2021-07-09 free
Non viola la libera circolazione delle merci il perimetro solo nazionale di un'Aic (autorizzazione all'immissione in commercio)
Una misura nazionale di trasposizione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 che impone, per la fornitura di un medicinale che non dispone di un’AIC, una prescrizione medica e una dichiarazione dell’autorità competente in materia di sanità intesa a garantire il rispetto delle condizioni previste da tale disposizione non costituisce né una restrizione quantitativa né una misura di effetto equivalente, ai sensi dell’articolo 34 TFUE.
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SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
8 luglio 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle merci – Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Articolo 5, paragrafo 1, articolo 6, paragrafo 1, e articoli da 70 a 73 – Medicinali autorizzati in un primo Stato membro – Classificazione come medicinali non soggetti a prescrizione medica – Vendita nelle farmacie di un secondo Stato membro senza autorizzazione all’immissione in commercio in detto Stato – Normativa nazionale che impone una notifica all’autorità competente e una dichiarazione di quest’ultima sull’uso di tale medicinale – Articolo 34 TFUE – Restrizione quantitativa»
Nella causa C‑178/20,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), con decisione del 10 marzo 2020, pervenuta in cancelleria il 7 aprile 2020, nel procedimento
Pharma Expressz Szolgáltató és Kereskedelmi Kft.
contro
Országos Gyógyszerészeti és Élelmezés-egészségügyi Intézet,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta da M. Vilaras (relatore), presidente di sezione, N. Piçarra, D. Šváby, S. Rodin e K. Jürimäe, giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: R. Șereș, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 febbraio 2021,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Pharma Expressz Szolgáltató és Kereskedelmi Kft., da A. Cech, ügyvéd;
– per l’Országos Gyógyszerészeti és Élelmezés-egészségügyi Intézet, da B. Pál, ügyvéd;
– per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, R. Kissné Berta e M.M. Tátrai, in qualità di agenti;
– per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e S. Šindelková, in qualità di agenti;
– per il governo greco, da D. Tsagkaraki, A. Magrippi e S. Charitaki, in qualità di agenti;
– per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da A. Sipos e F. Thiran, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 maggio 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (GU 2012, L 299, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»), e sull’interpretazione dell’articolo 36 TFUE.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Pharma Expressz Szolgáltató és Kereskedelmi Kft. (in prosieguo: la «Pharma Expressz») e l’Országos Gyógyszerészeti és Élelmezés-egészségügyi Intézet (Istituto nazionale di farmacia e nutrizione, Ungheria) (in prosieguo: l’«Istituto») in ordine alla vendita in Ungheria di un medicinale che non ha ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») in tale Stato membro, ma che dispone di un’AIC in un altro Stato membro dello Spazio economico europeo (SEE), dov’è fornito senza prescrizione medica.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Il considerando 12 della direttiva 2001/83 enuncia quanto segue:
«Ad eccezione dei medicinali soggetti alla procedura di autorizzazione comunitaria centralizzata, istituita con il regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali [(GU 1993, L 214, pag. 1)], un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale rilasciata da uno Stato membro deve essere riconosciuta dalle autorità competenti degli altri Stati membri, salvo vi siano fondati motivi di ritenere che l’autorizzazione di detto medicinale presenti un rischio per la sanità pubblica. (...)».
4 Ai sensi del considerando 30 di detta direttiva:
«A tale riguardo chiunque si sposti all’interno della Comunità ha il diritto di recar seco per il proprio uso personale una quantità ragionevole di medicinali lecitamente acquisiti. Deve essere parimenti possibile ad una persona residente in uno Stato membro farsi inviare da un altro Stato membro un quantitativo ragionevole di medicinali destinati al proprio uso personale».
5 L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva summenzionata è così formulato:
«Uno Stato membro può, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un’ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità».
6 L’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della medesima direttiva prevede quanto segue:
«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’[AIC] delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1)], in combinato disposto con il regolamento (CE) n. 1901/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 12 dicembre 2006, relativo ai medicinali per uso pediatrico e che modifica il regolamento (CEE) n. 1768/92, la direttiva 2001/20/CE, la direttiva 2001/83 e il regolamento (CE) n. 726/2004 (GU 2006, L 378, pag. 1)], e con il regolamento (CE) n. 1394/2007 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (GU 2007, L 324, pag. 121)]».
7 L’articolo 70 della direttiva 2001/83 dispone quanto segue:
«1. Quando autorizzano l’immissione in commercio di un medicinale, le autorità competenti precisano come segue la classificazione del medicinale:
– medicinale soggetto a prescrizione medica,
– medicinale non soggetto a prescrizione.
A tale fine si applicano i criteri elencati all’articolo 71, paragrafo 1.
2. Le autorità competenti possono fissare sottocategorie per i medicinali che possono essere forniti soltanto su prescrizione medica. In tal caso, si riferiscono alla classificazione seguente:
a) medicinali soggetti a prescrizione medica, a fornitura rinnovabile o non rinnovabile;
b) medicinali sottoposti a prescrizione medica speciale;
c) medicinali, riservati a taluni ambienti specializzati, soggetti a prescrizione medica detta prescrizione medica limitativa».
8 Ai sensi dell’articolo 71 della direttiva in parola:
«1. I medicinali sono soggetti a prescrizione medica in uno dei casi seguenti:
– possono presentare un pericolo, direttamente o indirettamente, anche in condizioni normali di utilizzazione, se sono usati senza controllo medico,
– sono utilizzati spesso, e in larghissima misura, in condizioni anormali di utilizzazione e ciò rischia di mettere in pericolo direttamente o indirettamente la salute,
– contengono sostanze o preparazioni a base di tali sostanze, di cui è indispensabile approfondire l’attività e/o gli effetti collaterali negativi,
– salvo eccezioni, sono prescritti da un medico per essere somministrati per via parenterale.
2. Gli Stati membri che prevedano la sottocategoria dei medicinali soggetti a prescrizione medica speciale, tengono conto di uno degli elementi seguenti:
– il medicinale contiene, in dose non esentata, una sostanza classificata come stupefacente o psicotropa a norma delle convenzioni internazionali (come la convenzione delle Nazioni Unite del 1961 e del 1971),
– il medicinale può, in caso di utilizzazione anormale, comportare notevoli rischi di abusi medicamentosi, provocare una farmacodipendenza o essere usato impropriamente a fini illeciti,
– il medicinale contiene una sostanza che, a causa della sua novità o delle sue caratteristiche, potrebbe essere considerata appartenente al gruppo di cui al secondo trattino per misura cautelativa.
3. Gli Stati membri che prevedano la sottocategoria dei medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, tengono conto di uno degli elementi seguenti:
– a causa delle sue caratteristiche farmacologiche o della sua novità oppure per motivi di sanità pubblica, il medicinale è riservato a trattamenti che possono essere effettuati soltanto in ambiente ospedaliero,
– il medicinale è utilizzato nel trattamento di malattie che devono essere diagnosticate in ambiente ospedaliero o in stabilimenti che dispongono di mezzi di diagnosi adeguati, ma la somministrazione e il controllo possono essere effettuati al di fuori dell’ospedale,
– il medicinale è destinato a pazienti in ambulatorio ma la sua utilizzazione può produrre gravissimi effetti collaterali negativi, il che richiede una prescrizione compilata, se del caso, da uno specialista ed una sorveglianza particolare durante il trattamento.
4. L’autorità competente può derogare all’applicazione dei paragrafi 1, 2 e 3 in considerazione di quanto segue:
a) della dose massima unica o della dose massima giornaliera, del dosaggio, della forma farmaceutica, di talune confezioni;
b) di altre condizioni di utilizzazione da essa specificate.
5. Qualora un’autorità competente non classifichi un medicinale in una delle sottocategorie di cui all’articolo 70, paragrafo 2, deve nondimeno tener conto dei criteri menzionati ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo per determinare se un medicinale debba essere classificato nella categoria dei medicinali forniti soltanto dietro prescrizione medica».
9 L’articolo 72 di detta direttiva è così formulato:
«I medicinali non soggetti a prescrizione sono quelli che non rispondono ai criteri di cui all’articolo 71».
10 L’articolo 73 della medesima direttiva prevede quanto segue:
«Le autorità competenti stabiliscono l’elenco dei medicinali la cui fornitura è soggetta nel loro territorio all’obbligo della prescrizione medica, precisando, se necessario, la categoria di classificazione. Esse aggiornano questo elenco annualmente».
11 L’articolo 85 quater della direttiva 2001/83 così dispone:
«1. Fatte salve le disposizioni legislative nazionali che vietano la vendita a distanza al pubblico di medicinali soggetti a prescrizione medica mediante i servizi della società dell’informazione, gli Stati membri provvedono affinché i medicinali siano messi in vendita a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione, quali definiti nella direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione [(GU 1998, L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998 [(GU 1998, L 217, pag. 18)], alle seguenti condizioni:
a) la persona fisica o giuridica che mette in vendita i medicinali è autorizzata o legittimata a fornire medicinali al pubblico, anche a distanza, in conformità della legislazione nazionale dello Stato membro in cui è stabilita;
b) la persona di cui alla lettera a) ha comunicato allo Stato membro in cui è stabilita almeno le seguenti informazioni:
i) il nome o la denominazione sociale e l’indirizzo permanente del luogo di attività a partire dal quale tali medicinali sono forniti;
ii) la data d’inizio dell’attività di vendita a distanza al pubblico di medicinali mediante i servizi della società dell’informazione;
iii) l’indirizzo del sito web utilizzato a tal fine e tutte le informazioni pertinenti necessarie per identificare il sito;
iv) se del caso, la classificazione, in conformità del titolo VI, dei medicinali messi in vendita a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione.
Se opportuno, tali informazioni sono aggiornate;
c) i medicinali sono conformi alla legislazione nazionale dello Stato membro di destinazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 1;
(...)».
Diritto ungherese
12 L’articolo 25, paragrafo 2, dell’emberi alkalmazásra kerülő gyógyszerekről és egyéb, a gyógyszerpiacot szabályozó törvények módosításáról szóló 2005. évi XCV. törvény (legge n. XCV del 2005, sui medicinali per uso umano e che modifica altre leggi che disciplinano il mercato dei medicinali; in prosieguo: la «legge sui medicinali») dispone quanto segue:
«I medicinali che non dispongono di un’[AIC] in uno Stato che è parte dell’accordo [sullo Spazio economico europeo (SEE)] ma che dispongono di tale autorizzazione in un altro paese possono, in casi particolari, essere utilizzati a scopi sanitari qualora il loro uso sia giustificato in considerazione di un interesse per la cura del paziente meritevole di particolare attenzione e qualora l’autorità amministrativa farmaceutica competente ne abbia autorizzato l’uso nel rispetto delle condizioni previste in una normativa specifica. I medicinali che dispongono di un’[AIC] in uno Stato che è parte dell’accordo SEE possono essere utilizzati a scopi sanitari se sono stati notificati all’autorità amministrativa farmaceutica competente conformemente alle modalità fissate in una normativa specifica. La valutazione dell’esistenza di un interesse per la cura del paziente meritevole di particolare attenzione si effettua, se necessario, alla luce del parere dell’ordine dei professionisti del settore sanitario sulla sicurezza e sull’efficacia della procedura terapeutica».
13 L’articolo 3, paragrafo 5, dell’emberi felhasználásra kerülő gyógyszerek rendeléséről és kiadásáról szóló 44/2004. EszCsM rendelet (regolamento 44/2004 del Ministero della Salute, degli Affari sociali e della Famiglia, concernente la prescrizione e la fornitura di medicinali per uso umano), del 28 aprile 2004 (in prosieguo: il «regolamento ministeriale 44/2004»), che si applicava sino al 13 febbraio 2018, prevedeva quanto segue:
«Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della legge sui medicinali, i medici possono prescrivere i medicinali che non dispongono di un’[AIC] in Ungheria, ma che ne dispongono in uno Stato membro dello [SEE] o in uno Stato avente lo stesso status giuridico di uno Stato membro del SEE in virtù di un trattato internazionale con la Comunità europea o il SEE (...), soltanto se, prima di prescriverli, inviano una notifica all’[Istituto] e ottengono una dichiarazione di tale Istituto (…)».
14 Ai sensi dell’articolo 12/A di tale regolamento:
«In caso di fornitura diretta di medicinali al pubblico, i farmacisti forniscono i medicinali prescritti ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, e dell’articolo 4, paragrafo 1, solo dietro presentazione di una copia della dichiarazione o dell’autorizzazione rilasciata dall’Istituto».
15 L’articolo 5 dell’emberi felhasználásra kerülő gyógyszerek egyedi rendelésének és felhasználásának engedélyezéséről szóló 448/2017. Korm. Rendelet (regolamento governativo 448/2017 sull’autorizzazione della prescrizione e dell’uso individuali di medicinali per uso umano), del 27 dicembre 2017, applicabile dal 1° gennaio 2018, è del seguente tenore:
«1. Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della legge sui medicinali, i medici possono prescrivere i medicinali che non dispongono di un’[AIC] in Ungheria, ma che ne dispongono in uno Stato membro del SEE o in uno Stato avente lo stesso status giuridico degli Stati membri del SEE in virtù di un trattato internazionale con la Comunità europea o con il SEE (…), soltanto se, prima di prescriverli, inviano una notifica all’Istituto e ottengono una dichiarazione di tale Istituto:
a) attestante che il medicinale che si intende prescrivere dispone di un’[AIC] in uno Stato membro del SEE o in uno Stato parte dell’accordo SEE identificato dal medico, in relazione all’indicazione farmaceutica segnalata dal medico medesimo,
b) attestante che l’autorità competente non ha revocato l’[AIC] del medicinale che intende prescrivere né ne ha sospeso la distribuzione, e
c) che fornisce il proprio parere, sulla base dei dati forniti dal medico, a proposito della sussistenza di un interesse per la cura del paziente meritevole di particolare attenzione, ai sensi dell’articolo 1, punto 23, della legge sui farmaci.
2. I medici chiedono l’emissione della dichiarazione di cui al paragrafo 1 mediante i moduli di domanda di cui agli allegati da 3 a 5 del regolamento ministeriale 44/2004. Entro otto giorni lavorativi dal ricevimento del modulo di domanda, l’Istituto comunica al medico che prescrive il medicinale il proprio parere sui punti di cui al paragrafo 1.
3. Se l’Istituto rilascia una dichiarazione che attesta il rispetto dei requisiti di cui al paragrafo 1, il medico consegna al paziente – in caso di prescrizione con ricetta – una copia della dichiarazione di tale Istituto insieme alla prescrizione.
4. Se l’Istituto rilascia una dichiarazione secondo la quale, a suo parere, non vi è alcun interesse per la cura del paziente meritevole di particolare attenzione, ai sensi dell’articolo 1, punto 23, della legge sui medicinali, il medico consegnerà al paziente – se persiste la necessità di prescrivere il medicinale e ciò richieda una prescrizione – una copia della dichiarazione del predetto Istituto insieme con la prescrizione e fornirà al paziente informazioni sul contenuto della dichiarazione e sulle possibili conseguenze della stessa».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
16 Nella sua qualità di autorità competente per la vigilanza sulle attività di commercializzazione dei medicinali, l’Istituto ha accertato che la Pharma Expressz aveva più volte importato da un altro Stato membro del SEE un medicinale che non aveva ottenuto un’AIC in Ungheria, ma che era autorizzato in tale altro Stato membro del SEE come medicinale non soggetto a prescrizione.
17 L’Istituto ha considerato che l’uso di un tale medicinale per scopi medici doveva essergli notificato dal medico prescrittore, il quale doveva ottenere da detto Istituto una dichiarazione relativa a tale uso.
18 Con una decisione del 7 marzo 2019, l’Istituto ha ingiunto alla Pharma Expressz di astenersi dal commercializzare medicinali ordinati in un altro Stato membro, dove non erano soggetti a prescrizione medica, senza aver richiesto tale prescrizione e una dichiarazione dello stesso Istituto per la loro ordinazione e la loro consegna. Esso ha constatato che tali fatti configuravano una violazione dell’articolo 12/A del regolamento ministeriale 44/2004.
19 La Pharma Expressz ha presentato un ricorso avverso tale decisione dinanzi alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), diretto a far dichiarare che essa non aveva commesso alcuna infrazione nell’ambito dell’acquisto individuale di medicinali.
20 La Pharma Expressz sostiene che l’interpretazione del diritto ungherese operata dall’Istituto equivale a imporre una restrizione quantitativa all’importazione, contraria all’articolo 34 TFUE, che non può essere giustificata dall’obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone, sancito all’articolo 36 TFUE, e che la dichiarazione dell’Istituto, necessaria per l’importazione di medicinali, non è atta a proteggere la salute delle persone.
21 Essa ritiene che il requisito della dichiarazione sia sproporzionato, in quanto, in particolare, lo Stato membro del SEE che ha autorizzato il medicinale in questione lo ha classificato nella categoria dei medicinali che possono essere acquistati senza prescrizione medica secondo criteri conformi alle norme e ai principi armonizzati dell’Unione europea. In determinati Stati membri, i pazienti potrebbero acquistare in farmacia medicinali che sono commercializzati in un altro Stato membro senza essere soggetti a prescrizione in quel paese, poiché la classificazione dei medicinali effettuata da quest’ultimo è accettata in tali altri Stati membri.
22 L’Istituto ritiene che la normativa ungherese di cui trattasi nel procedimento principale imponga una restrizione quantitativa all’importazione che può essere giustificata dalla tutela della salute e della vita delle persone, le quali occupano il primo posto tra i beni protetti dal Trattato FUE. Esso rileva che gli Stati membri sono competenti a decidere a quale livello intendono garantire la protezione della salute pubblica in materia di fornitura di medicinali.
23 L’Istituto ritiene garantire l’accesso del pubblico a medicinali sicuri, raccogliendo informazioni da autorità analoghe negli altri Stati membri sull’uso di medicinali esteri a scopi sanitari, sull’esistenza di un’AIC e sulla possibilità di utilizzare un siffatto medicinale secondo le indicazioni farmaceutiche fornite del medico.
24 Esso precisa che, finché un medicinale non dispone di un’AIC in Ungheria, non è possibile determinare se possa essere fornito con o senza prescrizione, il che spiegherebbe il fatto che esso non abbia esaminato in quale categoria i medicinali importati nel caso di specie fossero classificati nello Stato membro di provenienza.
25 Il giudice del rinvio ritiene necessario stabilire se il fatto che la direttiva 2001/83 stabilisca principi uniformi per la classificazione dei medicinali debba indurre uno Stato membro ad accettare incondizionatamente la classificazione di medicinali effettuata da un altro Stato membro e ad accordare a questi ultimi lo stesso trattamento riservato ai medicinali che dispongono di un’AIC nel primo di tali Stati.
26 Alla luce della giurisprudenza della Corte, il giudice del rinvio ritiene che la normativa ungherese controversa nel procedimento principale costituisca una misura restrittiva della libera circolazione delle merci e che di conseguenza sia necessario interpretare l’articolo 36 TFUE per stabilire se tale misura possa essere giustificata dalla tutela della salute e della vita delle persone.
27 Esso rileva che tale misura pone due requisiti ulteriori rispetto a quelle previste per i medicinali che dispongono di un’AIC nazionale e possono essere forniti senza prescrizione medica, ossia una dichiarazione dell’Istituto e una siffatta prescrizione.
28 Il giudice del rinvio si chiede se sia giustificato che l’uso di un medicinale classificato da un altro Stato membro come medicinale non soggetto a prescrizione medica possa avvenire solo nell’ambito di un trattamento medico.
29 Detto giudice sottolinea che la dichiarazione dell’Istituto contiene, da un lato, informazioni importanti per la salute pubblica e per il paziente, ottenute dalle autorità omologhe dell’Istituto negli altri Stati membri e che non sono direttamente consultabili dal paziente, dal medico o dalla farmacia, e, dall’altro, un parere sull’interesse del medicinale interessato riguardo alle cure da prestare al paziente, il che rientrerebbe tuttavia nelle competenze professionali di un medico.
30 Esso ritiene che la dichiarazione dell’Istituto contenga informazioni rilevanti dal punto di vista della sicurezza di un medicinale, le quali devono essere portate all’attenzione del paziente prima dell’ordinazione del medicinale.
31 Infine, il suddetto giudice osserva che, sotto il profilo della tutela della salute, è importante sapere entro quale termine sia possibile ottenere una dichiarazione, ma che esso non dispone di informazioni al riguardo, dato che la normativa prevede un termine di otto giorni per il rilascio di tale dichiarazione, mentre la Pharma Expressz fa riferimento a un caso in cui sono stati necessari tre mesi.
32 In tale contesto, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se risulti dagli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83 che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato membro debba essere parimenti considerato come un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in un altro Stato membro, anche quando in tale altro Stato membro il medicinale di cui trattasi non dispone di un’[AIC] e non è stato classificato.
2) Se sia giustificata, nell’interesse della tutela della salute e della vita delle persone, di cui all’articolo 36 TFUE, una restrizione quantitativa che subordina la possibilità di ordinare e fornire al paziente un medicinale che non dispone di un’[AIC] in uno Stato membro, ma che dispone di tale [AIC] in un altro Stato membro (…), all’esistenza di una prescrizione medica e di una dichiarazione dell’autorità farmaceutica, anche nel caso in cui il medicinale sia registrato nell’altro Stato membro come medicinale non soggetto a prescrizione».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
33 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83 debbano essere interpretati nel senso che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato membro deve essere parimenti considerato come un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in un altro Stato membro, qualora, in quest’ultimo, tale medicinale non disponga di un’AIC e non sia stato classificato.
34 Come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio parte dalla premessa secondo cui gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83 stabiliscono principi uniformi di classificazione dei medicinali, da cui risulta che la fornitura di taluni medicinali è soggetta a prescrizione medica e che la fornitura di altri medicinali non è soggetta a tale obbligo. Pertanto, esso si chiede se uno Stato membro debba accettare la classificazione di un medicinale effettuata da un altro Stato membro.
35 Orbene, occorre rilevare che la direttiva 2001/83 contiene una regola generale, espressa al suo articolo 6, paragrafo 1, secondo cui nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza che sia stata rilasciata un’AIC delle autorità competenti di tale Stato membro o della Commissione europea, in applicazione della procedura centralizzata prevista dal regolamento n. 726/2004. Ne consegue che, per essere immessi in commercio in un tale Stato membro, i medicinali devono essere stati oggetto di previa autorizzazione all’immissione in commercio secondo le procedure menzionate in detta direttiva (sentenza del 20 settembre 2007, Antroposana e a., C‑84/06, EU:C:2007:535, punto 35), o secondo la procedura centralizzata prevista dal regolamento n. 726/2004.
36 Inoltre, la direttiva 2001/83 contiene parimenti disposizioni che consentono, a un numero limitato di condizioni, di derogare alla regola contenuta nel suo articolo 6, paragrafo 1, analogamente a quanto prevede l’articolo 5, paragrafo 1, di detta direttiva, che offre la possibilità a uno Stato membro di escludere dalle disposizioni di quest’ultima la commercializzazione di taluni medicinali.
37 Di conseguenza, occorre riformulare la prima questione e considerare che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83, letti alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato membro sia parimenti considerato come un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in un altro Stato membro, qualora, in quest’ultimo, tale medicinale non disponga di un’AIC e non sia stato classificato.
38 In primo luogo, gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83 figurano nel titolo VI della stessa, intitolato «Classificazione dei medicinali», che consiste in un processo inserito nel contesto più ampio della procedura di rilascio di un’AIC, come sottolinea, peraltro, la prima disposizione di tale titolo, vale a dire l’articolo 70, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, ai sensi del quale «[q]uando autorizzano l’immissione in commercio di un medicinale, le autorità competenti precisano (...) la classificazione del medicinale [come] medicinale soggetto a prescrizione medica [oppure come] medicinale non soggetto a prescrizione».
39 Da tale disposizione discende che l’autorità competente di uno Stato membro può procedere a una siffatta classificazione soltanto dopo che sia stata rilasciata un’AIC per la commercializzazione di detto medicinale in tale Stato.
40 Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 implica che gli Stati membri debbano, in linea di principio, vietare in toto la commercializzazione di medicinali che non dispongono di un’AIC rilasciata da uno Stato membro, ai sensi di tale direttiva, o dalla Commissione, ai sensi della procedura centralizzata prevista dal regolamento n. 726/2004 (v., in tal senso, sentenze dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband, C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 52, e dell’8 novembre 2007, Ludwigs-Apotheke, C‑143/06, EU:C:2007:656, punto 19).
41 Pertanto, se un medicinale non dispone di un’AIC rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro in cui è offerto in vendita o di un’AIC rilasciata in esito a detta procedura centralizzata, esso non può essere commercializzato in tale Stato e la procedura di classificazione dei medicinali prevista agli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83 è irrilevante a tale riguardo.
42 Per quanto riguarda la procedura di mutuo riconoscimento di un’AIC, a cui si fa riferimento, in sostanza, al considerando 12 della direttiva 2001/83 e che figura nel titolo III, capitolo 4, di detta direttiva, si deve constatare che essa si svolge a condizioni rigorose ed è subordinata a una domanda del titolare di un’AIC per un determinato medicinale in uno Stato membro ai fini del riconoscimento di quest’ultima negli altri Stati membri, situazione questa che non corrisponde alle circostanze del procedimento principale.
43 In secondo luogo, il principio enunciato all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 può subire eccezioni, come indicato al punto 36 della presente sentenza.
44 Su questo punto, le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, come sostenuto dall’Istituto e dall’Ungheria nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, sembrano costituire la trasposizione nell’ordinamento ungherese dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83.
45 Quest’ultima disposizione, escludendo l’applicazione delle altre disposizioni della direttiva 2001/83, ha l’effetto di consentire, per rispondere ad esigenze speciali, la fornitura di medicinali forniti per rispondere a un’ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità.
46 Pertanto, conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, è possibile fornire un medicinale in uno Stato membro senza che tale medicinale disponga in detto Stato di un’AIC.
47 Di conseguenza, gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83, letti alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, devono essere interpretati nel senso che, salvo la deroga prevista da detto articolo 5, paragrafo 1, essi ostano a che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato membro sia parimenti considerato come un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in un altro Stato membro, qualora, in quest’ultimo, tale medicinale non disponga di un’AIC e non sia stato classificato.
48 In terzo luogo, gli argomenti addotti dalla ricorrente nel procedimento principale non consentono di riconsiderare questa conclusione.
49 Anzitutto, per quanto riguarda la possibilità, per una persona fisica, di acquistare un medicinale in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro di residenza, è certamente vero che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, il considerando 30 della direttiva 2001/83 stabilisce che «chiunque si sposti all’interno dell’[Unione] ha il diritto di recar seco per il proprio uso personale una quantità ragionevole di medicinali lecitamente acquistati». Tuttavia, tale fattispecie molto specifica prevista da detta direttiva non corrisponde all’ipotesi della fornitura, da parte di un farmacista stabilito in uno Stato membro, di un medicinale che non dispone di un’AIC in tale Stato, ma che dispone di una siffatta autorizzazione in un altro Stato membro. Il considerando 30 si riferisce infatti al caso di un residente di uno Stato membro che si reca in un altro Stato membro e ivi acquista un medicinale che riporta nel suo Stato di residenza.
50 Inoltre, i medicinali acquistati da una persona in uno Stato membro diverso da quello in cui la stessa risiede, mediante un corriere, sono, in linea di principio, soggetti all’obbligo di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83. Tuttavia, la Corte ha ammesso, alla luce del considerando 30 di detta direttiva, che uno Stato membro possa prevedere la possibilità di un tale acquisto, anche qualora i medicinali interessati non dispongano di un’AIC nello Stato membro di residenza del consumatore, in quanto attuazione della deroga prevista all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e nel rispetto delle condizioni previste da quest’ultima, ossia corrispondere a un’immissione in commercio di un quantitativo ridotto di medicinali nell’ambito di un’ordinazione individuale giustificata da esigenze speciali (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2007, Ludwigs-Apotheke, C‑143/06, EU:C:2007:656, punti 21 e 22).
51 Tuttavia, tale situazione non sembra corrispondere a quella oggetto del procedimento principale.
52 La ricorrente nel procedimento principale evidenzia poi la possibilità, per una persona residente in uno Stato membro, di acquistare medicinali via Internet.
53 A tal riguardo, occorre rilevare che, quando la vendita a distanza di medicinali al pubblico non è vietata dalla normativa dello Stato membro di destinazione di tali medicinali, questi ultimi, in forza dell’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2001/83, devono rispettare la normativa di tale Stato membro conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva. Pertanto, la fornitura di tali medicinali via Internet è possibile solo se essi dispongono di un’AIC nello Stato membro di destinazione.
54 Ne consegue che le disposizioni relative alla vendita a distanza di medicinali al pubblico non incidono sulla conclusione cui è giunta la Corte al punto 47 della presente sentenza.
55 Infine, la ricorrente nel procedimento principale ritiene che la direttiva 2001/83 non realizza un’armonizzazione completa della vendita di medicinali ai consumatori finali, cosicché l’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva non è pertinente.
56 È vero che la normativa nazionale relativa a tali condizioni di fornitura di medicinali non rientra in un settore armonizzato del diritto dell’Unione (sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C‑222/18, EU:C:2019:751, punto 56).
57 Tuttavia, in tal modo, la Corte si è pronunciata solo sulle condizioni materiali di fornitura dei medicinali, come, in particolare, nella causa che ha dato luogo alla presente sentenza, le condizioni per il riconoscimento dei documenti rilasciati dagli operatori sanitari e presentati alle farmacie ai fini della fornitura di medicinali per i loro pazienti o clienti.
58 Non si può quindi dedurre dalla sentenza del 18 settembre 2019, VIPA (C‑222/18, EU:C:2019:751), che non si applicano alla fornitura, in uno Stato membro, di medicinali che non dispongono di un’AIC in tale Stato membro le norme previste in materia dalla direttiva 2001/83, in particolare quella di cui all’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultima. Infatti, per quanto riguarda la registrazione e l’AIC dei medicinali per uso umano, detta direttiva ha stabilito un quadro normativo completo.
59 Di conseguenza, dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte risulta che occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83, letti alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che, fatta salva l’attuazione della deroga prevista da detto articolo 5, paragrafo 1, essi ostano a che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato membro sia parimenti considerato come un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in un altro Stato membro, qualora, in quest’ultimo Stato, detto medicinale non disponga di un’AIC e non sia stato classificato.
Sulla seconda questione
60 Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 36 TFUE debba essere interpretato nel senso che una restrizione quantitativa all’importazione che impone, per la fornitura di un medicinale che non dispone di un’AIC, una prescrizione medica e una dichiarazione dell’autorità competente in materia di sanità trova giustificazione nella tutela della salute e della vita delle persone, anche qualora tale medicinale sia registrato in un altro Stato membro come medicinale non soggetto a prescrizione medica.
61 Per rispondere a tale questione, occorre tener conto del fatto che, come risulta dal punto 44 della presente sentenza, le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, che prevedono tali requisiti, sembrano costituire la trasposizione nel diritto ungherese dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83.
62 Di conseguenza, occorre riformulare la seconda questione e considerare che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una misura nazionale che costituisce la trasposizione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e che impone, per la fornitura di un medicinale che non dispone di un’AIC, una prescrizione medica e una dichiarazione dell’autorità competente in materia di sanità volta a garantire il rispetto delle condizioni enunciate in tale disposizione, costituisca una restrizione quantitativa all’importazione o una misura di effetto equivalente, ai sensi dell’articolo 34 TFUE, che può essere giustificata a titolo dell’articolo 36 TFUE per motivi connessi alla tutela della salute e della vita delle persone, anche qualora tale medicinale sia registrato in un altro Stato membro come medicinale non soggetto a prescrizione medica.
63 Anzitutto, occorre ricordare che una norma nazionale con cui uno Stato membro adempie gli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2001/83 non può essere qualificata come restrizione quantitativa all’importazione o come misura di effetto equivalente rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE (sentenza dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband, C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 53).
64 Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, l’attuazione della deroga prevista dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 presuppone che siano soddisfatte varie condizioni cumulative. Inoltre, tale disposizione deve essere interpretata restrittivamente, dal momento che la possibilità di importare medicinali che non dispongono di un’AIC, prevista da una normativa nazionale che attua la facoltà di cui a tale disposizione, deve rimanere eccezionale al fine di preservare l’effetto utile della procedura di AIC e può essere esercitata soltanto in casi di necessità, tenendo conto delle esigenze specifiche dei pazienti (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2012, Commissione/Polonia, C‑185/10, EU:C:2012:181, punti da 30 a 33).
65 Ne consegue che, per garantire l’attuazione della deroga prevista all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, una normativa deve soddisfare le condizioni richieste al riguardo, vale a dire, in particolare, che i medicinali forniti sulla base di tale deroga siano necessari per soddisfare esigenze speciali di natura medica (v, in tal senso, sentenza del 29 marzo 2012, Commissione/Polonia, C‑185/10, EU:C:2012:181, punti 42 e 43).
66 Infatti, soltanto una normativa nazionale che rispetti l’ambito della deroga, quale fissato dalle condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, e garantisca quindi una corretta trasposizione di tale disposizione non costituisce una restrizione quantitativa all’importazione o una misura di effetto equivalente (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2001, Bellamy e English Shop Wholesale, C‑123/00, EU:C:2001:214, punto 21).
67 Nel caso di specie, da un lato, la prima condizione prevista dalla normativa ungherese al fine di consentire la fornitura di medicinali che non dispongono di un’AIC in Ungheria è l’esistenza di una prescrizione del medicinale effettuata dal medico, che è l’unica persona legittimata a rivolgersi all’Istituto affinché quest’ultimo si pronunci sull’esistenza di un interesse per la cura da prestare al paziente meritevole di particolare attenzione, conformemente all’articolo 25, paragrafo 2, della legge sui medicinali.
68 A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 offre la possibilità di derogare alle disposizioni di tale direttiva per i medicinali «elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità».
69 Pertanto, il requisito, previsto dal diritto nazionale, di una prescrizione medica è conforme alle condizioni enunciate all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, dal momento che un medico è effettivamente un operatore sanitario, ai sensi di tale disposizione, la quale, come già dichiarato dalla Corte, riguarda situazioni in cui il medico svolge un ruolo decisivo (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2013, Novartis Pharma, C‑535/11, EU:C:2013:226, punto 46).
70 Dall’altro lato, la seconda condizione prevista dalla normativa ungherese consente al medico, mediante la dichiarazione dell’Istituto, di ottenere informazioni sull’esistenza e sulla validità, in un altro Stato membro, di un’AIC per il medicinale di cui si intende ottenere la fornitura in Ungheria, anche in assenza di AIC in quest’ultimo Stato. Detta dichiarazione contiene altresì un parere dell’Istituto sull’esistenza di un interesse per la cura del paziente meritevole di particolare attenzione.
71 A tal riguardo, la condizione indispensabile per l’attuazione della deroga prevista all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 è che il medicinale la cui fornitura non sarà soggetta alla regola generale prevista all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, in base alla quale è necessario l’ottenimento di un’AIC nello Stato membro di fornitura, sia effettivamente autorizzato in un altro Stato membro. Occorre rilevare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 107 delle sue conclusioni, che una dichiarazione come quella menzionata al punto precedente della presente sentenza consente di garantire il rispetto di tale condizione.
72 Inoltre, si può ricorrere alla deroga prevista all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 soltanto nell’ambito delle «esigenze speciali», ai sensi di tale disposizione, la cui presa in considerazione sia necessaria tenuto conto dell’obiettivo di tutela della sanità pubblica. Appare quindi conforme a tale obiettivo che l’autorità competente possa decidere, caso per caso, se, in una determinata situazione, sussista un’esigenza di tale natura che giustifichi una deroga alla regola generale fissata all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83.
73 Di conseguenza, il ricorso a una dichiarazione dell’autorità competente potrebbe offrire al medico un parere supplementare sulla somministrazione di un medicinale con cui non ha necessariamente familiarità. Una normativa nazionale che prevede inoltre la trasmissione di tale parere al paziente sembra garantire, in aggiunta, la trasparenza della procedura nei confronti di quest’ultimo.
74 Pertanto, un requisito previsto dal diritto nazionale, attinente al rilascio di una dichiarazione dell’autorità competente al fine di garantire il rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, costituisce una trasposizione corretta di tale disposizione.
75 Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che una misura nazionale di trasposizione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 che impone, per la fornitura di un medicinale che non dispone di un’AIC, una prescrizione medica e una dichiarazione dell’autorità competente in materia di sanità intesa a garantire il rispetto delle condizioni previste da tale disposizione non costituisce né una restrizione quantitativa né una misura di effetto equivalente, ai sensi dell’articolo 34 TFUE.
Sulle spese
76 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) Gli articoli da 70 a 73 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, letti alla luce dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva, come modificata dalla direttiva 2012/26, devono essere interpretati nel senso che, fatta salva l’attuazione della deroga prevista da detto articolo 5, paragrafo 1, essi ostano a che un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in uno Stato membro sia parimenti considerato come un medicinale che può essere fornito senza prescrizione medica in un altro Stato membro, qualora, in quest’ultimo Stato, detto medicinale non disponga di un’autorizzazione all’immissione in commercio e non sia stato classificato.
2) Una misura nazionale di trasposizione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26, che impone, per la fornitura di un medicinale che non dispone di un’autorizzazione all’immissione in commercio, una prescrizione medica e una dichiarazione dell’autorità competente in materia di sanità intesa a garantire il rispetto delle condizioni previste da tale disposizione non costituisce né una restrizione quantitativa né una misura di effetto equivalente, ai sensi dell’articolo 34 TFUE.