25.02.2014 free
Risarcimento danni per truffa al Servizio Sanitario: può risponderne con il titolare della farmacia anche il dipendente qualificato.
seppure la professionista eseguiva degli ordini, trattandosi di dipendente qualificata avrebbe dovuto, usando l'ordinaria diligenza, rendersi conto delle finalità illecite degli ordini che le venivano impartiti ed avrebbe potuto evitare e/o denunciare le condotte dannose poste in essere dalla Farmacia dalla quale dipendeva.
Il fatto
Il titolare di una farmacia e la sua collaboratrice nel 2012 sono stati chiamati a risarcire il danno che la Procura Regionale presso la Corte dei Conti Regione Lazio ha ritenuto avessero cagionato al SSN nel periodo gennaio-dicembre 2009 per l’ipotesi di mancata osservanza della procedura di distribuzione dei farmaci destinati agli emofiliaci cosiddetta «in nome e per conto» [DPC], lucrando in danno del Servizio Sanitario la differenza fra il minore importo al quale avrebbero avuto diritto – ponendo in essere la “DPC” e quello, molto più oneroso per l’Amministrazione, ottenuto con la normale distribuzione in convenzione.
La Corte dei Conti, nell’intento di definire il giudizio relativo alla vicenda distributiva intervenuta nel corso dell’anno 2009, per delineare compiutamente la questione, ha osservato che la distribuzione del farmaco per la cura dell'emofilia, al di fuori dall'ambito ospedaliero, può in generale avvenire in tre modi: la distribuzione diretta da parte dell'ASL.; distribuzione diretta in convenzione attraverso il circuito farmaceutico; distribuzione in nome e per conto (DPC).
Nel primo caso, ha aggiunto il Collegio, l'ASL acquista il medicinale che viene poi consegnato all'interessato direttamente presso gli uffici ASL o al domicilio. Nel secondo caso, tramite apposita convenzione, la farmacia acquista il medicinale presso i fornitori e poi, una volta venduto il farmaco, ne ottiene il rimborso dal Servizio sanitario regionale, con l'invio della ricetta munita del fustello adesivo del medicinale (è questo il sistema maggiormente remunerativo per la farmacia). Nella distribuzione "in nome e per conto" (DPC), invece, la consegna dei farmaci avviene sempre attraverso le farmacie, che però si approvvigionano di medicinali già acquistati dalla Regione presso le ditte produttrici in modo da ottenere un forte risparmio nell'acquisto di tale tipologia di prodotti, altrimenti - come detto - estremamente costosi. Il sistema DPC, integralmente gestito tramite apposito programma informatico (web DPC), veniva configurato proprio con l'esplicito intento di monitorare e ridurre la spesa sanitaria.
La citazione della Procura regionale presso la Corte dei Conti ha riferito della sussistenza di un danno come derivato da una “complessa truffa ordina in danno del Servizio Sanitario della Regione Lazio” posta in essere dai professionisti chiamati a risponderne che, come era emerso dalle indagini, avrebbero indotto la Regione a ritenere integrati i presupposti per derogare alla procedura di distribuzione cosiddetta “in nome e per conto” – DPC
Nella vicenda penale, il GIP aveva anche disposto il sequestro dei crediti vantati dalla farmacia.
Esito del giudizio
La Corte dei Conti ha condiviso l'imputazione della responsabilità, a titolo di dolo ed in via principale, in capo al titolare della struttura, in quanto ritenuto provato che il farmacista avrebbe deliberatamente fatto sì che si evitasse il ricorso alla meno remunerativa procedura in DPC.
Quanto poi al contributo dato alla causazione del danno dalla dipendente, il Collegio, in ragione del ruolo marginale svolto - limitato al mero inserimento dei dati nel sistema informativo in tarda serata – ha ritenuto configurabile una responsabilità per colpa grave ed in via sussidiaria, soltanto fino alla concorrenza di Euro 15.000,00.
Ciò in quanto, seppure la professionista eseguiva degli ordini, trattandosi di dipendente qualificata avrebbe dovuto, usando l'ordinaria diligenza, rendersi conto delle finalità illecite degli ordini che le venivano impartiti ed avrebbe potuto evitare e/o denunciare le condotte dannose poste in essere dalla Farmacia dalla quale dipendeva. La professionista infatti si è "ingerita materialmente e fattualmente nella gestione amministrativo-contabile della farmacia, mettendo in opera la compartecipazione fattiva delle condotte illecite dannose per l'erario”.
I titolare e la dipendente sono stati condannati al pagamento in favore del SSR e per esso della Regione Lazio rispettivamente all’importo di Euro 152.871,86, comprensivo di rivalutazione monetaria, oltre interessi legali dalla data di deposito della sentenza e fino al soddisfo e in via sussidiaria alla somma di Euro 15.000,00 (in via sussidiaria), comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre interessi legali dalla data di deposito della sentenza e fino al soddisfo.
[Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net]
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