2001/83 enuncia che lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della salute pubblica. Tale obiettivo è ribadito nei diversi titoli di detta direttiva, in particolare nei titoli III, IV e VII della medesima, le cui disposizioni garantiscono che nessun medicinale sia immesso in commercio, prodotto o distribuito senza avere ottenuto le autorizzazioni preventive necessarie.
17 Parimenti, nel settore dell’informazione e della pubblicità relativa ai medicinali, il quarantesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/83 enuncia che le disposizioni relative alle informazioni da fornire ai pazienti devono garantire un livello elevato di tutela dei consumatori, così da permettere un impiego corretto dei medicinali, sulla base di informazioni complete e comprensibili. Inoltre, al quarantacinquesimo ‘considerando’ della medesima direttiva, è precisato che la pubblicità presso il pubblico di medicinali che possono essere venduti senza prescrizione medica potrebbe, se eccessiva e sconsiderata, incidere negativamente sulla salute pubblica; tale pubblicità, se autorizzata, deve pertanto essere conforme ad alcuni criteri essenziali che occorre definire.
18 L’art. 87, n. 1, della direttiva 2001/83, vieta qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non sia stata rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio, conforme al diritto comunitario.
19 La divulgazione pubblica di informazioni su un medicinale non autorizzato in un dato Stato membro può, in funzione del contesto in cui avviene tale divulgazione, influenzare il comportamento dei consumatori e incoraggiarli a procurarsi i medicinali di cui trattasi, circostanza che potrebbe incidere negativamente sulla salute pubblica. Come emerge dal fascicolo presentato alla Corte, il sig. Damgaard ha indicato sul suo sito Internet che l’Hyben Total era disponibile in Svezia e in Norvegia.
20 L’art. 86, n. 1, della direttiva 2001/83, definisce la nozione di «pubblicità dei medicinali» come «qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali». Mentre tale definizione pone esplicitamente l’accento sulla finalità del messaggio, essa non contiene alcuna indicazione quanto alle persone che divulgano tale informazione.
21 Pertanto, la formulazione della direttiva 2001/83 non esclude che un messaggio proveniente da un terzo indipendente abbia carattere pubblicitario. Al fine di considerare un messaggio come presentante tale carattere, detta direttiva non richiede nemmeno che esso sia diffuso nell’ambito di un’attività commerciale o industriale.
22 A tal riguardo, occorre constatare che, anche quando essa è realizzata da un terzo indipendente, al di fuori di un’attività commerciale e industriale, la pubblicità per i medicinali può nuocere alla salute pubblica la cui tutela costituisce l’obiettivo essenziale della direttiva 2001/83.
23 Spetta al giudice nazionale determinare se i comportamenti del sig. Damgaard costituissero un’azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo dell’Hyben Total.
24 A tal fine, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, la situazione dell’autore di una comunicazione relativa ad un medicinale e, in particolare, il suo rapporto con l’impresa produttrice o distributrice di quest’ultimo costituiscono un fattore che, benché aiuti a verificare se tale comunicazione abbia carattere pubblicitario, va valutato insieme ad altre circostanze, come la natura dell’attività svolta e il contenuto del messaggio.
25 Per riguarda l’argomento del sig. Damgaard relativo all’asserita violazione della sua libertà di espressione che deriverebbe dalla sua condanna penale, va ricordato che, secondo la giurisprudenza costante, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza.
26 Se il principio della libertà di espressione è espressamente riconosciuto dall’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e rappresenta un fondamento essenziale di una società democratica, risulta tuttavia dalla formulazione del n. 2 del detto articolo che tale libertà è anch’essa soggetta a talune limitazioni giustificate da obiettivi di interesse generale, se tali deroghe sono previste dalla legge, dettate da uno o più scopi legittimi ai sensi della detta disposizione e necessarie in una società democratica, cioè giustificate da un bisogno sociale imperativo e, in particolare, proporzionate al fine legittimo perseguito (v. sentenza 25 marzo 2004, causa C‑71/02, Karner, Racc. pag. I‑3025, punto 50).
27 È pacifico che il margine di valutazione discrezionale di cui dispongono le autorità competenti per stabilire dove si trovi il giusto equilibrio tra la libertà di espressione e gli obiettivi sopramenzionati è variabile per ciascuno degli scopi che giustificano la limitazione di tale diritto e secondo la natura delle attività considerate. Qualora l’esercizio della libertà non contribuisca ad un dibattito di interesse generale e, per giunta, ci si collochi in un contesto in cui gli Stati hanno un certo margine di valutazione discrezionale, il controllo si limita alla verifica del carattere ragionevole e proporzionale dell’ingerenza. Altrettanto vale per l’uso commerciale della libertà di espressione, soprattutto in un settore così complesso e oscillante come quello della pubblicità (v. sentenza Karner, citata, punto 51).
28 Se le informazioni divulgate sul sito Internet dal sig. Damgaard e di cui trattasi nella causa principale dovessero essere qualificate come «pubblicità» ai sensi della direttiva 2001/83, la condanna di quest’ultimo potrebbe essere considerata ragionevole e proporzionata, con riferimento allo scopo legittimo perseguito, vale a dire la tutela della salute pubblica.
29 Con riferimento a tutto quanto precede, occorre risolvere la questione proposta dichiarando che l’art. 86 della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che la divulgazione da parte di un terzo di informazioni relative ad un medicinale, in particolare alle sue proprietà curative o profilattiche, può essere considerata come pubblicità ai sensi di detto articolo, anche quando tale terzo agisce di propria iniziativa e in piena autonomia, giuridica e di fatto, rispetto al produttore o al venditore di un tale medicinale. Spetta al giudice nazionale determinare se tale divulgazione costituisca un’azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali.
Sulle spese
30 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’art. 86 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificato successivamente dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE, deve essere interpretato nel senso che la divulgazione da parte di un terzo di informazioni relative ad un medicinale, in particolare alle sue proprietà curative o profilattiche, può essere considerata come pubblicità ai sensi di detto articolo, anche quando tale terzo agisce di propria iniziativa e in piena autonomia, giuridica e di fatto, rispetto al produttore o al venditore di un tale medicinale. Spetta al giudice nazionale determinare se tale divulgazione costituisca un’azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali.