08.09.2015 free
Campioni gratuiti di farmaco: condanna per peculato ad infermiera in servizio presso il distretto sanitario.
E' responsabile di peculato la infermiera in servizio presso il distretto sanitario, che in possesso di specialità medicinali se ne appropriava per cederle al collega, istruttore di body building.
I farmaci erano campioncini di Nicetile, contenenti quale principio attivo l'acetilcarnitina, utilizzata quale sostanza anabolizzante.
Tali campioncini "ridotti" , una volta consegnati dagli informatori scientifici, entrano a far parte dei patrimonio dell'AsL e non avrebbero potuto essere ceduti ai pazienti, salvo che il medico avesse ritenuto di darli a persone bisognose, cosa che non avrebbero comunque potuto fare l'infermiere e altro personale ASL. ( avv. Ennio Grassini -
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 giugno – 1 settembre 2015, n. 35801
Presidente Ippolito – Relatore Carcano
Ritenuto in fatto
1.La Corte d'appello di Sassari ha confermato la decisione di primo grado con la quale, all'esito di giudizio abbreviato, M.A.M. fu dichiarata responsabile di peculato perché, quale
infermiera in servizio presso il distretto sanitario ASL n.1 di Sassari, in possesso di specialità medicinali ( Nicetil fiale e compresse che, ancorché campioni gratuiti, avrebbero
potuto essere consegnate solo ai medici), se ne appropriava per cederle al collega M.M..
A fronte dei motivi d'appello presentati dalla difesa e volti a contestare l'affermazione di responsabilità e a giustificare per ragioni diverse la disponibilità del medicinale e il suo
modesto valore economico, la Corte d'appello ha condiviso le argomentate conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado e ha ritenuto infondate le censure proposte
dall'appellante.
Anzitutto, precisa il giudice d'appello, l'indagine si inseriva nell'ambito di una più vasta verifica diretta ad accertare ammanchi di farmaci anabolizzanti per un valore complessivo di
12.000 euro.
In particolare, sono stati acquisiti elementi dai quali è emerso che tali farmaci erano campioncini di Nicetile, contenenti quale principio attivo l'acetilcarnitina, utilizzata quale
sostanza anabolizzante e, pertanto, si è accertato che tale sostanza era utilizzata da M. nella sua attività di istruttore di bodybuilding.
La responsabile del poliambulatorio ha riferito che tali campioncini gratuiti erano consegnati direttamente al medico, dopo aver compilato un registro di scarico, specificante il
nome e la quantità dei campioni.
Tali campioncini, precisava ancora la responsabile del poliambulatorio, non avrebbero potuto essere ceduti ai pazienti, salvo che il medico avesse ritenuto di darli a persone
bisognose, cosa che non avrebbero potuto fare l'infermiere e altro personale ASL.
I farmaci erano custoditi in un armadietto che solitamente era aperto e le cui chiavi erano, comunque, custodite dall'infermiere.
M. M. riferiva di aver dato - due o tre volte, in assoluta buona fede - a M.M. tali campioni, pensando che non fosse necessaria alcuna prescrizione medica e che ciò era avvenuto
nel periodo settembre\ottobre 2007. In realtà, all'esito di una perquisizione effettuata in casa della M. furono recuperate svariate confezioni di tale farmaco.
Si trattava di campioncini "ridotti" che, una volta consegnati dagli informatori scientifici, entravano a far parte dei patrimonio dell'AsL e con l'acquisizione di tali farmaci M. traeva
un vantaggio economico anche per il mancato pagamento del tiket. Inoltre, a prova del vantaggio economico, il personale verificava che l'ammanco avrebbe avuto un valore di
12.000 euro.
La Corte d'appello ha confermato la responsabilità di M. M. e la condanna di dieci mesi e venti giorni di reclusione, con pena sospesa. E non menzione.
2. La difesa deduce:
- violazione dell'art. 314 c.p.
Ripercorre gli accertamenti effettuati e rileva che dalle modalità di custodia e per il valore di ogni campioncino, non avrebbe potuto ritenersi integrato il delitto di peculato, posto a
tutela dell'imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.
La fattispecie incriminatrice, come più volte affermato dalla giurisprudenza, è posta a tutela dei patrimonio della pubblica amministrazione. Il presupposto della fattispecie in parola
è che oggetto del peculato avrebbero potuto essere di beni di non modesto valore economico.
Qualora l'esiguità dei valore patrimoniale funzionale della cosa sia tale che il funzionario non tragga alcun vantaggio rispetto a terzi o anche là dove per la PA non derivi alcuna
compromissione, condotta punita dall'art. 314 c.p. non può che essere esclusa.
-Assoluta contraddittorietà della motivazione.
La sentenza d'appello è contraddittoria, poiché è stata fatta una attenta valutazione dei protagonisti per poi giungere all'affermazione della responsabilità della M..
Manca la motivazione là dove non si chiarisce in virtù di quale prova l'imputata dovesse essere condannata. Non rileva che i farmaci sottratti abbiano prodotto un vantaggio per M.,
là dove il soggetto agente del reato è il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che non abbiano tratto alcun utile.
Sotto tale profilo, la motivazione e manifestamente illogica e parziale.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Il giudice d'appello ha condiviso la ricostruzione effettuata nella sentenza di primo grado e con proprio ragionamento probatorio - coerente con le risultane delle attività investigative
- e ha escluso che le giustificazioni rese da M. potessero essere riscontrate da alcun elemento, non trattandosi di farmaci di modesto valore e tenuto conto anche del danno arrecato
alla ASL dì Sassari, come emerso all'esito di verifiche delle quali si già detto in narrativa.
I fatti, come accertati dimostrano, nella logica e corretta ricostruzione di entrambi i giudici di merito, che M.A.M. ha sottratto i farmaci per cederli al collega M.M. che svolgeva
attività di istruttore di bodybuilding, il quale tra l'altro traeva un vantaggio dal mancato pagamento dei tiket.
Le censure, pertanto, non sono altro che dirette a contestare valutazioni di merito correttamente espresse dai giudice d'appello e coerenti con le risultanze processuali esposte nella
sentenza.
II ragionamento probatorio della Corte d'appello è articolato - come esposto in sintesi e nei punti significativi in narrativa - con rigore argomentativo dapprima sulle ragioni per le
quali la situazione riferita non potesse essere ricostruita nel senso indicato dall'imputato e poi sulle risposte ai punti critici della ricostruzione operata dal giudice di primo grado.
Il ricorso è, dunque, infondato e, a norma dell'art.616 c.p.p., la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.