23.12.2010 free
Ordine dei Farmacisti: elezioni per il rinnovo delle cariche e principio di conservazione della volontà dell’elettore.
L’agosto scorso, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nonostante l’inammissibilità del ricorso per effetto della cessazione della materia del contendere, in ragione del rilievo della questione, decidevano di pronunciare d’ufficio il principio di diritto.
La controversia traeva origine dalla formale censura mossa da alcuni farmacisti alla decisione della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie, che, relativamente alle elezioni per il rinnovo delle cariche in seno al consiglio direttivo di un Ordine, aveva considerato nulle le schede recanti un numero di preferenze inferiore a quindici, cioè al numero dei componenti da eleggere e valide quelle recanti quindici preferenze, ma con indicazione di nominativi ineleggibili.
È un tema di particolare rilievo ma con scarsi arresti giurisprudenziali.
Sul piano della disciplina applicabile, risultava che i componenti del Consiglio dovessero essere eletti dall'assemblea degli iscritti nell'Albo a maggioranza assoluta di voti segreti per mezzo di schede contenenti un numero di nomi uguale a quello dei componenti da eleggersi.
La questione era ricercare una coerente interpretazione della disposizione e, soprattutto stabilire se essa dovesse leggersi nel senso che la validità della scheda dipende dal fatto che l'elettore abbia espresso la sua preferenza per un numero di nomi uguale a quello dei componenti da eleggersi (nel caso concreto, quindici), oppure dovesse intendersi come prescrittiva del numero massimo di indicazioni esprimibili, essendo valida la scheda anche nel caso in cui l'espressione del voto fosse limitata a un numero inferiore di nomi rispetto a quello dei componenti da eleggersi.
Pur non sussistendo un totale vuoto interpretativo, la Cassazione ha ritenuto dover rimeditare alcuni precedenti orientamenti nell’intento di pervenire ad un vero e proprio mutamento di indirizzo ancorandolo al diritto vivente formatosi nelle nuove realtà delle comunità professionali.
La competizione elettorale per il rinnovo degli organi dell’Ordine professionale, quale momento di partecipazione democratica, deve esplicarsi attraverso la più libera espressione elettorale, salvaguardando il principio del «favor voti» quale parametro da cui far discendere la massima corrispondenza tra volontà espressa e contenuto della scheda elettorale.
Le Sezioni Unite, trovando ancoraggio sicuro nel principio sintetizzato, hanno osservato che la manifestazione della volontà, per come emerge dal corpo della scheda elettorale, deve essere il più possibile conservata, salvo anomalie di gravità tale da far dubitare che l'elettore abbia voluto liberamente e segretamente manifestare la preferenza. In linea di massima, il parametro astratto è che, in caso di dubbio, deve privilegiarsi la volontà elettorale, quale risultante dalla scheda vergata, poichè la nullità e l'inefficacia del voto costituiscono solo estreme conseguenze.
Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net
Cassazione Civile – Sez. Un.; Sent. n. 18047 del 04.08.2010
omissis
FATTO E DIRITTO
1. - l'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite.
Con ordinanza del 4 giugno 2009, n. 12861, la Terza sezione civile della Corte ha rimesso al Primo Presidente, ai sensi dell'art. 374 c.p.c., comma 3, come novellato, il ricorso con il quale alcuni farmacisti hanno impugnato la decisione adottata dalla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie, n. 23/2006 del 19.1.2007, che in relazione alle elezioni per il rinnovo delle cariche in seno al consiglio direttivo del relativo Ordine aveva considerato nulle le schede recanti un numero di preferenze inferiore a quindici (corrispondente al numero dei componenti da eleggere) ed, inoltre, valide quelle recanti quindici preferenze benchè con indicazioni di nominativi ineleggibili.
La Sezione ha preso atto dell'orientamento giurisprudenziale consolidato, a partire dalla sentenza n. 13714/1991 delle Sezioni, unite, secondo la quale il tenore testuale della legge (D.Lgs. n. 382 del 1944, art. 2: "i componenti ... sono eletti ... per mezzo di schede contenenti un numero di nomi uguale a quello dei componenti da eleggersi") postula la tassativa necessità che le schede contengano un numero di preferenze uguale al numero dei componenti da eleggere (nella specie non inferiore a quindici. Tale principio è stato poi ripreso dalla stessa Terza sezione con la sentenza n. 358/2002 ed altresì dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 5618/2003, sia pure a proposito delle elezioni del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e con riferimento ad una fattispecie in cui le schede riportavano un numero di preferenze superiore a quello previsto.
Nell'ordinanza di rimessione si evidenzia che quel collegio non ritiene di poter condividere l'orientamento espresso nei termini predetti, dal momento che la norma si presterebbe ad una diversa interpretazione e certamente ad una interpretazione più compatibile con le regole costituzionali che tutelano la libertà di espressione del voto, nel senso che la predeterminazione del tetto massimo del numero di preferenze non dovrebbe poter inficiare la validità della scheda contenente un numero di preferenze inferiore a quello previsto.
Il collegio remittente osserva, dunque, che il tenore dell'art. 374 c.p.c., comma 3, non consente, in ogni caso, l'adozione di una pronuncia difforme dal precedente principio affermato dalle Sezioni Unite, ma solo la sollecitazione a queste rivolto per un eventuale mutamento di indirizzo.
2 - I ricorsi.
I dottori S. e C., nel denunziare la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, art. 16, formulano il quesito con il quale chiedono: "che la S.C. voglia statuire che le schede elettorali nelle elezioni dei Consigli degli Ordini Sanitari possono legittimamente contenere un numero di preferenze valide, anche inferiore al numero dei consiglieri o dei revisori dei conti da eleggere, così interpretando o se del caso dichiarando illegittimo il D.P.R. n. 221 del 1950, art. 16; che è illegittima nella elezione dei consigli degli ordini sanitari la sanzione della nullità delle schede elettorali che contengono un numero di preferenze inferiori al numero dei consiglieri o dei revisori dei conti; in via subordinata che siano dichiarate non valide le schede complete ma contenenti nomi di fantasia".
Resiste l'Ordine dei Farmacisti della Provincia di X., il quale propone anche ricorso incidentale, con il quale chiede: "che la Corte di cassazione adita voglia giudicare se sia affetto da irricevibilità - da dichiararsi in sede di decisione il procedimento d'impugnazione innanzi alla Commissione Centrale Esercenti le Professioni Sanitarie qualora, a seguito della adozione dell'ordinanza di integrazione del contraddittorio, il relativo atto non sia stato depositato nel termine di trenta giorni nella segreteria dell'Ufficio giudiziario".
Occorre ribadire il principio secondo cui la scadenza del mandato elettorale e la conseguente rinnovazione di un organismo elettivo, comportano il venir meno dell'interesse alla decisione nei giudizi in cui si controverta della legittimità delle operazioni elettorali relative alla elezione dell'organismo scaduto, con la conseguenza che, pur se la circostanza emerga solo nel giudizio di legittimità, la Corte di Cassazione deve anche d'ufficio dichiarare l'inammissibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere (cfr Cass. S.U. n. 14385 del 21 giugno 2007, che riguarda proprio il Consiglio dell'Ordine dei Farmacisti; Cass. S.U. n. 5804 del 11 giugno 1998; Cass. S.U. n. 28506 del 23 dicembre 2005; Cass. S.U. n. 16160 del 15 novembre 2002; nonchè Cass. n. 19988 del 16 settembre 2009, con riferimento alle eiezioni del Parlamento europeo).
Le operazioni elettorali che costituiscono oggetto della vicenda in trattazione sono quelle relative al rinnovo del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Revisori dei Conti dell'Ordine dei Farmacisti della Provincia di X. per il triennio 2006/2008, sicchè entrambi i ricorsi sono inammissibili per cessazione della materia del contendere.
Tuttavia, la Corte ritiene che, nonostante la dichiarazione d'inammissibilità dei ricorsi ed in considerazione della particolare importanza della questione decisa, debba essere pronunciato d'ufficio il principio di diritto (che non avrà alcun effetto sul provvedimento del giudice di merito), in applicazione della disposizione dell'art. 463 c.p.c., comma 3, come novellato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 4. Occorre, infatti, considerare che, come meglio si vedrà in seguito, la norma base alla quale fare riferimento è quella contenuta nel D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, art. 2 che, in via generale, detta "Norme sui Consigli degli Ordini e Collegi e sulle Commissioni Centrali Professionali".
Sicchè, la soluzione della questione esorbita rispetto alla specifica problematica dell'elezione del Consiglio dell'Ordine dei Farmacisti.
3 - La questione.
Il D.P.R. n. 221 del 1950, art. 16 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del D.Lgs. 13 settembre 1946, n. 233, sulla ricostituzione degli Ordini delle Professioni Sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle Professioni stesse) stabilisce, tra l'altro, che v'la votazione si effettua a mezzo di schede in bianco ... che vengono riempite con i nomi dei membri da eleggere in numero corrispondente a quello previsto dal D.Lgs. 13 settembre 1946, n. 233", art. 2.
Quest'ultima disposizione stabilisce che, nel caso in cui gli iscritti all'albo superino il numero di millecinquecento, il Consiglio Direttivo è composto di quindici membri.
Più in generale, il D.LGs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, art. 2 (Norme sui Consigli degli Ordini e Collegi e sulle Commissioni Centrali Professionali) stabilisce che "i componenti del Consiglio sono eletti dall'assemblea degli iscritti nell'Albo a maggioranza assoluta di voti segreti per mezzo di schede contenenti un numero di nomi uguale a quello dei componenti da eleggersi".
La questione consiste, dunque, nell'interpretazione di siffatta ultima disposizione e, più in particolare, nello stabilire se essa debba intendersi nel senso che la validità della scheda dipenda dal fatto che l'elettore abbia espresso la sua preferenza per il numero di nomi uguale a quello dei componenti da eleggersi (nella specie, quindici), oppure debba intendersi che essa prescriva il numero massimo di indicazioni nominative e-sprimibili, essendo valida la scheda anche nel caso in cui l'espressione del voto concerna un numero inferiore di nomi rispetto a quello dei componenti da eleggersi.
4 - I precedenti giurisprudenziali.
Gli arresti giurisprudenziali sul tema sono scarsi. La brevità della durata dei Consigli ha fatto si che spesso la questione sia pervenuta al giudizio della Corte di legittimità quando orinai il Consiglio stesso era cessato dalla carica; sicchè, la S.C. s'è limitata, come s'è visto, a prendere atto della sopravvenuta cessazione della materia del contendere.
Il fondamentale precedente al quale fare riferimento (intervenuto ad organismo non scaduto) è costituito da Cass. S.U. 19 dicembre 1991, n. 13714, la quale, trovandosi a decidere in un caso in cui erano state annullate le schede per l'elezione di un Consiglio dell'Ordine degli Ingegneri, contenenti ciascuna un numero di preferenze inferiori a quindici, ha confermato la legittimità della decisione impugnata, stabilendo che, ai sensi del D.L. 23 novembre 1944, n. 382, art. 2, il voto per l'elezione del Consiglio predetto deve esprimersi mediante una scheda indicante un numero di preferenze eguale a quello dei consiglieri da eleggere.
In quest'occasione le Sezioni Unite hanno ritenuto che la norma ha un significato assolutamente univoco, manifestamente inteso a far conseguire, all'esito finale delle votazioni, la copertura di tutti i posti di consigliere. La decisione, dunque, sostanzialmente richiama il principio in claris non fit interpretatio, preoccupandosi, altresì, di assicurare l'elezione di un consiglio "completo" di quindici consiglieri.
A meno di un lustro di distanza la Corte (cfr. Cass. S.U. 12461 del 1995) torna sulla questione dell'interpretazione del D.L. 23 novembre 1944, n. 382, art. 2 e della legittimità o meno della invalidazione delle schede (laddove queste contengano un numero di voti inferiore ai consiglieri da eleggere) per rilevare che la corrispondenza del numero dei candidati indicati nella scheda con quello dei componenti da eleggere soccorre all'esigenza di assicurare l'elezione di tutti i componenti previsti dal Consiglio, senza di che verrebbe menomata la funzionalità dell'organo elettivo, in mancanza di elezioni integrative. Precisando, altresì, che le caratteristiche della segretezza del voto, dell'espressione del voto con l'indicazione dei nomi dei candidati e con indicazione in numero eguale a quello dei componenti da eleggere, sono tutte caratteristiche che emergono dalla lettura dell'art. 2, in commento e che assumono carattere di essenzialità, in relazione alla funzione svolta. La segretezza del voto, costituisce espressione di un fondamentale criterio di democraticità al fine di sottrarlo a condizionamenti di sorta.
L'espressione del voto con l'indicazione dei nominativi è sicura certezza della designazione, non essendo prevista nel sistema elettorale la presentazione di liste ufficiali alle quali potere fare riferimento.
A tale indirizzo fa eco, ribadendolo, la terza sezione della Corte con la sentenza n. 358 del 14 gennaio 2002, (relativa al voto per l'elezione del Collegio dei Geometri), la quale riconduce anch'essa la ragione della disposizione nell'"inequivocabile dato letterale della norma" ed aggiunge che "l'eccezione d'incostituzionalità di tale disposizione in relazione all'art. 48 Cost., è manifestamente infondata, non rinvenendosi alcuna lesione ai principi della libertà e della segretezza del voto".
In altra occasione le Sezioni Unite ribadiscono l'indirizzo per il quale sono da dichiarare nulle le schede che esprimano un numero di preferenze diverso da quello dei consiglieri da eleggere, pur affrontando una fattispecie parzialmente diversa, in quanto alcune schede erano state ritenute nulle siccome contenenti un numero di preferenze superiore a quello indicato dalla norma di riferimento (cfr. S.U. n. 5618 del 10 aprile 2003, relativa all'elezione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati). Dalla ricognizione dell'ordine logico degli argomenti favorevoli alla tesi sostenuta nelle precedenti decisioni, la Corte fa derivare: che l'inosservanza della norma comporta la nullità dell'intera scheda; che l'espressione di un numero di voti superiore a quello ricavabile dalla stessa norma non fa salva la validità della scheda, limitatamente al numero delle preferenze consentite.
5 - Le ragioni del mutamento di indirizzo giurisprudenziale.
Ritengono le Sezioni Unite che, a circa venti anni dal precedente arresto del quale s'è fatta menzione, il loro indirizzo vada mutato, attraverso un'interpretazione della norma in commento che tenga conto del diritto vivente che s'è andato via via formando nelle realtà del tutto nuove vissute dalle comunità professionali. Mutamento reso necessario dalla individuazione di un diverso scopo normativo e che soccorra alle nuove esigenze di Ordini ben diversi da quelli tenuti presenti dal legislatore degli anni quaranta dello scorso secolo.
E' pur vero, infatti, che la norma, rispondente all'epoca alle esigenze di governo di ristrette, pacifiche e consone cerehie professionali, debba essere oggi in via interpretativa adeguata alle loro mutate dimensioni, alle diverse caratteristiche sociali e, soprattutto, alle forti tensioni che al loro interno si dibattono.
Tensioni che sono frutto di aspre contrapposizioni di interessi, del frazionamento ideologico e, soprattutto, di differenti e molteplici modi di interpretare e svolgere la professione, avendo all'origine ed al fondamento non più una omogenea classe d'appartenenza, bensì percorsi formativi ed applicativi il più variamente distinti.
Tutto questo rende la competizione elettorale all'interno degli Ordini un momento di intensa ed appassionata partecipazione democratica, che necessariamente deve esplicarsi attraverso la più libera espressione elettorale, scevra da condizionamenti e salvaguardata il più possibile attraverso l'applicazione di quello che viene detto il favor voti.
Questo principio - si sostiene in dottrina - esprime una sorta di parametro di equità applicativa, sulla base del quale fare discendere la massima corrispondenza tra la volontà espressa dal cittadino elettore ed il contenuto oggettivo delle schede elettorali;
il tutto onde assicurare che l'intenzione del membro della comunità organizzata trovi corrispondenza nel riconoscimento della volontà manifestata. Sicchè, privilegiare la sostanza è miglior cosa che avallare ragioni di forma.
In quest'ordine di idee, la manifestazione della volontà, per come emerge dal corpo della scheda elettorale, deve essere il più possibile conservata, salvo che le anomalie riscontrate siano di tale gravità da far dubitare che l'elettore abbia voluto liberamente e segretamente manifestare la preferenza. In linea di massima, il parametro astratto è che, in caso di dubbio, deve privilegiarsi la volontà elettorale, quale risultante dalla scheda vergata, poichè la nullità e l'inefficacia del voto costituiscono una extrema ratio.
D'altronde queste stesse Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare (proprio in tema di elezioni di un Consiglio dell'Ordine degli Avvocati) che il principio del favor voti è principio generale in tema di elezioni e ad esso può derogarsi solo nel caso in cui le norme disciplinanti lo scrutinio prevedano la nullità del voto espresso in maniera difforme da quella prevista; esso tende al rispetto della volontà chiaramente espressa, non già a risolvere casi d'incerta espressione della volontà dell'elettore (Cass. Sez. Un. 23 giugno 2005, n. 13445).
Contrappeso al principio del favor voti è il requisito della segretezza del voto, strettamente connesso a quello di libertà, in quanto ne costituisce la principale modalità di tutela ed è condizione necessaria per la sua effettiva garanzia. La segretezza è infatti diretta a garantire il singolo dal controllo sociale che potrebbe limitare la sua libertà di voto, oltre che da intimidazioni o forme di commercio del voto o altre forme di corruzione elettorale.
La garanzia della segretezza è affidata a una serie di disposizioni legislative assai dettagliate, che difendono il diritto del votante, anche indipendentemente e contro la sua volontà. Sicchè, il venir meno di questo requisito, la riconoscibilità della provenienza del voto, costituisce l'unica ragione d'invalidazione dell'espressione elettorale, a meno che specifiche norme non prevedano l'invalidità della scheda formata in modo difforme da quello prescritto. Alla luce di tali considerazioni non appaiono più appaganti ed adeguate alla realtà le ragioni che finora hanno sorretto l'interpretazione della norma di riferimento.
Non convince il dato strettamente letterale, in quanto l'aggettivo "uguale" può essere letto sia nel senso che le schede debbano contenere un numero di nomi identico a quello dei componenti da eleggersi (come sostiene l'interpretazione finora vigente), sia nel senso che debbano contenere un numero di nomi che non può superare quello dei componenti da eleggersi (ossia, un numero di nomi che, nel massimo, deve corrispondere a quello dei componenti da eleggere, per l'ovvia ragione che ogni altro nome sarebbe inutilmente indicato).
Non corrisponde, poi, alla realtà consolidatasi nel tempo individuare nella norma il solo scopo di assicurare l'elezione di un consiglio "completo" di tutti i componenti previsti. Contro questa soluzione ermeneutica può agevolmente osservarsi che una evenienza del tipo paventato, oltre ad essere assai remota (affidata cioè alla marginale ipotesi che fra tutti gli iscritti eleggibili non ottengano neanche un solo voto un numero di candidati corrispondente a quello previsto per la composizione dell'organo elettivo), sarebbe comunque rientrante in una certa fisiologia, imponendo al più elezioni suppletive. Ma, soprattutto, l'interpretazione formalistica della disposizione comporta l'indubbia coartazione della libera espressione elettorale, allorquando, per salvaguardare la validità della scheda, costringe l'elettore a comprendere tra i nomi quelli di soggetti che gli sono invisi, o da lui non ritenuti degni di comporre il Consiglio o, comunque, appartenenti ad un diverso gruppo d'opinione. Soluzione che, per assurdo, finisce per danneggiare proprio il candidato gradito all'elettore, nel momento in cui lo costringe a votare anche per quello sgraditogli (è bene ricordare che in questo sistema:
tutti gli iscritti al locale Albo sono eleggibili ed elettori; la presentazione di liste non è prevista dalla legge, è lasciata all'eventuale iniziativa degli interessati ed è priva di effetti formali, avendo esclusivamente funzione informativa e sollecitatoria dell'altrui consenso; i consiglieri sono eletti dall'assemblea degli iscritti a maggioranza assoluta).
Tant'è, che (come emerge dalla causa in trattazione) l'elettore, per non vedersi invalidata la scheda, è costretto a ricorrere ad un paradossale; escamotage: raggiungere il numero prescritto con nomi di assoluta fantasia, oppure di soggetti non eleggibili in quanto iscritti in altro Albo. Ed in questo caso - come denunzia il ricorso in trattazione - la scheda viene effettivamente ritenuta valida, mentre non lo è se contiene un numero inferiore di nomi.
Che il diritto vivente sia andato oltre le indicazioni finora fornite da questa Corte regolatrice è dimostrato dal fatto che il Consiglio Nazionale Forense da tempo ritiene di poter superare il tenore letterale della norma, sul rilievo della sua non inderogabilità e della necessità di assicurare "la piena libertà dell'elettore di esprimere il numero di preferenze che egli crede" (cfr. Cons. Naz.
Forense 29 settembre 1998, n. 119); ribadisce in altra occasione: "la previsione normativa che la scheda contenga l'indicazione di un numero di candidati pari a quelli da eleggere, non rispondendo ad un interesse pubblico generale, nè a principi di ordine pubblico o di esigenze della collettività non presenta il carattere della inderogabilità; pertanto, deve riconoscersi all'elettore la piena libertà di esprimere il numero di preferenze che crede, senza alcun obbligo coercitivo d'indicare candidati in un numero equivalente ai componenti da eleggere" (cfr. Cons. Naz. Forense, 3 ottobre 1997, n. 109).
Così pure, nella giurisprudenza amministrativa si trova l'indirizzo (collegato, ovviamente, a diverse competizioni ma che, comunque, può essere esteso a tutta la materia elettorale) secondo cui annullamento del voto può derivare non da qualsiasi inosservanza delle prescrizioni di legge, ma solo da una espressa disposizione, oppure da scritture o segni che siano tali da far ritenere inoppugnabile la volontà dell'elettore di far riconoscere il proprio voto (cfr. Cons. Stato, 5^ Sez., 3 dicembre 2001, n. 6052). In tal modo confermando che l'unico contrappeso al favor voti è costituito dal principio di segretezza del voto.
In conclusione, dichiarati inammissibili i ricorsi, va enunciato il principio di cui al dispositivo. Vanno compensate tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, riuniti i ricorsi, li dichiara inammissibili e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di Cassazione. Ai sensi dell'art. 363 c.p.c., comma 3, enuncia il seguente principio di diritto:
In tema di elezioni vige il generale principio del favor voti, il quale impone che la manifestazione della volontà, per come emerge dal corpo della scheda elettorale, debba essere il più possibile conservata, a meno che non sia violato l'indispensabile requisito di segretezza del voto, oppure specifiche norme disciplinanti lo scrutinio prevedano la nullità del voto espresso in maniera difforme da quella prevista. Ne consegue che il D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, art. 2 (Norme sui Consigli degli Ordini e Collegi e sulle Commissioni Centrali Professionali), a norma del quale "i componenti del Consiglio sono eletti dall'assemblea degli iscritti nell'Albo a maggioranza assoluta di voti segreti per mezzo di schede contenenti un numero di nomi uguale a quello dei componenti da eleggersi", deve essere interpretato nel senso che la scheda conserva la sua validità anche nel caso in cui contenga un numero di nomi inferiore a quello dei componenti da eleggere.
Così deciso in Roma, il 2 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010