24.11.2004 free
CORTE di GIUSTIZIA - (Diritti acquisiti - Equipollenza del titolo di abilitazione ottenuto anteriormente al 1° gennaio 1995 con il diploma di formazione specifica in medicina generale)
Il punteggio aggiuntivo di 12 punti , riconosciuto ai medici in possesso dell'attestato di formazione in medicina generale, non si pone in contrasto con l'art 36 n. 2 della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE , intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli.
Con il laconico contenuto, individuato, in particolare, al punto 42 della sentenza resa il 18 Novembre 2004 , la Corte di Giustizia liquida un contenzioso che dura da svariati anni, sottolineando come nelle situazioni meramente interne, come quella legata alla identificazione del punteggio maggiorato, gli Stati membri possono determinare liberamente i diritti acquisiti.(www.dirittosanitario.net)
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
18 novembre 2004
«Libera circolazione dei medici – Direttive 86/457/CEE e 93/16/CEE – Riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli – Obbligo degli Stati membri di subordinare l'esercizio delle attività di medico di medicina generale nell'ambito del loro regime previdenziale nazionale al possesso di un diploma specifico – Diritti acquisiti – Equipollenza del titolo di abilitazione ottenuto anteriormente al 1° gennaio 1995 con il diploma di formazione specifica – Determinazione dell'elenco dei medici di medicina generale per la copertura dei posti disponibili in una regione in funzione dei titoli detenuti»
Nei procedimenti riuniti C-10/02 e C-11/02,aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con decisioni 10 ottobre 2001, pervenute in cancelleria il 15 gennaio 2002, nelle cause:
Anna Fascicolo e altri, Enzo De Benedictis e altri contro Grazia Berardi e altri, Lucia Vaira e altri
contro
Regione Puglia, Maria Paciolla, Assessorato alla Sanità e Servizi Sociali della Regione Puglia, Coordinatore del Settore Sanità, Azienda Unità Sanitaria Locale BR/1, Felicia Galietti e altri, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4, Madia Evangelina Magrì, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/1, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/3 (C-10/02),
e
Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4, Angelo Michele Cea, Scipione De Mola, Francesco d'Argento, Azienda Unità Sanitaria Locale FG/2, Antonella Battista e altri, Nicola Brunetti e altri, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/3, Azienda Unità Sanitaria Locale FG/3, Erasmo Fiorentino (C-11/02), Anna Fascicolo e altri, Enzo De Benedictis e altri contro Grazia Berardi e altri, Lucia Vaira e altri
contro
Regione Puglia, Maria Paciolla, Assessorato alla Sanità e Servizi Sociali della Regione Puglia, Coordinatore del Settore Sanità, Azienda Unità Sanitaria Locale BR/1, Felicia Galietti e altri, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4, Madia Evangelina Magrì, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/1, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/3 (C-10/02),
e
Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4, Angelo Michele Cea, Scipione De Mola, Francesco d'Argento, Azienda Unità Sanitaria Locale FG/2, Antonella Battista e altri, Nicola Brunetti e altri, Azienda Unità Sanitaria Locale BA/3, Azienda Unità Sanitaria Locale FG/3, Erasmo Fiorentino (C-11/02),
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Lenaerts, S. von Bahr e K. Schiemann (relatore), giudici, avvocato generale: sig.ra J. Kokott cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 25 marzo 2004, viste le osservazioni presentate: – per la sig.ra Fascicolo e a., dall'avv. G. Monacis; – per il sig. De Benedictis e a., dagli avv.ti A. Loiodice, I. Lagrotta e N. Grasso; – per la sig.ra Berardi e a., dall'avv. M. Langiulli; – per la sig.ra Vaira e a., dagli avv.ti L. D'Ambrosio e L. Ferrara; – per la Regione Puglia, dall'avv. A. Sisto; – per l'Azienda Unità Sanitaria Locale BA/1, dall'avv. D. Caruso; – per l'Azienda Unità Sanitaria Locale BA/3, dagli avv.ti G. D'Innella, V.A. Pappalepore e M. de Stasio; – per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. A. Aresu e dalla sig.ra M. Patakia, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell'avvocato generale all'udienza del 1° aprile 2004, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le due domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 36, n. 2, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli (GU L 165, pag. 1), come da ultimo modificata dalla direttiva della Commissione 21 maggio 1999, 1999/46/CE (GU L 139, pag. 25; in prosieguo: la «direttiva 93/16»), disposizione che ha sostituito l’art. 7, n. 2, della direttiva del Consiglio 15 settembre 1986, 86/457/CEE, relativa alla formazione specifica in medicina generale (GU L 267, pag. 26).
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di due serie di controversie che vedono contrapposti, in primo luogo, la sig.ra Berardi e a. e la sig.ra Vaira e a. all’Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4 e a. (C 11/02) e, in secondo luogo, la sig.ra Fascicolo e a. e il sig. Benedictis e a. alla Regione Puglia e a. (C 10/02), in merito alle decisioni adottate da diverse autorità amministrative di tale Regione, rispettivamente per gli anni 1998 e 1999, per quanto riguarda l’attribuzione nell’ambito del Servizio sanitario nazionale di posti di medici generici nelle zone carenti.
Ambito normativo La normativa comunitaria
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La direttiva 93/16 codifica diverse direttive relative alle qualificazioni dei medici, tra cui la direttiva 86/457. 4 Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/16, ogni Stato membro riconosce i diplomi, i certificati e gli altri titoli rilasciati ai cittadini degli Stati membri dagli altri Stati membri, conformemente all’art. 23 ed elencati all’art. 3 della stessa direttiva, attribuendo loro, sul proprio territorio, lo stesso effetto dei diplomi, certificati ed altri titoli da esso rilasciati per quanto concerne l’accesso alle attività di medico e il loro esercizio. 5 L’art. 9, n. 1, della direttiva 93/16 enuncia, come regola generale, che ogni Stato membro riconosce come prova sufficiente, per i cittadini degli Stati membri i cui diplomi, certificati ed altri titoli non rispondano all’insieme delle esigenze minime di formazione previste all’art. 23 della stessa direttiva, i diplomi, i certificati e gli altri titoli rilasciati da tali Stati membri quando sanciscono una formazione iniziata prima delle date menzionate sempre all’art. 9, n. 1, corredati da un attestato che certifichi che questi cittadini si sono effettivamente e lecitamente dedicati alle attività di cui si tratta per un periodo di almeno tre anni consecutivi nel corso dei cinque anni che precedono il rilascio dell’attestato.
6 L’art. 30 della direttiva 93/16 prevede che ogni Stato membro che dispensi nel suo territorio il ciclo completo di formazione da cui dipendono, in applicazione dell’art. 23 di tale direttiva, l’accesso alle attività di medico e l’esercizio delle stesse, debba istituire una formazione specifica in medicina generale che risponda almeno alle condizioni di cui agli artt. 31 e 32 della direttiva, in modo che i primi diplomi, certificati e altri titoli che la comprovano siano rilasciati al più tardi il 1° gennaio 1990.
7 L’art. 36, n. 1, primo comma, della direttiva 93/16, disposizione che ha sostituito l’art. 7, n. 1, della direttiva 86/457, riprendendo i termini di quest’ultimo prevede quanto segue: «A partire dal 1° gennaio 1995, gli Stati membri, fatte salve le disposizioni relative ai diritti acquisiti, subordinano l’esercizio delle attività di medico in qualità di medico generico nell’ambito dei loro regimi di sicurezza sociale al possesso di un diploma, certificato o altro titolo di cui all’articolo 30».
8 Dal canto suo, il n. 2 del detto art. 36, che ha sostituito l’art. 7, n. 2, della direttiva 86/457, riprendendo sostanzialmente i termini di quest’ultimo, enuncia quanto segue: «Ogni Stato membro determina i diritti acquisiti. Tuttavia esso deve considerare come acquisito il diritto di esercitare le attività di medico in qualità di medico generico nell’ambito del suo regime nazionale di sicurezza sociale senza il diploma, certificato o altro titolo di cui all’articolo 30 per tutti i medici che godano di tale diritto al 31 dicembre 1994 ai sensi degli articoli da 1 a 20 e, alla data menzionata, siano stabiliti nel suo territorio avendo beneficiato delle disposizioni dell’articolo 2 o dell’articolo 9, paragrafo 1».
La normativa nazionale
9 La direttiva 86/457 è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano mediante il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256 (GURI n. 191 del 16 agosto 1991; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 256/91»). L’art. 2, primo comma, di tale testo legislativo enuncia, come regola generale, che, a partire dal 1° gennaio 1995, il possesso dell’attestato di formazione in medicina generale costituisce il titolo necessario per l’esercizio dell’attività corrispondente nell’ambito del Servizio sanitario nazionale. 10 Tuttavia, ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo n. 256/91, il diritto di esercitare l’attività professionale in qualità di medico di medicina generale è riconosciuto altresì ai medici che, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, abbiano conseguito il diritto di esercitare, alla data del 31 dicembre 1994, l’attività professionale in qualità di medici di medicina generale, vale a dire l’abilitazione riconosciuta a titolo di equipollenza al detto attestato (in prosieguo: il «titolo equipollente»).
11 Nel territorio italiano l’esercizio della professione medica in qualità di medico di medicina generale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale è regolato, ai sensi dell’art. 8, n. 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (GURI n. 305 del 30 dicembre 1992), come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 (GURI n. 293 del 15 dicembre 1993), dagli accordi collettivi nazionali che danno luogo a un esame ogni tre anni. 12 L’accordo collettivo nazionale in vigore all’epoca dei fatti nella causa principale (in prosieguo: l’«accordo collettivo») è stato reso esecutivo dal decreto del presidente della Repubblica 22 luglio 1996, n. 484 (GURI n. 220 del 19 settembre 1996, pag. 1). Ai sensi di tale accordo:
– la procedura volta a coprire i posti vacanti inizia con la pubblicazione a livello regionale della graduatoria unica nella quale compaiono i medici, classificati in base a un sistema a punti calcolati in virtù dell’art. 3 dell’accordo stesso (art. 2 dell’accordo);
– ai fini della stesura delle graduatorie e della classificazione dei medici, si attribuiscono all’attestato di formazione in medicina generale, quale titolo accademico, 12 punti. Inoltre, come titolo di servizio, all’interessato sono accreditati 0,20 punti per ciascun mese di attività di medico di assistenza primaria convenzionato. Possono essere acquisiti punti supplementari in ragione di determinate attività particolari esercitate in qualità di medico di medicina generale (art. 3, n. 1, dell’accordo collettivo).
13 Per quanto riguarda l’assegnazione degli incarichi di assistenza primaria e di continuità assistenziale nelle zone carenti, l’accordo collettivo stabilisce altresì che: – le Aziende sanitarie locali riservano una percentuale variabile dal 20% al 40% di tali incarichi ai medici in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale di cui all’art. 2 del decreto legislativo n. 256/91 e una percentuale variabile dall’80% al 60% a favore dei medici in possesso del titolo equipollente (art. 3, n. 6, dell’accordo collettivo). In caso di mancato tempestivo rinnovo dell’accordo, si prevede che per l’anno successivo sia attribuita ad entrambe le categorie di medici una quota pari al 50% dei posti da coprire (norma finale n. 5 del detto accordo);
– l’elenco dei posti da coprire per Azienda è stabilito sommando i punti ottenuti dal candidato nella graduatoria regionale di cui all’art. 2 del decreto legislativo n. 256/91, i punti previsti in base al requisito della residenza nella regione e i punti risultanti dal fatto che il candidato abbia la residenza nell’ambito territoriale dichiarato carente (art. 20, n. 6, dell’accordo collettivo). 14 Con delibera del consiglio regionale 29 aprile 1998, n. 1245 (Bollettino Ufficiale Regione Puglia n. 46 del 15 maggio 1998), la Regione Puglia ha deciso che per l’anno 1998 il 40% dei posti destinati ad assicurare la copertura delle zone carenti e dei posti non assegnati sarebbero stati attribuiti ai medici titolari dell’attestato di formazione in medicina generale e il 60% dei posti sarebbero stati attribuiti ai medici in possesso del titolo equipollente. Per l’anno 1999 le percentuali di posti riservati ai medici delle due categorie sono state modificate, talché la percentuale dei posti attribuiti era del 50% per ciascuna di esse.
Le cause principali e le questioni pregiudiziali
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Le cause principali scaturiscono dal fatto che, per quanto riguarda i posti da coprire nelle zone carenti, determinati medici che, pur possedendo l’attestato di formazione specifica in medicina generale di cui all’art. 2 del decreto legislativo n. 256/91, avevano inoltre il diritto, al 31 dicembre 1994, di esercitare la professione medica nell’ambito del regime nazionale di sicurezza sociale hanno presentato domanda sia per i posti riservati ai medici in possesso del detto attestato sia per quelli spettanti ai medici in possesso del titolo equipollente. Gli stessi medici hanno peraltro cercato di ottenere i dodici punti accordati ai titolari del detto attestato anche quando concorrevano nell’ambito delle quote di posti riservate a coloro che erano in possesso del titolo menzionato.
16 In un primo tempo, la Regione Puglia ha deciso che i medici in possesso contemporaneamente dell’attestato di formazione specifica in medicina generale e del diritto di esercitare, al 31 dicembre 1994, la professione medica nell’ambito del regime nazionale di sicurezza sociale, pur potendo aspirare alle due quote, non erano legittimati, qualora avessero scelto di concorrere per la quota di posti riservati ai medici titolari del titolo equipollente, a far valere i dodici punti connessi al possesso di tale attestato. La Regione ha quindi ordinato alle sue Aziende sanitarie locali, in relazione alle procedure per l’anno 1998, di scomputare i dodici punti che erano stati precedentemente accordati ai detti medici. 17 Tali Aziende, agendo in conformità delle istruzioni della Regione Puglia, hanno conseguentemente rifiutato di concedere, nell’ambito delle quote riservate ai medici in possesso del titolo equipollente, ai candidati che detenevano entrambi i titoli di qualifica sopra citati i dodici punti spettanti ai titolari dell’attestato di formazione.
18 La sig.ra Berardi e a. e la sig.ra Vaira e a. hanno presentato ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia contro le decisioni di alcune delle dette Aziende, tra le quali figura l’Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4, sostenendo che tali decisioni erano illegittime in quanto adottate in violazione e a seguito di una falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 20 dell’accordo collettivo. 19 Il giudice del rinvio, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità della posizione assunta dalla Regione Puglia, in un primo tempo ha concluso che i medici in possesso di entrambi i titoli di qualifica erano legittimati a concorrere per tutti i posti riservati, pur non potendo ricevere i dodici punti attribuiti ai titolari dell’attestato di formazione qualora concorressero per i posti riservati ai titolari del titolo equipollente.
20 Senonché, nel frattempo, il Consiglio di Stato ha dichiarato, con decisione 15 marzo 2000, n. 1407 (in prosieguo: la «decisione del Consiglio di Stato»), su appello proposto nei confronti di una sentenza di un altro Tribunale amministrativo regionale, che i medici da individuare per l’assegnazione nelle zone carenti devono essere tratti da un’unica graduatoria regionale, benché sia previsto che per l’attribuzione di tali posti debbano essere riservate due distinte percentuali a favore, rispettivamente, dei medici titolari dell’attestato di formazione in medicina generale e dei medici in possesso del titolo equipollente, e che, inoltre, i medici della prima categoria che avevano altresì il diritto di esercitare, al 31 dicembre 1994, la professione di medico generico all’interno del Servizio sanitario nazionale possono concorrere per entrambe le categorie di posti, cosicché, secondo il Consiglio di Stato, in tal caso occorrerebbe attribuire loro per intero i dodici punti previsti dall’art. 3, n. 1, dell’accordo collettivo, non prevedendo la normativa vigente distinzioni tra i titoli sotto questo profilo.
21 Preso atto di tale decisione, la Regione Puglia si è risolta a modificare l’orientamento precedentemente seguito e a non rifiutarsi di prendere in considerazione i dodici punti attribuiti ai titolari dell’attestato di formazione in medicina generale per le procedure relative all’anno 1999. Le Aziende sanitarie della stessa Regione hanno pertanto adottato un nuovo metodo di ripartizione dei posti di medico nelle zone carenti. Tuttavia, la procedura relativa al 1998 è rimasta immutata. 22 Contro questa nuova posizione adottata dalla Regione Puglia e i provvedimenti presi di conseguenza dalle sue Aziende sanitarie locali, la sig.ra Fascicolo e a. e il sig. De Benedictis e a., medici in possesso del solo titolo equipollente, hanno parimenti presentato un ricorso dinanzi al giudice del rinvio. Essi fanno valere, in sostanza, che la partecipazione ad entrambe le quote di posti riservati da parte dei medici abilitati prima del 1° gennaio 1995 e titolari dell’attestato di formazione specifica in medicina generale, poiché costoro ricevono inoltre i punti previsti per l’ottenimento del detto attestato, vanifica qualsiasi possibilità di applicazione del principio di equipollenza sancito dalle direttive 86/457 e 93/16.
23 A proposito delle due serie di controversie ad esso sottoposte, il giudice del rinvio condivide la tesi del Consiglio di Stato secondo cui i medici titolari dell’attestato di formazione in medicina generale possono concorrere per tutti i posti riservati che devono essere coperti nelle zone carenti. Tuttavia, non ritiene di poter accogliere la posizione di quest’ultimo per quanto riguarda l’attribuzione dei dodici punti ai detti medici, nel momento in cui questi concorrono per la percentuale di posti riservata ai medici in possesso del titolo equipollente. Su quest’ultimo punto afferma che la decisione del Consiglio di Stato sembra trascurare il fatto che il legislatore comunitario, nelle direttive 86/457 e 93/16, ha ritenuto meritevole di tutela il diritto acquisito di esercitare l’attività di medico generico dei sanitari senza diploma, certificato o altro titolo in medicina generale che godono di tale diritto al 31 dicembre 1994, con ciò escludendo la possibilità di ravvisare una distinzione gerarchica tra queste due categorie di medici.
24 In tali circostanze il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti tre questioni pregiudiziali, formulate in termini identici in ciascuna delle due ordinanze di rinvio:
«1) Se, ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva 86/457/CEE e dell’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16/CEE, ai fini dell’esercizio dell’attività di medico di medicina generale, l’abilitazione conseguita entro il 31 dicembre 1994 sia da considerarsi equipollente al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale. 2) Se, ai sensi delle predette norme comunitarie, a fare tempo dal 1° gennaio 1995, il conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale consenta agli Stati membri di attribuire ai medici in possesso anche dell’abilitazione all’esercizio della professione conseguita entro il 31 dicembre 1994 un regime di favore, caratterizzato da una riserva di posti più ampia di quella riconosciuta rispettivamente ai possessori dell’uno o dell’altro titolo.
3) In ipotesi di risposta positiva al quesito precedente, se infine, tenendo conto della disciplina dei diritti acquisiti, la suesposta condizione consenta agli Stati membri di riconoscere ai suddetti medici un trattamento ulteriormente speciale con l’attribuzione in ogni caso di un punteggio aggiuntivo per il conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale».
25 Con ordinanza del presidente della Corte 12 febbraio 2002 le cause C 10/02 e C 11/02 sono state riunite ai fini della fase scritta, della fase orale e della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali Sulla prima questione
26 Mediante la prima questione il giudice del rinvio chiede se l’abilitazione ottenuta prima del 1° gennaio 1995 ai fini dell’esercizio dell’attività di medico di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale debba essere considerata, in virtù dell’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16, ai fini dell’esercizio di tale attività, equipollente al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale. 27 È pacifico che il possesso dell’uno o dell’altro titolo di cui al punto precedente è una condizione minima per l’esercizio dell’attività di medico di medicina generale. Orbene, dalle ordinanze di rinvio risulta che tale questione è volta a determinare, in sostanza, la compatibilità con il citato art. 36, n. 2, del sistema nazionale applicabile nella fattispecie per la copertura dei posti di medico nel Servizio sanitario nazionale, tenuto conto del fatto che, all’interno di tale sistema, i candidati titolari dell’attestato di formazione specifica in medicina generale e i candidati in possesso del solo titolo equipollente non hanno necessariamente le stesse possibilità di successo per quanto riguarda l’attribuzione dei posti in questione.
28 Si deve constatare anzitutto che gli artt. 30-41 della direttiva 93/16 sono volti ad armonizzare le condizioni minime di rilascio dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli che sanciscono la formazione specifica in medicina generale, al fine di facilitare la libera circolazione dei medici (‘considerando’ 20-23 di tale direttiva). In conformità di tale obiettivo, l’art. 36, n. 1, primo comma, della stessa impone che, fatti salvi i diritti acquisiti, l’esercizio delle attività di medico in qualità di medico generico nell’ambito del regime nazionale di sicurezza sociale sia subordinato al possesso di un diploma, di un certificato o di un altro titolo che attesti la detta formazione specifica. 29 È in tale contesto che l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 precisa che «[ogni] Stato membro determina i diritti acquisiti. Tuttavia esso deve considerare come acquisito il diritto di esercitare le attività di medico in qualità di medico generico nell’ambito del suo regime nazionale di sicurezza sociale (…) per tutti i medici che godano di tale diritto al 31 dicembre 1994 ai sensi degli articoli da 1 a 20 e, alla data menzionata, siano stabiliti nel suo territorio avendo beneficiato delle disposizioni dell’articolo 2 o dell’articolo 9, paragrafo 1».
30 Questa norma riconosce a ogni Stato membro il potere di determinare, a propria discrezione, i diritti acquisiti, potere soggetto a una sola condizione, vale a dire che ciascuno Stato membro riconosca il diritto acquisito dei medici i quali, pur non essendo in possesso di un attestato di formazione in medicina generale, fruivano anteriormente al 1° gennaio 1995 del riconoscimento in quello Stato membro dei diplomi, degli attestati o degli altri titoli rilasciati in un altro Stato membro e vi avevano ottenuto entro quella stessa data il diritto di esercitare l’attività di medico di medicina generale nell’ambito del regime previdenziale nazionale (v. sentenza 16 ottobre 1997, cause riunite da C 69/96 a C 79/96, Garofalo e a., Racc. pag. I 5603, punti 29 e 30).
31 Per poter rispondere alla prima questione occorre rilevare, in primo luogo, che, come risulta dal suo stesso tenore letterale, l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 non pretende che gli Stati membri accordino lo stesso valore ai diritti acquisiti e al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale. La condizione minima prevista da tale norma, che riguarda la categoria dei medici ai quali devono essere riconosciuti i diritti acquisiti, non cerca di precisare la portata della protezione che dev’essere accordata dallo Stato membro interessato a tali diritti. 32 In secondo luogo, tale condizione è volta ad evitare il verificarsi di situazioni in cui medici che si sono avvalsi della libertà di stabilimento sancita dalle direttive comunitarie e hanno acquisito, anteriormente al 1° gennaio 1995, il diritto di esercitare la propria attività di medico di medicina generale nell’ambito del regime previdenziale dello Stato membro ospitante vengano ad esserne privati per il fatto di non essere in possesso dei nuovi diplomi, attestati o altri titoli previsti dalla direttiva 93/16 (v. sentenza Garofalo e a., cit., punto 31).
33 È quindi sufficiente osservare che, benché tale condizione, in presenza di un simile elemento transfrontaliero, possa esigere che sia accordata una protezione più estesa ai diritti acquisiti, nella fattispecie, come è stato confermato in sede di udienza, le cause radicate dinanzi al giudice nazionale riguardano situazioni di ordine puramente interno. 34 Conseguentemente, si deve constatare che il solo fatto che, in ragione delle caratteristiche del regime nazionale applicabile per la copertura dei posti di medico nelle zone carenti, i titolari dell’attestato di formazione specifica in medicina generale, da un lato, e i possessori del solo titolo equipollente, dall’altro, non avessero, per quanto riguarda l’attribuzione di tali posti, le stesse possibilità di successo non viola l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16.
35 Stante quanto sopra, si deve risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 non impone agli Stati membri, per quanto riguarda l’accesso ai posti di medico di medicina generale, di considerare l’abilitazione ottenuta anteriormente al 1° gennaio 1995 per l’esercizio dell’attività di medico di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale equipollente al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale. Sulla seconda e sulla terza questione 36 Mediante la seconda e la terza questione, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 osti a che gli Stati membri attribuiscano ai medici contemporaneamente in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale e dell’abilitazione all’esercizio della professione di medico di medicina generale, conseguita entro il 31 dicembre 1994, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale:
– una riserva di posti più ampia di quella riconosciuta, rispettivamente, ai medici in possesso del detto attestato o ai medici abilitati, consentendo loro di concorrere allo stesso tempo per le due categorie di posti riservati; – un trattamento ancora più favorevole concedendo loro, nel caso in cui concorrano per la quota di posti riservati ai medici abilitati all’esercizio della professione entro il 31 dicembre 1994, il punteggio aggiuntivo attribuito per il conseguimento del detto attestato.
37 Secondo la sig.ra Berardi e a. e la sig.ra Vaira e a., l’obbligo previsto dall’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16, cioè quello di riconoscere il diritto all’esercizio dell’attività di medico di medicina generale ai medici originari di altri Stati membri, stabiliti nello Stato membro ospitante e abilitati prima del 1° gennaio 1995 come medici di medicina generale, non è messo in discussione dal sistema dei posti riservati.
38 Gli stessi ricorrenti sostengono inoltre che sarebbe lecito che a candidati «doppiamente qualificati» fosse offerta una riserva di posti più consistente. Tutto l’impegno profuso per il conseguimento di tale attestato giustificherebbe il fatto che ad esso sia attribuito un valore maggiore rispetto a un corrispondente periodo di pratica medica. Inoltre, qualora non fossero attribuiti i dodici punti supplementari previsti per tale conseguimento, i possessori dell’attestato sarebbero svantaggiati rispetto a coloro che, invece di acquisire la formazione di due anni richiesta, abbiano esercitato la professione medica e accumulato in tal modo punti aggiuntivi legati all’esperienza. 39 Nello stesso senso, la Commissione delle Comunità europee sostiene che, dato il potere discrezionale detenuto dagli Stati membri nella determinazione dei diritti acquisiti, non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 93/16 né le modalità di partecipazione dei medici in possesso della sola abilitazione professionale ottenuta prima del 1° gennaio 1995 ai concorsi pubblici per l’accesso al regime previdenziale di uno Stato membro, né le eventuali quote di riserva a loro favore, né, tanto meno, i punti attribuiti loro in occasione delle procedure di selezione.
40 Al contrario, il sig. De Benedictis e a. sostengono che, a partire dal 1° gennaio 1995, gli Stati membri non possono concedere ai medici in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale che abbiano altresì ottenuto entro il 31 dicembre 1994 l’abilitazione all’esercizio della professione come medici di medicina generale un regime di favore caratterizzato da una riserva di posti superiore rispetto a quella rispettivamente attribuita ai possessori dell’uno o dell’altro titolo. 41 Come già constatato al punto 30 della presente sentenza, il potere conferito agli Stati membri dall’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 di determinare i diritti acquisiti è soggetto a una sola condizione, che riguarda unicamente i medici che, avendo azionato il loro diritto alla libera circolazione, abbiano acquisito il diritto di esercitare la loro attività di medici di medicina generale nell’ambito del sistema previdenziale dello Stato membro ospitante. In conformità dell’obiettivo perseguito dal legislatore comunitario (v. punto 28 della presente sentenza), tale condizione, quindi, non può riguardare situazioni che non presentino elementi transfrontalieri.
42 Pertanto, in situazioni meramente interne come quelle di cui si tratta nelle cause principali, lo Stato membro ospitante resta libero di determinare la portata dei diritti acquisiti. 43 A questo proposito, è vero che – dal momento che la giustificazione nazionale per la fissazione, nel caso di specie, di due quote separate di posti, la prima per i titolari dell’attestato di formazione in medicina generale e la seconda per i possessori del titolo equipollente, si fonderebbe sul desiderio di tutelare i diritti acquisiti di quest’ultima categoria di medici – permettere a una categoria di medici di presentare domanda per entrambe le quote di posti allo stesso tempo avrebbe la conseguenza di diminuire la tutela accordata alla seconda categoria. Tuttavia, una siffatta normativa non può di per sé violare l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16, disposizione che nelle situazioni meramente interne lascia agli Stati membri la libera determinazione dei diritti acquisiti.
44 Inoltre, si deve precisare che neanche il fatto di concedere ai medici, quando concorrono per i posti riservati a coloro che erano abilitati al 31 dicembre 1994 ad esercitare l’attività di medico di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, i punti supplementari attribuiti in ragione del conseguimento dell’attestato di formazione in medicina generale viola l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16. 45 Stante quanto sopra, la seconda e la terza questione devono essere risolte dichiarando che l’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 non osta a che gli Stati membri concedano ai medici che sono contemporaneamente titolari dell’attestato di formazione in medicina generale e abilitati, al 31 dicembre 1994, all’esercizio dell’attività di medico di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale:
– una riserva di posti più ampia di quella riconosciuta, rispettivamente, ai medici in possesso del detto attestato o ai medici abilitati, consentendo loro di concorrere allo stesso tempo per le due categorie di posti riservati; – un trattamento ancora più favorevole concedendo loro, nel caso in cui concorrano per la quota di posti riservati ai medici abilitati all’esercizio della professione entro il 31 dicembre 1994, il punteggio aggiuntivo attribuito per il conseguimento del detto attestato.
Sulle spese
46 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, salvo quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’art. 36, n. 2, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/16/CEE, intesa ad agevolare la libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli, non impone agli Stati membri, per quanto riguarda l’accesso ai posti di medico di medicina generale, di considerare l’abilitazione ottenuta anteriormente al 1° gennaio 1995 per l’esercizio dell’attività di medico di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale equipollente al conseguimento dell’attestato di formazione specifica in medicina generale.
2) L’art. 36, n. 2, della direttiva 93/16 non osta a che gli Stati membri concedano ai medici che sono contemporaneamente titolari dell’attestato di formazione in medicina generale e abilitati, al 31 dicembre 1994, all’esercizio dell’attività di medico di medicina generale nell’ambito del Servizio sanitario nazionale:
– una riserva di posti più ampia di quella riconosciuta, rispettivamente, ai medici in possesso del detto attestato o ai medici abilitati, consentendo loro di concorrere allo stesso tempo per le due categorie di posti riservati;
– un trattamento ancora più favorevole concedendo loro, nel caso in cui concorrano per la quota di posti riservati ai medici abilitati all’esercizio della professione entro il 31 dicembre 1994, il punteggio aggiuntivo attribuito per il conseguimento del detto attestato.