24.11.2010 free
Incompatibilità e partecipazione a società di gestione di farmacie comunali
Nel 2003, la Corte Costituzionale dichiarava l’illegittimità di quella disposizione normativa che, per il caso di partecipazione a società di gestione di farmacie comunali, non aveva previsto la incompatibilità con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
La Consulta aveva osservato che la mancata estensione del divieto alla gestione delle farmacie comunali era del tutto irragionevole, soprattutto in considerazione del fatto che, da un lato sussiste una fondamentale esigenza di tutela dell’interesse generale alla salute e, dall’altra, una funzione chiaramente rivolta ad evitare situazioni di conflitto di interesse che possono insorgere dalla cointeressenza in attività, con pregiudizio per l’interesse pubblico posto a presidio del servizio.
La formulazione dell’art. 8 - intitolato alla gestione societaria e le incompatibilità, contenuto nella Legge recante le norme di riordino del settore farmaceutico [L. n. 362/1991] - indicativa e comprensiva delle varie incompatibilità concernenti i singoli farmacisti, segue una logica tale da rendere applicabile, anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata, le incompatibilità per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie.
Conseguentemente, allo stato attuale, tale divieto deve ritenersi operante anche per i soci delle società di gestione delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei parametri costituzionali di riferimento.
Anche alla luce di questo principio, il TAR – con sentenza confermata dal Consiglio di Stato - ha accolto il ricorso proposto avverso gli atti di gara aventi ad oggetto l’affidamento in gestione unica e per venti anni di due farmacie comunali di nuova istituzione.
Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net
Consiglio di Stato - Sez. V, Sent. n. 7336 del 06.10.2010
FATTO e DIRITTO
1 Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR Campania ha accolto il ricorso proposto da F. Napoli, Y..Na Srl e A. X. nei confronti del comune di Quarto avverso gli atti di gara aventi ad oggetto l'affidamento della gestione unica e pluriennale (venti anni) delle due farmacie comunali di nuova istituzione.
In particolare il TAR, nell'accogliere alcune censure delle parti ricorrenti, ha ritenuto rilevante il regime d'incompatibilità previsto dal citato art. 112, il quale esprime un principio di carattere generale in tema di gestione di farmacie private e non comunali, inteso ad evitare conflitti di interesse nonché a garantire il corretto svolgimento del servizio farmaceutico, di rilievo fondamentale per la tutela del diritto alla salute (oggi sancito dall'art. 32 della Costituzione), la cui validità ed osservanza risulta egualmente necessaria anche con riferimento alle società ed ai soci delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei criteri enunciati dalla Corte Costituzionale con la precitata sentenza n. 275 del 2003; che la ratio sottesa all'art. 112 R. D. n. 1265 del 1934 è a maggior ragione valida nell'attuale contesto storico economico, in cui gli interessi afferenti alla commercializzazione ed alla distribuzione dei farmaci hanno assunto dimensioni molto più ampie rispetto a quelle ipotizzate dal Legislatore del 1934; in applicazione dei principi rivenienti dagli artt. 3 e 32 della Costituzione, nonché di quelli sanciti dalla Corte Costituzionale con la menzionata sentenza n. 275/2003;
che s'impone, pertanto, un'interpretazione dell'art. 112 di natura evolutivo-sostanziale e costituzionalmente orientata, intesa a superare il limite meramente formalistico della norma assai risalente nel tempo.
Risulterebbe, invero, del tutto irragionevole un'interpretazione della norma in esame ancorata al mero dato formale, e, quindi, nel senso di escludere la figura del socio di società di gestione delle farmacie comunali dall'applicabilità del cosiddetto "divieto di cumulo" di più esercizi farmaceutici. Ha poi condiviso anche l'ulteriore profilo dell'illegittima esclusione di concorrenti che si trovassero in una situazione di collegamento di cui all'art. 2359 c.c.; in proposito l'art. 38, comma 1, del Decr. Legisl. n. 163/2006 contempla ora, a seguito del D.L. n. 135/2009 convertito in Legge n. 166/2009, una lett. m) quater che subordina l'esclusione solo all'accertamento che la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale.
2. Avverso detta sentenza ha proposto appello l'Amministrazione comunale, deducendo le seguenti doglianze:
- la sentenza del TAR è errata per aver ritenuto applicabile alla fattispecie l'art. 112 R. D. n. 1265 del 1934, che vieta il cumulo di due o più autorizzazioni all'esercizio della farmacia (rectius: titolarità) in una sola persona, trattandosi nel caso in esame solo di gestione di più farmacie;
- la sentenza del TAR non può essere condivisa neppure nella parte in cui ha considerato che il bando impugnato prevedesse un'ipotesi di esclusione automatica per i concorrenti che si trovassero in una situazione di collegamento ex art. 2359 c.c..
3. Si sono costituite in giudizio la parti ricorrenti originarie che hanno proposto appello incidentale contestando la sentenza del TAR nelle parti in cui non aveva accolto alcune delle censure proposte con riferimento ai requisiti di partecipazione (censura che peraltro non sarebbe stata esaminata dal Tar) ed al periodo di tempo concesso per la presentazione della domanda di partecipazione.
Le parti hanno presentato memoria conclusiva in vista dell'udienza di merito.
Il Comune ha fatto presente che la legge finanziaria della regione Campania per il 2010 aveva previsto (art. 1 comma 8°) la soppressione delle farmacie assegnate ai Comuni che alla data di entrata in vigore della legge stessa (gennaio 2010) non fossero state aperte.
Le parti resistenti hanno eccepito l'improcedibilità dell'appello per effetto della menzionata norma sopravvenuta e comunque hanno chiesto il rigetto dell'appello.
All'udienza del 2 luglio 2010, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4. Non può accogliersi l'eccezione sollevata dalle parti resistenti di improcedibilità dell'appello proposto dal Comune per effetto della sopravvenienza dell'art. 11,comma 8° L.R.Campania 21.1.2010 n. 2 (finanziaria regionale 2010), il quale avrebbe soppresso le farmacie comunali non ancora aperte alla data di entrata in vigore della legge stessa ( gennaio 2010).
Invero, le conseguenze di tale disposizione dipendono anche dall'esito del presente giudizio, per cui si tratta di aspetto che non può essere esaminato in questa sede ma semmai in sede di esecuzione del giudicato.
5. L'appello è infondato.
5.1. Va confermata la statuizione del TAR di illegittimità del bando di gara nella parte in cui ha previsto l'affidamento della gestione unica delle due farmacie comunali in gara.
5.1.1. Occorre premettere che il servizio farmaceutico, qualificato come pubblico servizio, viene espletato sia da soggetti pubblici (in ospedali e presidi sanitari) tra cui i Comuni (nelle farmacie comunali), sia da soggetti laureati in farmacia (nelle farmacie private). La legge prevede che ogni Comune debba avere una pianta organica delle farmacie, nella quale devono essere indicati il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse (art. 2 della legge 2.4.68 n. 475); sulla base della pianta organica si realizza l'affidamento delle farmacie ai privati cittadini iscritti all'albo professionale dei farmacisti (art. 4 della legge n. 362 del 1991) od ai Comuni (art. 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968).
Nell'ambito della pianta organica, che rappresenta, quindi, lo strumento di pianificazione territoriale del settore, ai Comuni è riconosciuto il diritto di prelazione sul 50% delle sedi farmaceutiche che si rendono vacanti o di nuova istituzione e delle quali essi possono assumere la titolarità per la gestione secondo le norme dei servizi pubblici locali (riportate in via generale nell'art. 22 della legge 8 giugno 1990 n. 142) e, in particolare, in economia, a mezzo di azienda speciale municipale, a mezzo di consorzi tra Comuni, ovvero mediante società di capitali costituite tra il Comune e i farmacisti dipendenti comunali (art. 9, comma 1, della Legge 2.4.68 n. 475, come modificato dall'art. 10 della Legge 8.11.91 n. 362).
5.1.2. In origine erano previste soltanto la costituzione delle aziende speciali e le gestioni in economia in base al R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578, mentre lo strumento delle società di capitali a prevalente capitale pubblico è stato introdotto soltanto con la Legge 8 giugno 1990 n. 142.
Ora Il d.lg. n. 267/2000 ha regolato l'intera materia delle forme giuridiche attraverso le quali vengono erogati i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio farmaceutico erogato attraverso le farmacie comunali) prevedendo anche la possibilità che tali servizi siano erogati attraverso società per azioni (V. la decisione della Sezione 8 maggio 2007 n. 2110).
5.1.3. Quanto alle farmacie private, l'art. 7 della Legge n. 362/1991 prevede che la titolarità dell'esercizio è riservata o a un farmacista titolare (della sede farmaceutica), ovvero a società di persone e a società cooperative che abbiano come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia e di cui siano soci farmacisti con determinati requisiti (iscritti all'albo e in possesso del requisito della idoneità in un concorso a sedi farmaceutiche); ciascuna società può essere titolare dell'esercizio di una sola farmacia e ciascun farmacista può partecipare a una sola di dette società. Il successivo art. 8 prevede poi che la partecipazione a dette società è incompatibile con qualsiasi attività svolta nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica dei farmaci, con la posizione di titolare di altra farmacia, con ogni rapporto di lavoro pubblico e privato.
Con sentenza 24 luglio 2003 n. 275, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a), della Legge n. 362/1991 per contrasto con gli artt. 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali è incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
La Corte Costituzionale ha in particolare osservato che la mancata estensione del suddetto divieto, posto a tutela dell'interesse generale alla salute, alla gestione delle farmacie comunali è del tutto irragionevole, specie ove si consideri che la sua funzione risulta essere palesemente rivolta ad evitare situazioni di conflitto di interesse (nei gestori di farmacie), che possano nascere dalla cointeressenza in attività, il cui intreccio possa risultare pregiudizievole per l'interesse pubblico che presiede all'intero servizio pubblico delle farmacie: situazioni queste, oggi ordinariamente ipotizzabili anche nel socio, non più necessariamente farmacista dipendente, dell'Ente Pubblico.
5.1.4. La formulazione del citato art. 8 L. n. 362/1991, indicativa e comprensiva delle varie incompatibilità concernenti i singoli farmacisti, ha chiaramente la "ratio" di rendere applicabile anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata le incompatibilità per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, già disseminate in numerose disposizioni di legge. Conseguentemente oggi tale divieto deve necessariamente ritenersi operante anche nei confronti dei soci delle società di gestione delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei parametri costituzionali di riferimento.
5.2. Una volta ritenuto illegittimo in parte qua il bando di gara, che perciò dovrà essere rinnovato, diventa irrilevante la 2° questione sollevata dall'Amministrazione comunale.
Invero si discute se l'effettivo contenuto di tale bando prevedesse o meno un'ipotesi di esclusione automatica per i concorrenti che si trovassero in una situazione di collegamento ex art. 2359 c.c. dovendosi comunque applicare in sede di rinnovazione la nuova disciplina di cui all'art. 3 D. L. 25 settembre 2009 n. 135 (convertito dalla L. 24 novembre 2009 n. 166) che subordina l'esclusione all'accertamento che la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad unico centro decisionale.
5.3. Le doglianze avanzate dalle parti resistenti con appello incidentale sono inammissibili.
I requisiti specifici di partecipazione prescritti dal bando di gara, che sul punto non è stato oggetto di specifica contestazione, sono stati ritenuti congrui dal TAR.
La lamentela sui tempi ristretti per partecipare alla gara non ha ragion d'essere dal momento che i ricorrenti hanno presentato regolare domanda di partecipazione e comunque si tratta di aspetto superato per effetto dell'annullamento del bando di gara.
6. Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Respinge l'appello indicato in epigrafe.
Condanna l'Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio del presente grado che vengono liquidate in euro 2.000,00 a favore di ciascuna delle tre parti resistenti per complessivi euro 6.000,00.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2010 con l'intervento dei Signori:
Stefano Baccarini, Presidente
Aniello Cerreto, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06.10.2010.