06.10.2011 free
Farmacista non si accorge dell’errore prescrittivo del medico di base. No alla responsabilità professionale. Errore nella indicazione della posologia e morte del paziente.
Il fatto
Una paziente dopo essere stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico presso una struttura ospedaliera, aveva trascorso un periodo di convalescenza in una clinica da dove era stata dimessa con la prescrizione di un farmaco anticoagulante nella misura di 3/4 di compressa al giorno.
Il medico di base nel compilare la ricetta aveva prescritto l’assunzione di 3 compresse al dì.
In occasione della vendita del medicinale, il farmacista aveva apposto sulla confezione del preparato la scritta 1+1+1. La paziente indotta ad un uso in sovradosaggio del prodotto, qualche giorno dopo decedeva.
I congiunti agivano in giudizio chiedendo la condanna del farmacista per non essersi accorto dell’errore del medico di famiglia.
Mentre il giudice di primo grado riteneva poter accogliere la domanda risarcitoria, in sede di appello la decisione veniva ribaltata.
Il Diritto
Il giudice d’appello chiariva che l'errore compiuto nell'indicazione della posologia del farmaco non poteva minimamente farsi risalire all'intervento e al comportamento del farmacista, al quale fu presentata una ricetta redatta dal medico curante della paziente, a sua volta incorso in errore per effetto delle equivocità della nota stilata dalla clinica che prescriveva l'impiego del farmaco secondo una indicazione non chiara, nonostante la legge richiedesse l'indicazione della dose in lettere.
A fronte della precisa indicazione del medico, sempre secondo la Corte d’Appello, il farmacista non aveva il compito di verificare se la posologia fosse effettivamente corrispondente alle particolari esigenze terapeutiche.
La circostanza per cui all’atto della vendita era anche stata visionata la nota della casa di cura non modificava la sostanza degli eventi, sia per l’equivocità del documento, sia perché il farmacista non essendo abilitato all'esercizio della professione medica non era tenuto nè autorizzato a sindacare i trattamenti terapeutico-farmacologici.
Esito del giudizio
La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso per taluni particolari motivi anche di ordine processuale, ha sottolineato la correttezza delle considerazioni svolte in secondo grado, relativamente alla ripartizione di obblighi tra medico e farmacista quanto all'esattezza di una prescrizione farmacologia alla luce del testo unico sanitario del 1934 e del regolamento per il servizio farmaceutico del 1938.
[Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net]
per approfondire, Cassazione Civile 28.03.2008