03.06.03 free
CONSIGLIO di STATO (sulla preclusione ai biologi dell’accesso al livello primariale in due discipline riservate ai medici -Allergologia ed Igiene pubblica- nonchè nelle discipline dell’Igiene della produzione di alimenti di origine animale -riservata ai veterinari- e della Chimica analitica -riservata ai chimici ed ai laureati in tecnologie farmaceutiche)
N.1783/2003 Reg. Dec. N. 5762 Reg. Ric. Anno 1999 R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente D E C I S I O N E sul ricorso in appello proposto dai dottori D’Antonio Sergio, Torricelli Sandro, Pensato Anna, Fuccio Fabrizio e dall’Ordine nazionale dei Biologi in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi dall’avvocato Giuseppe Barone ed elettivamente domiciliati in Roma Via Principessa Clotilde n. 2 presso lo studio Clarizia; contro il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro della sanità, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso la quale domiciliano in Roma Via dei Portoghesi n. 12; e nei confronti della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi ed odontoiatri, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avv. prof. Vito Bellini presso il cui studio domicilia in Roma Via Orazio n. 3; e nei confronti del Consiglio nazionale dei chimici, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati proff. Luigi Benvenuti e Mario Sanino, presso lo studio del secondo domiciliato in Roma Viale Parioli n. 180; nonchè nei confronti del Sindacato italiano veterinari Medicina pubblica, non costituito in giudizio per l'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sez. I bis 23.2.1999 n. 452; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione delle Amministrazioni e degli appellati; Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica Udienza del 12 novembre 2002 il Consigliere Antonino Anastasi; uditi gli avvocati Clarizia per delega dell’avv. Barone, Bellini, Braschi per delega dell’avv. Sanino e l’avv. Stato Aiello; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. FATTO Con ricorso al TAR del Lazio gli odierni appellanti hanno impugnato il DPR 10.2.1997 n. 484 nella parte in cui non consente ai biologi di partecipare, nell’ambito delle strutture del S.S.N., alla selezione per il conferimento di incarichi di secondo livello dirigenziale nelle seguenti discipline: a) Allergologia ed Immunologia clinica nonchè Igiene ed epidemiologia, attribuite alla categoria professionale dei medici; b) Igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e derivati, attribuita alla categoria professionale dei veterinari; c) Chimica analitica, attribuita alla categoria professionale dei chimici. A sostegno del gravame gli interessati hanno dedotto la violazione di legge sotto molteplici profili, con riferimento alla legge 24.5.1967 n. 396 ed al DM 22.7.1993 n. 362, nonché l’eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità manifeste, nonché per carenza di motivazione. La sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale ha respinto il ricorso, è qui appellata dagli interessati i quali ripropongono le doglianze versate in primo grado. Si è costituita l’Amministrazione, chiedendo il rigetto dell’appello. Si sono altresì costituiti la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi ed odontoiatri ed il Consiglio nazionale dei chimici, anch’essi instando per il rigetto del gravame. All’Udienza del 12 novembre 2002 l’appello è stato trattenuto in decisione. DIRITTO L’appello non è fondato. L’art. 4 del DPR 10.2.1997 n. 484 (con disposizione tuttora applicabile pur nel contesto di una diversa organizzazione delle funzioni dirigenziali sanitarie) ha previsto per i biologi la possibilità di accesso ad incarichi di II livello dirigenziale nel ruolo del S.S.N. afferenti a cinque tipologie disciplinari rispettivamente dislocate nell’area della medicina diagnostica e servizi (Biochimica clinica, Laboratorio di genetica medica, Microbiologia e virologia nonché Patologia clinica) e nell’area di Sanità pubblica (Igiene degli alimenti e della nutrizione). A giudizio degli appellanti la previsione regolamentare illegittimamente preclude ai biologi l’accesso al livello primariale in due discipline riservate ai medici (Allergologia ed Igiene pubblica) nonchè nelle discipline dell’Igiene della produzione di alimenti di origine animale (riservata ai veterinari) e della Chimica analitica (riservata ai chimici ed ai laureati in tecnologie farmaceutiche). In proposito gli appellanti osservano che gli incarichi in questione afferiscono a settori disciplinari nell’ambito dei quali i biologi hanno piena competenza, come si deduce dall’art. 3 della legge 24 maggio 1967 n. 396 (Ordinamento della professione di biologo) e dal Regolamento adottato con D.M. 22 luglio 1993 n. 362 (Regolamento recante disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei biologi). I mezzi dedotti, che hanno una unitaria impostazione di fondo e quindi si prestano ad essere contestualmente considerati, non sono suscettibili di positiva considerazione, per le ragioni che ora si esporranno. L’art. 2 del D.L. 18.11.1996 n. 583, convertito con modificazioni dalla L. 17.1.1997 n. 4, ha previsto (comma 1 bis) che, al fine di realizzare la semplificazione normativa della disciplina sull'accesso al secondo livello dirigenziale del ruolo sanitario di cui all'articolo 15, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, allora vigente nel testo modificato dall'articolo 16 del decreto legislativo 7 dicembre 1993 n. 517, fossero emanati uno o più regolamenti governativi ex art. 17 c. 2 L. n. 400 del 1988 onde determinare i requisiti ed i criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale. Ai sensi del successivo comma 1 - ter, nell’esercizio della potestà regolamentare il Governo doveva attenersi ai principi generali dell'ordinamento, a quelli del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, e delle leggi e degli atti aventi valore di legge ivi richiamati. Per quanto qui rileva, il criterio direttivo enucleabile dal testo allora vigente dell’art. 15 comma 2 del citato D. L.vo n. 502 del 1992 è quello secondo cui (in un contesto nel quale al Dirigente di II livello spettano in generale funzioni di direzione ed organizzazione della struttura) gli indirizzi e le decisioni da adottare nei riguardi degli interventi preventivi, clinico -diagnostici e terapeutici competono al dirigente medico, mentre ai Dirigenti delle altre professioni sanitarie spettano invece gli indirizzi e le decisioni da adottare nei riguardi di detti interventi, limitatamente a quelli di specifica competenza. Inoltre, ai sensi del successivo art. 17 comma 5, nel caso di accesso a funzioni direttive consentito a molteplici categorie professionali, devono salvaguardarsi le rispettive specificità culturali e funzionali. Come si vede, sul piano sostanziale la norma primaria demanda all’Amministrazione, in sede regolamentare esecutiva, una ricognizione connotata da un altissimo tasso di discrezionalità dovendosi tenere presente da un lato la esclusiva riserva al personale medico degli indirizzi diagnostico-terapeutici, e dall’altro dovendosi concretamente individuare, nel più vasto ambito delle discipline oggetto di concorrenti competenze professionali, il catalogo delle posizioni organizzative apicali soggette ad accesso plurimo. Ne consegue, sul versante processuale, che le scelte compiute in sede regolamentare non si prestano ad essere sindacate nel merito, ma possono invece essere scrutinate esclusivamente ab externo, e cioè sulla scorta di parametri di logicità e congruenza la cui violazione le deduzioni degli appellanti non pervengono però nel caso in esame, secondo il Collegio, ad evidenziare. In tal senso va innanzi tutto rilevata la scarsa significatività del diffuso richiamo, da parte degli appellanti, alle voci previste dal Tariffario professionale dei biologi approvato con D.M. 22 luglio 1993 n. 362, poiché compito della « tariffa » non è certo quello di definire le competenze dei singoli professionisti - al che provvedono le leggi sui singoli ordinamenti professionali - ma solo quello di stabilire il compenso che essi possono chiedere per la loro attività, compenso destinato a variare, in ragione dell'impegno richiesto e del costo delle tecniche adoperate. (Corte costituzionale 21.7.1995 n. 345). Parimenti non decisive risultano le considerazioni svolte dagli appellanti in ordine alla intervenuta ammissione, presso numerosi Atenei, dei biologi a Scuole di specializzazione in passato riservate ai laureati in medicina e chirurgia, poichè, come meglio si vedrà nel prosieguo, sulla controversia all’esame non spiega alcun automatico effetto la concreta articolazione del percorso formativo universitario e post laurea della categoria professionale. Passando all’esame della normativa primaria sull’ordinamento della professione del biologo, va invece dato atto che ai sensi dell’art. 3 della citata legge n. 396 del 1967 di tale professione formano fra l’altro oggetto: le analisi sierologiche ed immunologiche (lettera g); attività riconducibili all’Igiene pubblica (lettere b, d ed h); attività riconducibili all’Igiene degli alimenti (lettere a e b); attività riconducibili alla chimica analitica (lettere g). Si delinea quindi, almeno prima facie, una effettiva competenza dei biologi – concorrente con quella ascritta ad altre figure professionali – nelle discipline in controversia. Sennonché, per quanto in primo luogo riguarda le discipline riservate dall’impugnato decreto ad accesso da parte dei medici, il fatto che il biologo abbia in materia una competenza professionale effettivamente concorrente, non lo abilita per ciò stesso ad assumere quelle responsabilità apicali alle quali si correla per espressa previsione di legge (art. 15 D.L.vo n. 502 del 1992 sopra citato) l’ulteriore e connaturale legittimazione ad adottare decisioni finali nei riguardi degli interventi diagnostico – terapeutici. In altri termini, la circostanza che il biologo sia abilitato ad eseguire le analisi allergologiche o immunologiche o quelle volte all’identificazione di agenti patogeni nell’uomo, nelle merci biologiche o nelle acque, nonchè la circostanza che il biologo abbia accesso a talune Scuole di specializzazione in Immunologia, non implicano di per sè che questa figura professionale sia titolata ad assumere posizioni dirigenziali che presuppongono – nel disegno organizzativo discrezionalmente valorizzato dall’Amministrazione – una qualificazione della disciplina orientata in modo assorbente verso interventi di marcata tipologia diagnostico-terapeutica. In secondo luogo, e per quanto riguarda l’accesso a posizioni che il regolamento riserva ai veterinari ed ai chimici, il rilievo da cui sembra necessario procedere è quello secondo cui nel contesto dell’art. 3 L. n. 396 del 1967 la linea che demarca la professione del biologo da quella riservata ad altri professionisti che esercitino attività simili o anche affini a quelle biologiche è data dal « punto di vista biologico » che contrassegna l'attività professionale del biologo, ovvero dal fatto che essa è svolta in funzione delle esigenze degli organismi viventi avendo riguardo all'utilità o alla dannosità che a questi possono derivare dall'uso o dalla semplice presenza di determinate sostanze organiche o inorganiche. (Corte cost. n. 345 del 1995 citata). Ciò comporta, in sostanza, che si registrano ampi settori in cui è configurabile una effettiva sovrapposizione (ma in realtà, a rigore, si tratta di continenza) di competenze per quanto riguarda le diverse categorie professionali (chimici e veterinari da una parte, biologi dall’altra): ma il rilievo testè esposto non vale a pretermettere il riconoscimento dell’esistenza di diverse specificità professionali (art. 17 comma 2 D. L.vo n. 502), evidentemente privilegiato dall’Amministrazione in un’ottica, come si è detto, spiccatamente organizzativa. In termini piani, per l’accesso ai livelli apicali nei settori disciplinari in controversia, la scelta dell’Amministrazione - accompagnandosi peraltro ad opzioni favorevoli all’accesso multiplo per altre discipline rientranti nell’area della medicina diagnostica e dei servizi o in quella della sanità pubblica nelle quali la sovrapposizione di competenze fra le diverse professionalità appare effettivamente configurabile in modo pregnante - risulta ispirata al criterio di valorizzare entro ragionevoli limiti la maggiore latitudine della competenza propria delle altre professioni, rispetto a quella, peraltro precisamente orientata, dei biologi: si tratta, come si vede, di una scelta che, nei limiti di sindacato propri della presente sede di legittimità, non esibisce profili di illogicità o di irragionevolezza. Ed infatti, il rilievo – chiaramente enunciato dalla Corte costituzionale – secondo cui deve escludersi un’interpretazione delle sfere di competenza professionale in chiave di rigida esclusività monopolistica, postulando il conseguimento del diritto alla salute l’armonica integrazione di competenza concorrenti, non preclude in concreto in sede normativa la discrezionale demarcazione di ambiti disciplinari nel contesto dei quali possa assumere maggiore incidenza ai fini organizzativi la considerazione discrezionale dei tratti distintivi connaturati alle pur sempre diverse figure professionali. Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello risulta dunque infondato e va come tale respinto. Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del grado. P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, il 12 novembre 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l'intervento dei Signori: Gaetano TROTTA Presidente Domenico LA MEDICA Consigliere Antonino ANASTASI Consigliere, est. Giuseppe CARINCI Consigliere Carlo SALTELLI Consigliere