17.12.2013 free
Compatibile con il diritto dell’Unione europea il divieto di distribuzione al dettaglio di farmaci soggetti a prescrizione medica ma non a carico del SSN fuori dalle farmacie.
è coerente con il diritto dell’UE la normativa italiana che non consente al farmacista abilitato ed iscritto all’ordine, ma non titolare di una farmacia, di distribuire al dettaglio nella parafarmacia medicinali soggetti a prescrizione medica non a carico del SSN
L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella italiana, che non consente a un farmacista abilitato e iscritto all’ordine professionale, ma non titolare di una farmacia compresa nella pianta organica, di distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui è titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bensì vengono pagati interamente dall’acquirente.
In questi termini si è espressa la Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
La questione è giunta dinanzi alla Corte a seguito del rigetto di alcune domande dirette ad ottenere l’autorizzazione a dispensare al pubblico medicinali ad uso umano soggetti a prescrizione medica ma con pagamento interamente a carico del cliente, nonché medicinali per uso veterinario anch’essi soggetti a prescrizione, ma pagati interamente dal cliente.
Le ricorrenti, farmaciste abilitate iscritte ad un ordine professionale dei farmacisti, titolari di parafarmacie, proponevano ricorso dinanzi al TAR Lombardia avverso i provvedimenti di rigetto formulati nel 2011 dalla ASL e dal Ministero della Salute, sostenendo che la normativa sulla quale si basavano le decisioni, nella parte in cui stabiliva il divieto di vendere nelle parafarmacie medicinali della fascia C soggetti a prescrizione medica, ma non a carico del Servizio sanitario nazionale, era contraria al diritto dell’Unione. Su questi basi, il TAR decideva di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale «Se i principi di libertà di stabilimento, di non discriminazione e di tutela della concorrenza di cui agli articoli 49 e seguenti TFUE ostano ad una normativa nazionale che non consente al farmacista, abilitato ed iscritto al relativo ordine professionale ma non titolare di esercizio commerciale ricompreso nella pianta organica, di poter distribuire al dettaglio, nella parafarmacia di cui è titolare, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica su “ricetta bianca”, cioè non posti a carico del Servizio sanitario nazionale ed a totale carico dell’acquirente, stabilendo anche in questo settore un divieto di vendita di determinate categorie di prodotti farmaceutici ed un contingentamento numerico degli esercizi commerciali insediabili sul territorio nazionale».
Profili giuridici
La Corte di Giustizia, in relazione alla normativa italiana in materia di assistenza farmaceutica e distribuzione delle farmacie sul territorio, ha evidenziato, tra gli altri aspetti, che se l’obiettivo è quello di garantire alla popolazione un rifornimento di medicinali sicuro e di qualità, possono giustificarsi delle restrizioni alla libertà di stabilimento come configurata anche ai sensi dell’art. 49 TFUE, tanto più in considerazione del disposto di cui all’art. 52 TFUE, secondo cui la tutela della salute può appunto giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento.
La legittimazione del nuovo assetto, come auspicato dalle farmaciste ricorrenti, non esclude un fenomeno di concentrazione di parafarmacie nelle località considerate più redditizie e quindi più attraenti, con il rischio per le farmacie situate in tali località di vedere diminuire la propria clientela e, di conseguenza, di essere private di una parte significativa dei loro introiti, tanto più che le farmacie sono soggette ad una serie di obblighi specifici riguardo alle modalità di gestione della loro attività commerciale. Una tale perdita di reddito potrebbe causare non soltanto una diminuzione della qualità del servizio che le farmacie forniscono al pubblico, ma anche, se necessario, la chiusura definitiva di talune farmacie, conducendo così ad una situazione di penuria di farmacie in determinate parti del territorio e, pertanto, ad un approvvigionamento inadeguato di medicinali quanto a sicurezza e a qualità.
Ciò considerato, ha aggiunto la Corte, la normativa che riserva alle sole farmacie, la cui apertura è subordinata a un regime di pianificazione, la distribuzione dei farmaci soggetti a prescrizione medica, compresi quelli che non sono a carico del Servizio sanitario nazionale, bensì vengono pagati interamente dall’acquirente, è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo di assicurare un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità nonché, pertanto, la tutela della salute.
[Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net]