*** free
CORTE di GIUSTIZIA – 06 Novembre 2003 (Imposta sul valore aggiunto -Trattamenti psicoterapeutici effettuati da psicologi laureati che non posseggono la qualifica di medico)
(Sentenza 6 novembre 2003 )
Nel procedimento C-45/01,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), nella causa dinanzi ad esso pendente tra Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie
e
Finanzamt Gießen, domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),
LA CORTE (Quinta Sezione), composta dal sig. D.A.O. Edward, facente funzioni di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. P. Jann, e A. Rosas (relatore), giudici, avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto viste le osservazioni scritte presentate: - per la Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie, dal sig. W. Küntzel, Rechtsanwalt; - per il governo tedesco, dal sig. W.-D. Plessing e dalla sig.ra B. Muttelsee-Schön, in qualità di agenti; - per il governo danese, dalla sig.ra J. Molde, in qualità di agente; - per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e K. Gross, in qualità di agenti, assistiti dal sig. A. Böhlke, Rechtsanwalt; vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali della Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie, del governo tedesco e della Commissione, all'udienza del 18 settembre 2002, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 dicembre 2002, ha pronunciato la seguente
Sentenza 1.
Con ordinanza 14 dicembre 2000, pervenuta in cancelleria il 2 febbraio 2001, il Bundesfinanzhof ha proposto a questa Corte, in applicazione dell'art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie (in prosieguo: la «Dornier») e il Finanzamt Gießen (in prosieguo: il «Finanzamt») in ordine all'assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») ad aliquota ridotta delle prestazioni relative a trattamenti psicoterapeutici effettuati dalla Dornier nel 1990, mentre, secondo il parere di quest'ultima, tali prestazioni avrebbero dovuto essere esentate dall'IVA.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3. L'art. 2, n. 1, della sesta direttiva assoggetta ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». 4. L'art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva dispone: «1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. 2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».
5. Ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), c) e g), della sesta direttiva: «Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: (...) b) l'ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti; c) le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati; (...) g) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l'assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato».
6. L'art. 13, parte A, n. 2, della sesta direttiva, dispone quanto segue: «a) Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n) all'osservanza di una o più delle seguenti condizioni: - gli enti di cui trattasi non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite; - essi devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione; - essi devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi approvati, ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per servizi analoghi da imprese commerciali soggette all'imposta sul valore aggiunto; - le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni di concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'imposta sul valore aggiunto. b) Sono escluse dal beneficio dell'esenzione prevista alle lettere b), g), h), i), l), m) e n) del paragrafo 1 le prestazioni di servizi e le forniture di beni che: - non siano indispensabili all'espletamento delle operazioni esentate; - siano essenzialmente destinate a procurare all'ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all'imposta sul valore aggiunto».
Normativa nazionale 7.
L'art. 4, punti 14 e 16, dell'Umsatzsteuergesetz 1980 (legge sull'imposta sulla cifra d'affari, in prosieguo: l'«UStG»), nella versione in vigore al momento dei fatti di cui alla causa principale, prevede quanto segue: «Tra le operazioni di cui all'art. 1, n. 1, punti 1-3, sono esentate: (...) 14. Le operazioni derivanti dall'esercizio della professione di medico, dentista, fisioterapista, chinesiterapista, ostetrico o qualsiasi altra attività medica analoga ai sensi dell'art. 18, n. 1, punto 1, dell'Einkommensteuergesetz (legge sull'imposta sul reddito) oppure dall'esercizio della professione di chimico clinico. Sono altresì esentate le altre prestazioni di associazioni i cui aderenti fanno parte delle categorie professionali citate alla prima frase, nei confronti dei loro aderenti, purché tali prestazioni siano utilizzate direttamente per l'esecuzione delle operazioni esentate in forza della prima frase.
(...) 16. le operazioni strettamente connesse alla gestione di ospedali, di cliniche specializzate in esami diagnostici e di altri centri di cure mediche, di diagnostica o di analisi cliniche, come, ad esempio, le case di riposo, le residenze per anziani e i ricoveri per malati, qualora a) tali istituti siano gestiti da persone giuridiche di diritto pubblico, ovvero (...) c) nel caso di cliniche specializzate in esami diagnostici e di altri centri di cure mediche, di diagnostica o di analisi cliniche, le prestazioni vengano effettuate sotto controllo medico e almeno il 40% delle prestazioni dell'anno precedente siano state dispensate alle persone di cui al punto 15, lett. b) (...)».
8. All'art. 4, punto 15, lett. b), dell'UStG, vengono menzionati i seguenti soggetti: «Assicurati, beneficiari di sussidi sociali o (...) titolari di pensione di vecchiaia». 9. Secondo la sentenza del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale) 10 novembre 1999, l'art. 3, n. 1, del Grundgesetz (Costituzione) vieta di basarsi unicamente sulla forma giuridica per decidere se vada o meno applicata l'esenzione dall'imposta sulla cifra d'affari prevista per le attività mediche. Pertanto, l'esenzione per le attività degli appartenenti alle categorie professionali indicate all'art. 4, punto 14, prima frase, dell'UStG, non è limitata alla persona che esercita tale professione, ma di essa possono beneficiare anche le società di persone o di capitali.
Causa principale e questioni pregiudiziali 10.
La Dornier è una fondazione di diritto privato riconosciuta di pubblica utilità, con sede in Marburg (Germania). In base a quanto si desume dall'ordinanza di rinvio, la sua attività è diretta a promuovere la psicologia clinica. Essa intende contribuire a migliorare i metodi terapeutici mediante una ricerca di base e applicata nel settore della psicologia clinica. A tal fine, la Dornier gestisce un ambulatorio nel quale psicologi laureati, suoi dipendenti, sottopongono i pazienti a trattamenti psicoterapeutici. 11. Gli psicologi laureati alle dipendenze della Dornier nel 1990 non erano medici. Essi erano però in possesso di un'autorizzazione ad esercitare in base all'Heilpraktikergesetz (legge relativa ai fisioterapisti: in prosieguo: «Heilpraktiker») ed erano specializzati in psicoterapia. 12.
Nel corso del 1990, più del 40% delle prestazioni erogate dalla Dornier andò a beneficio di persone iscritte al regime di previdenza sociale obbligatoria, a persone beneficiarie di sussidi sociali ovvero a persone aventi diritto a pensione di vecchiaia. Inoltre, le funzioni di dirigente e di membri del comitato esecutivo erano svolte da psicoterapisti abilitati ad esercitare in quanto «Heilpraktiker». 13. Il Finanzamt ha stabilito l'IVA dovuta a titolo delle prestazioni erogate dalla Dornier nel 1990 applicando l'aliquota ridotta di cui all'art. 12, n. 2, punto 8, dell'UStG, ritenendo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Dornier, che tali operazioni non fossero esenti ai sensi dell'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG. 14. La Dornier ha proposto ricorso contro l'avviso di accertamento relativo all'anno 1990 dinanzi all'Hessisches Finanzgericht, Kassel (Germania), sostenendo la tesi secondo cui la fattispecie di esenzione qui controversa, in base all'interpretazione conforme alla Costituzione tedesca ed alle direttive comunitarie, andava applicata non solo alle «prestazioni effettuate sotto il controllo medico», bensì anche a quelle erogate da istituti che dispensano cure psicoterapeutiche, gestiti, anziché da medici, da psicologi laureati muniti di specializzazione paramedica in psicoterapia ed abilitati ad esercitare in quanto «Heilpraktiker». Il diniego dell'esenzione avrebbe causato una disparità di trattamento, non giustificata da alcuna ragione obiettiva, rispetto al trattamento riservato ad analoghe prestazioni, eseguite sotto il controllo di un medico.
15. L'Hessisches Finanzgericht ha espresso l'orientamento secondo cui l'applicazione praeter litteram dell'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG non risulterebbe imposta né dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, né da considerazioni di ordine costituzionale. Pertanto, esso ha respinto il ricorso presentatogli con la motivazione che la Dornier non aveva eseguito le prestazioni di cui a tale disposizione sotto il controllo di un medico. 16. Di conseguenza, la Dornier ha presentato un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof, il quale ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le quattro seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se nelle operazioni strettamente connesse all'ospedalizzazione ed alle cure mediche, di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva 77/388/CEE, rientrino anche trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali, effettuati da una fondazione (ente di pubblica utilità) avvalendosi di psicologici laureati propri dipendenti, in possesso dell'autorizzazione in base all'Heilpraktikergesetz, ma non autorizzati all'esercizio della professione di medico. 2) Se lo status di altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti, di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva 77/388/CEE, presupponga un procedimento formale di riconoscimento, ovvero se il riconoscimento possa risultare implicitamente anche da altre disposizioni (ad esempio, dalle disposizioni relative all'accollo dei costi da parte degli enti previdenziali), che si applicano, in modo uniforme, sia agli istituti ospedalieri, sia ai centri medici, sia ad altri istituti.
Se l'esenzione fiscale venga meno qualora gli enti previdenziali non rimborsino, ovvero rimborsino solo parzialmente, ai pazienti le spese da essi sostenute per i trattamenti psicoterapeutici effettuati dai detti dipendenti della ricorrente. 3) Se, attesa la neutralità dell'imposta sul valore aggiunto, i trattamenti psicoterapeutici effettuati dalla ricorrente siano esenti da imposta in quanto gli psicoterapisti alle sue dipendenze, ove avessero agito come lavoratori autonomi soggetti passivi d'imposta, avrebbero potuto eseguire gli stessi trattamenti in esenzione d'imposta, ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE. 4) Se la ricorrente possa invocare l'esenzione dei trattamenti psicoterapeutici in base all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 77/388/CEE».
Sulle questioni pregiudiziali 17.
Occorre innanzi tutto constatare che la terza questione sottoposta, vertente sull'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, è sostanzialmente identica ad una questione su cui la Corte si è già pronunciata. La soluzione di tale questione è rilevante ai fini dell'esame della prima questione, vertente sull'interpretazione dello stesso numero, lett. b). Pertanto, occorre risolvere in primo luogo la terza questione. Sulla terza questione
18. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se ai trattamenti psicoterapeutici erogati dalla Dornier possa applicarsi l'esenzione dall'IVA di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, alla luce, da una parte, del principio di neutralità relativo al sistema comune di IVA e, dall'altra, del fatto che agli stessi trattamenti avrebbe potuto essere applicata la detta esenzione se essi fossero stati eseguiti da psicoterapisti alle dipendenze della Dornier che non avessero agito in tale qualità, bensì come lavoratori autonomi soggetti passivi d'imposta. 19. Come emerge sia dalla formulazione di tale questione sia dalle osservazioni presentate a tale riguardo alla Corte, non viene contestato che se i trattamenti psicoterapeutici fossero stati eseguiti da psicoterapisti in qualità di lavoratori autonomi, a tali prestazioni avrebbe potuto essere applicata l'esenzione prevista dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. Pertanto, la terza questione è diretta, in sostanza, a chiarire se la forma giuridica del soggetto passivo che ha erogato le prestazioni in questione, nel caso di specie una fondazione di diritto privato, osti all'applicazione di tale esenzione. 20. A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva non dipende dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche o paramediche ivi menzionate (sentenza 10 settembre 2002, causa C-141/00, Kügler, Racc. pag. I-6833). 21. Di conseguenza, dato che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva non dipende dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche o paramediche ivi menzionate, la terza questione va risolta nel senso che a trattamenti psicoterapeutici erogati da una fondazione di diritto privato per mezzo di psicoterapisti impiegati da quest'ultima può essere applicata la detta esenzione. Sulla prima questione
22. Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'esenzione dall'IVA prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva si applichi a trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati propri dipendenti, in possesso dell'autorizzazione ad effettuare tali trattamenti, ma non autorizzati all'esercitare in qualità di medici. 23. Dalla soluzione data alla terza questione risulta che a trattamenti psicoterapeutici forniti alle condizioni di cui alla causa principale può essere applicata l'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. Dato che, alla luce degli elementi contenuti nell'ordinanza di rinvio, risulta che i trattamenti di cui alla causa principale sono stati forniti ai destinatari negli ambulatori di una fondazione di diritto privato, non sarebbe necessario valutare se tali trattamenti soddisfino anche le condizioni per beneficiare dell'esenzione dall'IVA ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b). 24. Tuttavia, non si può escludere in maniera assoluta che l'interpretazione dei termini in cui è redatta quest'ultima disposizione possa presentare interesse per la soluzione della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio. Occorre quindi pronunciarsi sull'interpretazione l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. 25. Dalla formulazione della prima questione emerge che il giudice del rinvio vuole sapere se tali trattamenti rientrino nella definizione di operazioni (...) strettamente connesse all'ospedalizzazione ed alle cure mediche. 26. Chiedendo alla Corte se trattamenti psicoterapeutici eseguiti come descritto al punto precedente costituiscano operazioni strettamente connesse all'ospedalizzazione ed alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, il giudice del rinvio sembra non prendere in considerazione l'eventualità che i detti trattamenti possano rappresentare «cure mediche» ai sensi di tale disposizione. Tuttavia, secondo la Dornier e la Commissione, occorre accogliere un'interpretazione estensiva della nozione di «cure mediche» che potrebbe quindi essere applicata a trattamenti psicoterapeutici eseguiti da persone che non posseggono la qualifica di medico. Pertanto, per risolvere la prima questione, occorre, come fatto nelle conclusioni dell'Avvocato generale, esaminare non solo la nozione «operazioni (...) strettamente connesse» all'ordinanza o alle cure mediche, ma anche quella di «cure mediche», entrambe figuranti all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
27. Bisogna infatti riconoscere che, anche se i detti trattamenti psicoterapeutici non costituissero operazioni strettamente connesse ad una ospedalizzazione o a cure fornite da medici, essi potrebbero comunque, come suggerito dalla Dornier e dalla Commissione, rientrare nella nozione di «cure mediche» ai sensi della detta disposizione. Sulla nozione di «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche - Osservazioni presentate alla Corte 28. Il governo tedesco ritiene che i trattamenti psicoterapeutici di cui alla causa principale non costituiscano «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Secondo tale governo, operazioni di questo genere devono presentare un nesso con un'ospedalizzazione o con cure mediche, e quindi devono o completare tali cure, o costituirne il presupposto necessario. Esso osserva che l'attività della Dornier è in sé completa e che i detti trattamenti non presentano alcun nesso con ulteriori cure.
29. Il governo danese sostiene che un trattamento può essere esentato in forza dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva solo se, preso singolarmente, esso debba essere considerato alla stregua di un'ospedalizzazione o di cure mediche propriamente dette, o se sussista una relazione sufficientemente diretta tra il trattamento e l'ospedalizzazione o le cure mediche. 30. A parere di tale governo, in mancanza del requisito del nesso sufficientemente stretto tra i trattamenti eseguiti da chi esercita una professione paramedica e le cure mediche propriamente dette, sorgerebbe il rischio che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva si estenda a trattamenti che rientrano nello stesso numero, lett. c). Ora, la scelta dei trattamenti paramedici da esentare spetta agli Stati membri in applicazione dell'autorizzazione istituita dalla detta disposizione, lett. c), e non potrebbe essere rimessa in discussione mediante l'interpretazione della lett. b) di tale disposizione. 31. Qualora la Corte ritenesse che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva vada interpretato nel senso che l'esenzione ivi prevista possa anche estendersi ai trattamenti suscettibili di esenzione da parte degli Stati membri in forza dello stesso numero, lett. c), il governo danese sostiene che sarebbe necessario individuare precisamente i termini di tale sovrapposizione. 32. La Commissione ritiene che i trattamenti psicoterapeutici non costituiscano «operazioni (...) strettamente connesse» a cure mediche, ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Al punto 27 della sentenza 11 gennaio 2001, causa C-76/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-249), la Corte avrebbe evidenziato che tale nozione equivale al rapporto tra una prestazione accessoria ed una prestazione principale. Secondo la Commissione, le prestazioni fornite dagli psicoterapisti sono prestazioni indipendenti, che non costituiscono il mezzo per fruire alle migliori condizioni di un servizio principale (sentenza 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP, Racc. pag. I-973, punto 30). I trattamenti in parola sarebbero connessi a prestazioni mediche solo per il fatto che il rimborso delle relative spese da parte delle casse malattia o degli enti di assistenza sociale è subordinato al previo parere di un medico in merito alla necessità del trattamento. Tuttavia, la Commissione osserva che il Bundesfinanzhof ha precisato come il medico non intervenga nell'ambito del trattamento propriamente detto.
- Risposta della Corte 33.
Come dichiarato dalla Corte al punto 22 della citata sentenza Commissione/Francia, l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non contiene alcuna definizione della nozione di operazioni «strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche. Tuttavia, dalla formulazione stessa di tale disposizione, emerge che essa non riguarda prestazioni che non presentano alcun nesso con l'ospedalizzazione dei destinatari di tali prestazioni né con le cure mediche cui questi ultimi siano eventualmente sottoposti. 34. Nel caso di specie è pacifico che i trattamenti psicoterapeutici eseguiti negli ambulatori della Dornier da psicologi laureati costituiscono generalmente prestazioni fornite ai destinatari fini a sé stesse, e non il mezzo utilizzato da questi ultimi per fruire, alle migliori condizioni, di altre prestazioni. Poiché tali trattamenti non presentano carattere accessorio rispetto ad una ospedalizzazione o a cure mediche, essi non costituiscono «operazioni (...) strettamente connesse» alle prestazioni esentate in forza dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. 35. Di conseguenza, occorre considerare che i trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati che non hanno la qualifica di medici rientrano nella nozione di «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o a cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva solo quando tali trattamenti sono effettivamente eseguiti come prestazioni accessorie all'ospedalizzazione dei destinatari o a cure mediche cui questi ultimi sono stati sottoposti e che costituiscono la prestazione principale. Sulla nozione di «cure mediche»
- Osservazioni presentate alla Corte
36. La Dornier sostiene che i trattamenti psicoterapeutici che essa fornisce nei propri ambulatori mediante psicologi laureati costituiscono «cure mediche» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Essa rileva che le cure prestate da psicoterapisti consistono nel diagnosticare, curare e guarire malattie o problemi psichici. Pertanto, si tratterebbe di prestazioni mediche ai sensi della sentenza 14 settembre 2000, causa C-384/98, D. (Racc. pag. I-6795, punti 17 e 18) relative alla salute delle persone. 37. La Dornier è dell'avviso che la definizione di «cure mediche» data dalla Corte richieda che si accerti e si valuti il contenuto sostanziale della prestazione, vale a dire la duratura idoneità a fornire prestazioni mediche, e non l'abilitazione formale del prestatore alla professione di medico o ad una professione giuridicamente equiparata a quella di medico dal punto di vista della normativa applicabile in materia di professionisti. Essa precisa che tale equiparazione non esisteva per gli psicoterapisti a causa di lacune che, nel 1990, erano presenti nella legislazione applicabile in materia di professionisti. 38. Secondo la Dornier, le condizioni per l'applicazione dell'esenzione dall'IVA di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non richiedono che la prestazione medica venga eseguita da una determinata categoria di persone, cioè da quelle autorizzate ad esercitare l'attività medica conformemente alle norme dell'Ordine federale dei medici. Essa ritiene che, se così fosse, si sarebbe optato per una formulazione quale «cure eseguite da medici». L'analisi delle varie versioni linguistiche della sesta direttiva confermerebbe che i termini «cure mediche» si riferiscono ad una nozione materiale connessa ad un'attività. La Dornier ne deduce che l'esecuzione dell'attività da parte di un medico, o sotto la sorveglianza di un medico, non può costituire un criterio per l'applicazione dell'esenzione. Al contrario, per la sua applicazione sarebbe sufficiente che si trattasse di cure prestate da un soggetto che esercita una professione nel settore medico, autorizzato ad esercitare e la cui qualifica, come nel caso degli psicologi laureati di cui alla causa principale, è equiparabile a quella di medico. 39. La Commissione ritiene che la nozione di «cure mediche» vada intesa in senso lato e che essa non sia circoscritta alle attività mediche propriamente dette. A suo avviso, le disposizioni dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c) riguardano in modo uniforme cure alla persona nel senso di «prestazioni mediche relative alla salute delle persone», conformemente alla definizione data dalla Corte ai punti 17 e 18 della citata sentenza D.. Le prestazioni di cui alla detta disposizione, lett. b) e c), si distinguerebbero non tanto per la loro natura, quanto per le modalità della loro erogazione. Così, le prestazioni di cui al n. 1, lett. b) sarebbero prestazioni che comprendono un complesso di cure mediche, effettuate normalmente senza scopo di lucro, in istituti che perseguono scopi sociali come la tutela della salute umana, mentre le prestazioni di cui alla lett. c) sarebbero quelle effettuate al di fuori degli istituti ospedalieri e nell'ambito di un rapporto di fiducia tra il paziente ed il prestatore delle cure, prestate normalmente nello studio professionale di quest'ultimo. A tal riguardo, essa richiama la sentenza 23 febbraio 1988, causa 353/85, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. 817, punti 32 e 33). 40. Inoltre, secondo la Commissione, l'applicabilità della nozione di «cure mediche» ai trattamenti psicoterapeutici di cui alla causa principale è conforme alla finalità dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, in quanto essa «è intesa a garantire che il beneficio di cure mediche ed ospedaliere non divenga inaccessibile a causa dell'aumento del costo di tali cure nel caso in cui le medesime, ovvero le operazioni ad esse strettamente connesse, venissero assoggettate all'IVA» (sentenza Commissione/Francia, già citata, punto 23). Tali trattamenti sarebbero di regola diretti alla cura di una malattia o di altro disturbo e dovrebbero pertanto essere considerati prestazioni mediche. 41. Il governo tedesco sostiene che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva riguarda solo le «cure mediche» in senso stretto. Esso rileva che tale disposizione, contrariamente a quanto previsto al n. 1, lett. c), non utilizza il termine generico «cure» e non prevede distinzioni tra «mediche» e «paramediche».
- Risposta della Corte 42.
Secondo la giurisprudenza della Corte, le esenzioni di cui all'art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretate restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l'IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (v., in particolare, sentenze 5 giugno 1997, causa C-2/95, SDC, Racc. pag. I-3017, punto 20, e Kügler, citata, punto 28). Tuttavia, l'interpretazione dei termini di tale disposizione deve essere conforme agli obiettivi perseguiti dalle dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di IVA. 43. A tale riguardo, dalla giurisprudenza risulta che sia l'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, sia quella di cui allo stesso numero, lett. c), ha l'obiettivo di ridurre i costi delle cure mediche e di rendere tali cure più accessibili ai cittadini (v. citate sentenze Commissione/Francia, punto 23, e Kügler, punto 29). 44. Inoltre, occorre ricordare che il principio di neutralità fiscale osta in particolare a che operatori che effettuano le stesse operazioni subiscano un trattamento differenziato in materia di riscossione dell'IVA (sentenza Kügler, citata, punto 30). 45. Come risulta dalla soluzione data dalla Corte alla terza questione, l'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva si applica ai trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati quando tali prestazioni vengono fornite al di fuori degli organismi di diritto pubblico e degli altri istituti di cui allo stesso numero, lett. b). 46. Quanto alla questione se trattamenti psicoterapeutici forniti da psicologi laureati in ambito ospedaliero rientrino nella nozione di «cure mediche» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, occorre innanzi tutto constatare che solo alcune versioni linguistiche della direttiva, tra cui quelle tedesca e francese, sembrano effettuare una distinzione tra la natura delle prestazioni esentate in forza di tale disposizione e quella delle prestazioni esentate in virtù dello stesso numero, lett. c). 47. Inoltre, come giustamente osservato dall'avvocato generale ai punti 44-46 delle conclusioni, il criterio in base al quale va delimitata la sfera di applicazione delle due esenzioni previste all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), non è tanto la natura della prestazione, quanto, piuttosto, il luogo della sua erogazione. La Corte, infatti, ha dichiarato che, in forza dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), devono essere esonerate le prestazioni che comprendono un complesso di cure mediche presso enti che perseguono scopi sociali, come la tutela della salute umana, mentre il medesimo numero, lett. c), riguarda l'esenzione delle prestazioni effettuate al di fuori degli istituti ospedalieri e nell'ambito di un rapporto di fiducia tra il paziente ed il prestatore delle cure (sentenza Commissione/Regno Unito, citata punto 33). Se è vero che la Corte, in tale sentenza, è giunta alla conclusione che l'esenzione di cessioni di beni effettuate in occasione delle prestazioni mediche di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), non possa essere giustificata dallo stesso numero, lett. b), tale interpretazione deriva tuttavia dal fatto che quest'ultima disposizione riguarda istituti debitamente riconosciuti che perseguono scopi sociali, e prevede espressamente l'esenzione delle operazioni strettamente connesse alle cure mediche, il che non si verifica per l'art. 13, parte A, n. 1, lett. c). 48. Occorre inoltre considerare che, alla luce dell'obiettivo della riduzione del costo delle cure mediche, la nozione di «cure mediche» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), non richiede un'interpretazione particolarmente restrittiva (v. in tal senso, sentenza Commissione/Francia, citata, punto 23). Le prestazioni che rientrano in tale nozione, come quelle comprese nella nozione di «prestazioni mediche» richiamata allo stesso numero, lett. c), devono però avere lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o problemi di salute (citate sentenze D., punto 18, e Kügler, punto 38). Ora, non viene contestato che i trattamenti eseguiti da psicologi laureati, in ambito ospedaliero, soddisfino la condizione di presentare finalità terapeutiche.
49. Occorre infine constatare che tale interpretazione della nozione di «cure mediche» contenuta nell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), rispetta il principio di neutralità fiscale, dato che le prestazioni paramediche, come i trattamenti forniti dagli psicologi laureati, sono esenti da IVA indipendentemente dal luogo in cui sono effettuate. 50. Dalle considerazioni che precedono risulta che i termini «cure mediche» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che in essi rientra il complesso delle prestazioni mediche considerate allo stesso numero, lett. c), e in particolare le prestazioni fornite da persone che non hanno la qualifica di medico ma effettuano prestazioni paramediche come i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati. 51. Pertanto, la prima questione va risolta dichiarando che i trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati che non hanno la qualifica di medico non costituiscono «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, a meno che tali trattamenti siano effettivamente eseguiti come prestazioni accessorie all'ospedalizzazione dei destinatari o a cure mediche cui questi ultimi sono stati sottoposti e che costituiscono la prestazione principale. Per contro, i termini «cure mediche» di cui a tale disposizione devono essere interpretati nel senso che in essi rientra il complesso delle prestazioni mediche considerate allo stesso numero, lett. c), e in particolare le prestazioni fornite da persone che non hanno la qualifica di medico ma effettuano prestazioni paramediche come i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati. Sulla seconda questione
52. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, da una parte, se l'espressione «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti», di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva presupponga un procedimento formale di riconoscimento del servizio di ambulatorio di una fondazione di diritto privato, ovvero se il riconoscimento di tale istituto possa risultare, ad esempio, anche dal fatto che il costo dei trattamenti da esso erogati è preso a carico dagli enti previdenziali secondo le disposizioni che si applicano, allo stesso modo, agli istituti ospedalieri, ai centri medici, nonché ad altri istituti e, dall'altra, se il fatto che gli enti previdenziali non rimborsino, ovvero rimborsino solo parzialmente, ai destinatari dei detti trattamenti le spese da essi sostenute, giustifichi l'inapplicabilità dell'esenzione. Osservazioni presentate alla Corte
53. La Dornier sostiene che il suo servizio di ambulatorio, che è un centro medico e diagnostico di cure psicoterapeutiche, costituisce un istituto della stessa natura degli organismi di diritto pubblico, degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. La questione se tale servizio sia «debitamente riconosciuto» ai sensi di tale disposizione deve, secondo la Dornier, essere risolta in base al diritto nazionale. A tale riguardo, quest'ultima rileva che in Germania la legge non richiede, per un tale servizio, un'autorizzazione allo svolgimento dell'attività, né alcun specifico controllo sull'istituto. Nel caso di specie, solo gli psicologi che vi lavorano sono, in conformità all'Heilpraktikergesetz, soggetti al controllo del servizio igiene e sanità pubblica della città di Marburg. 54. La Dornier osserva, inoltre, che i costi delle prestazioni fornite nel suo ambulatorio sono stati rimborsati ai pazienti dalle casse malattia del regime obbligatorio di assicurazione e dalle casse malattia private allo stesso modo delle spese sostenute per le corrispondenti prestazioni fornite da medici in ambito psicoterapeutico. Il fatto che il rimborso delle fatture della Dornier è ridotto sarebbe dovuto al «numero limitato di punti» attribuito alle cure terapeutiche, e una tale riduzione sarebbe applicabile anche alle prestazioni fornite da medici convenzionati con le casse. La Dornier constata che, in via generale, vi è certo stato il riconoscimento del suo ambulatorio come prestatore nell'ambito del regime obbligatorio di assicurazione malattia. 55. La Dornier conclude che il suo ambulatorio, che non necessita di autorizzazione allo svolgimento della propria attività senza e che fornisce prestazioni relative a cure psicoterapeutiche identiche a quelle effettuate da medici, con un livello di rimborso equiparabile, costituisce un «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. 56. Secondo il governo tedesco, non è necessario risolvere la seconda questione poiché i trattamenti psicoterapeutici di cui alla causa principale non costituiscono né un'«ospedalizzazione», né «cure mediche» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Tuttavia, in subordine, esso osserva che il diritto comunitario non fornisce alcuna indicazione in merito alla procedura per il riconoscimento, lasciando invece un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri quanto agli istituti del settore della salute pubblica che possono essere riconosciuti. Tale intenzione del legislatore comunitario emergerebbe chiaramente dai lavori preparatori del Consiglio delle Comunità europee relativi alla sesta direttiva che si sono svolti nel 1974 e nel 1975. Essa sarebbe altresì espressa a più riprese nel dettato dell'art. 13, parte A, n. 1, di tale direttiva. 57. Il governo tedesco ritiene che, in senso stretto, tale riconoscimento richieda un atto giuridico, ma aggiunge che tale atto non è identificato in modo preciso. Il riconoscimento, quindi, non dovrebbe essere necessariamente operato in via legislativa nell'ambito di una legge nazionale di recepimento della sesta direttiva. Tale riconoscimento potrebbe anche essere la conseguenza di una circostanza esterna al diritto fiscale, come il rimborso delle spese relative alle prestazioni fornite dall'istituto, circostanza richiamata dal giudice del rinvio. Tuttavia, secondo tale governo, sarebbe necessario che nella normativa nazionale relativa all'IVA venisse considerato un criterio di natura non fiscale. In caso contrario, tale normativa non sarebbe sufficientemente precisa da costituire un atto di recepimento.
58. Il detto governo osserva che, in Germania, l'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG fissa le condizioni per il riconoscimento ai fini dell'IVA. In virtù di tale disposizione, solo gli istituti che forniscono prestazioni sotto controllo medico e che nell'anno precedente hanno erogato almeno il 40% delle loro prestazioni a favore di persone beneficiarie di sussidi sociali o di titolari di pensione di vecchiaia possono essere considerati «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Sarebbe pertanto chiaro che, in tale Stato membro, il riconoscimento di un istituto per ragioni connesse alla presa a carico delle spese da parte dell'ente previdenziale non determinerebbe un riconoscimento ai fini dell'IVA. 59. Inoltre, il governo tedesco ritiene che debba essere la normativa nazionale a determinare se l'esenzione non vada applicata quando gli enti previdenziali non rimborsano, o rimborsano solo parzialmente, le spese sostenute dai pazienti per i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati che non hanno la qualifica di medici. 60. Il governo danese sostiene che il riferimento agli «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, non richiede un procedimento formale di riconoscimento. Tale riconoscimento potrebbe derivare anche da altre circostanze, ad esempio dal fatto che i trattamenti in questione diano diritto a rimborso secondo il regime obbligatorio di assicurazione malattia. 61. La Commissione osserva che la sesta direttiva non prevede alcun procedimento formale di riconoscimento. Spetterebbe pertanto al legislatore nazionale precisare la forma di tale riconoscimento, il quale potrebbe anche risultare dal verificarsi di condizioni estranee al diritto fiscale, purché relative ad operazioni che generano un fatturato. Ciò si verificherebbe con riferimento alle condizioni di rimborso delle prestazioni mediche da parte delle casse malattia e di altri enti previdenziali. Spetterebbe al giudice del rinvio valutare se tali condizioni siano soddisfatte nel caso di specie.
62. Tuttavia, la Commissione ritiene che dall'esistenza di un rimborso parziale delle cure in esame non possa risultare un riconoscimento parziale degli istituti. Essa evidenzia che una prestazione uniforme è, se del caso, imponibile o esonerata nella sua interezza. Una normativa che ammettesse il riconoscimento parziale degli istituti basandosi sul livello di rimborso delle prestazioni erogate, non sarebbe né chiara né prevedibile. Pertanto, una normativa del genere non sarebbe per nulla idonea a garantire la corretta e semplice applicazione dell'esenzione fiscale. 63. Secondo la Commissione, i prezzi praticati, e quindi il costo delle cure eseguite dagli istituti in questione, costituirebbero ulteriori fattori da considerare ai fini del riconoscimento di questi ultimi. Essa ricorda che l'art. 13, parte A, n. 2, lett. a), della sesta direttiva autorizza gli Stati membri a subordinare la concessione dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) all'osservanza, da parte degli enti diversi da quelli di diritto pubblico, di determinate condizioni, quali il fatto di praticare prezzi relativamente bassi e di non essere alla ricerca sistematica del profitto. La Commissione aggiunge che tutte le esenzioni elencate al detto art. 13 A sono dirette a ridurre i costi di determinate attività di interesse generale. Risposta della Corte
64. Quanto alla nozione di «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti», occorre constatare che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non precisa le condizioni e le modalità di tale riconoscimento. Spetta quindi, in via di principio, al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali gli istituiti che lo richiedono possono ottenere tale riconoscimento. 65. L'adozione di disposizioni nazionali in materia è peraltro prevista all'art. 13, parte A, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, in virtù del quale: «[g]li Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettera b), (...) all'osservanza di una (...) delle (...) condizioni» menzionate nel prosieguo di tale disposizione. 66. Tuttavia, poiché il detto art. 13, parte A, n. 2, lett. a), non obbliga gli Stati membri ad adottare tali provvedimenti, il fatto che uno Stato membro non abbia esercitato tale facoltà non incide sulla possibilità di riconoscere un ente ai fini della concessione delle esenzioni ivi menzionate. 67. Va inoltre affermato che nessuna disposizione della sesta direttiva richiede che il riconoscimento venga concesso in seguito ad un procedimento formale, né che esso sia espressamente previsto da disposizioni nazionali in materia fiscale. 68. Secondo il governo tedesco, l'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG stabilisce le disposizioni nazionali relative al riconoscimento di un ente ai fini dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Ne consegue che una fondazione di diritto privato può beneficiare della detta esenzione se essa soddisfa le condizioni stabilite dal diritto nazionale, in particolare quella relativa al fatto che tali prestazioni debbano essere fornite sotto controllo medico. 69. In tale ottica, occorre ricordare che, per quanto riguarda l'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, la Corte ha precisato che quando un soggetto passivo chiede di ottenere la qualifica di organismo a carattere sociale, spetta ai giudici nazionali valutare se le competenti autorità abbiano rispettato i limiti del potere discrezionale riconosciuto da tale disposizione applicando i principi comunitari, in particolare il principio di parità di trattamento (citata sentenza Kügler, punto 56).
70. A tale riguardo, dalla risposta data dalla Corte alla prima questione emerge che la condizione secondo cui le prestazioni devono essere fornite sotto controllo medico, mirando ad escludere dal beneficio dell'esenzione le prestazioni fornite sotto la sola responsabilità di professionisti paramedici, va oltre i limiti del potere discrezionale attribuito agli Stati membri dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) della sesta direttiva. La nozione di «cure mediche» contenuta in tale disposizione, infatti, comprende non solo le prestazioni fornite direttamente da medici o da altri professionisti del settore sanitario sotto controllo medico, ma anche le prestazioni paramediche fornite in ambito ospedaliero sotto la sola responsabilità di persone che non posseggono la qualifica di medici. 71. Pertanto, ai fini dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, uno Stato membro non può legittimamente subordinare il riconoscimento degli enti alla condizione che le prestazioni paramediche effettuate da questi ultimi debbano essere fornite sotto controllo medico. 72. Ai punti 57 e 58 della citata sentenza Kügler, la Corte ha aggiunto che, per determinare gli organismi che devono essere riconosciuti come aventi carattere sociale ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, le autorità nazionali, in conformità al diritto comunitario e sotto il controllo dei giudici nazionali, devono tener conto di vari elementi, tra i quali occorre menzionare il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un simile riconoscimento, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali. 73. Come ha giustamente osservato l'avvocato generale al punto 55 delle conclusioni, tali indicazioni valgono anche per l'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, per quanto riguarda il riconoscimento degli enti cui si riferisce tale disposizione. 74. Nella causa principale, spetta quindi al giudice del rinvio decidere, alla luce del complesso di tali elementi, se il diniego di riconoscimento della Dornier ai fini dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, dia luogo o meno alla violazione del principio della parità di trattamento rispetto ad altri operatori che effettuano le stesse prestazioni in situazioni equiparabili. 75. In tale prospettiva, occorre prendere in considerazione il fatto che gli enti previdenziali non rimborsano, ovvero rimborsano solo parzialmente, le spese sostenute dai destinatari dei trattamenti psicoterapeutici. Se, sotto questo profilo, la situazione della Dornier è equiparabile a quella di altri operatori che effettuano gli stessi trattamenti, la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l'assoggettamento all'IVA. 76. Occorre pertanto risolvere la seconda questione dichiarando che il riconoscimento di un ente ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non presuppone un procedimento formale di riconoscimento e non deve necessariamente risultare da disposizioni nazionali in materia fiscale. Quando le norme nazionali sul riconoscimento contengono limitazioni che vanno oltre i limiti del potere discrezionale attribuito agli Stati membri da tale disposizione, spetta al giudice nazionale decidere, tenuto conto del complesso degli elementi pertinenti, se un soggetto passivo debba comunque essere considerato alla stregua di «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]» ai sensi di tale disposizione. Sulla quarta questione
77. Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede se, in situazioni come quelle di cui alla causa principale, un soggetto passivo possa far valere le disposizioni contenute nell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva dinanzi ad un giudice nazionale per ottenere l'esenzione delle prestazioni che egli ha effettuato. 78. In proposito, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza (v., in particolare, sentenze 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53, punto 25; 25 maggio 1993, causa C-193/91, Mohsche, Racc. pag. I-2615, punto 17; 26 settembre 2000, causa C-134/99, IGI, Racc. pag. I-7717, punto 36, e Kügler, citata, punto 51), in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere richiamate, in mancanza di provvedimenti d'attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero in quanto atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato. 79. Inoltre, benché l'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva disponga che gli Stati membri applicano le esenzioni ivi previste «alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle [dette] esenzioni (...) e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso», uno Stato membro non può opporre ad un contribuente in grado di provare che la propria situazione fiscale rientra effettivamente in una delle categorie di esenzione definite dalla sesta direttiva la mancata adozione delle disposizioni destinate, per l'appunto, ad agevolare l'applicazione di questa stessa esenzione (citata sentenza Kügler, punto 52). 80. Quanto al contenuto delle disposizioni dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), e c) della sesta direttiva, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostiene il governo tedesco, tali disposizioni indicano, in maniera sufficientemente precisa e incondizionata, le attività che beneficiano dell'esenzione [v., per analogia, quanto all'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, la citata sentenza Kügler, punto 53]. 81. Il fatto che tali disposizioni concedano agli Stati membri il potere discrezionale di individuare, da una parte, gli enti che non sono di «diritto pubblico» ma possono beneficiare dell'esenzione prevista al detto art. 13, parte A, n. 1, lett. b), nonché, dall'altra, le professioni paramediche che possono usufruire dell'esenzione prevista allo stesso numero, lett. c), non impedisce ai privati che, in base a criteri oggettivi, effettuano le prestazioni di interesse pubblico cui si riferiscono le dette esenzioni, di avvalersi direttamente delle norme della sesta direttiva avverso ogni disposizione nazionale non conforme a quest'ultima. 82. Nel caso di specie, dalla soluzione fornita alla seconda questione emerge che le disposizioni nazionali afferenti al riconoscimento di un ente ai fini della concessione dell'esenzione prevista al detto art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, contengono una limitazione incompatibile con i termini di tale disposizione. Il soggetto passivo può quindi avvalersi direttamente, dinanzi al giudice nazionale, dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva per opporsi all'applicazione della norma di diritto interno che impone che le prestazioni siano effettuate sotto controllo medico. Tuttavia, dalla soluzione della seconda questione risulta anche che, per l'ottenimento della qualifica di «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]», e quindi per il godimento dell'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, è necessario che il giudice nazionale accerti, alla luce del complesso degli elementi pertinenti, e in particolare delle circostanze di fatto della causa principale, se il soggetto passivo presenta le condizioni per l'applicazione della detta esenzione.
83. Quanto all'esenzione prevista dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, dalla soluzione data alla terza questione si desume che tale esenzione si applica ai trattamenti psicoterapeutici eseguiti da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicoterapisti dipendenti di quest'ultima. Pertanto, la detta disposizione può essere fatta valere da un soggetto passivo avverso disposizioni legislative o prassi amministrative nazionali che subordinino l'esenzione alla condizione che il prestatore rivesta una determinata forma giuridica. 84. La quarta questione va quindi risolta dichiarando che, in situazioni come quelle di cui alla causa principale, l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva può essere fatto valere da un soggetto passivo dinanzi ad un giudice nazionale per opporsi all'applicazione di una normativa di diritto interno incompatibile con tale disposizione. Sulle spese
85. Le spese sostenute dai governi tedesco e danese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Per questi motivi,
LA CORTE (Quinta Sezione)
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesfinanzhof con ordinanza 14 dicembre 2000, dichiara:
1) I trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati che non hanno la qualifica di medico non costituiscono «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, a meno che tali trattamenti siano effettivamente eseguiti come prestazioni accessorie all'ospedalizzazione dei destinatari o a cure mediche cui questi ultimi sono stati sottoposti e che costituiscono la prestazione principale. Per contro, i termini «cure mediche» di cui a tale disposizione devono essere interpretati nel senso che in essi rientra il complesso delle prestazioni mediche considerate allo stesso numero, lett. c), e in particolare le prestazioni fornite da persone che non hanno la qualifica di medico ma effettuano prestazioni paramediche come i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati.
2) Il riconoscimento di un ente ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388 non presuppone un procedimento formale di riconoscimento e non deve necessariamente risultare da disposizioni nazionali in materia fiscale. Quando le norme nazionali sul riconoscimento contengono limitazioni che vanno oltre i limiti del potere discrezionale attribuito agli Stati membri da tale disposizione, spetta al giudice nazionale decidere, tenuto conto del complesso degli elementi pertinenti, se un soggetto passivo debba comunque essere considerato alla stregua di «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]» ai sensi di tale disposizione.
3) Dato che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva 77/388 non dipende dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche o paramediche ivi menzionate, a trattamenti psicoterapeutici erogati da una fondazione di diritto privato per mezzo di psicoterapisti impiegati da quest'ultima può essere applicata la detta esenzione.
4) In situazioni come quelle di cui alla causa principale, l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva 77/388 può essere fatto valere da un soggetto passivo dinanzi ad un giudice nazionale per opporsi all'applicazione di una normativa di diritto interno incompatibile con tale disposizione.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 novembre 2003.
Nel procedimento C-45/01,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), nella causa dinanzi ad esso pendente tra Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie
e
Finanzamt Gießen, domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),
LA CORTE (Quinta Sezione), composta dal sig. D.A.O. Edward, facente funzioni di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. P. Jann, e A. Rosas (relatore), giudici, avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto viste le osservazioni scritte presentate: - per la Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie, dal sig. W. Küntzel, Rechtsanwalt; - per il governo tedesco, dal sig. W.-D. Plessing e dalla sig.ra B. Muttelsee-Schön, in qualità di agenti; - per il governo danese, dalla sig.ra J. Molde, in qualità di agente; - per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa e K. Gross, in qualità di agenti, assistiti dal sig. A. Böhlke, Rechtsanwalt; vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali della Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie, del governo tedesco e della Commissione, all'udienza del 18 settembre 2002, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 dicembre 2002, ha pronunciato la seguente
Sentenza 1.
Con ordinanza 14 dicembre 2000, pervenuta in cancelleria il 2 febbraio 2001, il Bundesfinanzhof ha proposto a questa Corte, in applicazione dell'art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Christoph-Dornier-Stiftung für Klinische Psychologie (in prosieguo: la «Dornier») e il Finanzamt Gießen (in prosieguo: il «Finanzamt») in ordine all'assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») ad aliquota ridotta delle prestazioni relative a trattamenti psicoterapeutici effettuati dalla Dornier nel 1990, mentre, secondo il parere di quest'ultima, tali prestazioni avrebbero dovuto essere esentate dall'IVA.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3. L'art. 2, n. 1, della sesta direttiva assoggetta ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». 4. L'art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva dispone: «1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. 2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».
5. Ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), c) e g), della sesta direttiva: «Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: (...) b) l'ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti; c) le prestazioni mediche effettuate nell'esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati; (...) g) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l'assistenza sociale e la sicurezza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da organismi di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti come aventi carattere sociale dallo Stato membro interessato».
6. L'art. 13, parte A, n. 2, della sesta direttiva, dispone quanto segue: «a) Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n) all'osservanza di una o più delle seguenti condizioni: - gli enti di cui trattasi non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite; - essi devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione; - essi devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi approvati, ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per servizi analoghi da imprese commerciali soggette all'imposta sul valore aggiunto; - le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni di concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'imposta sul valore aggiunto. b) Sono escluse dal beneficio dell'esenzione prevista alle lettere b), g), h), i), l), m) e n) del paragrafo 1 le prestazioni di servizi e le forniture di beni che: - non siano indispensabili all'espletamento delle operazioni esentate; - siano essenzialmente destinate a procurare all'ente entrate supplementari mediante la realizzazione di operazioni effettuate in concorrenza diretta con le imprese commerciali sottoposte all'imposta sul valore aggiunto».
Normativa nazionale 7.
L'art. 4, punti 14 e 16, dell'Umsatzsteuergesetz 1980 (legge sull'imposta sulla cifra d'affari, in prosieguo: l'«UStG»), nella versione in vigore al momento dei fatti di cui alla causa principale, prevede quanto segue: «Tra le operazioni di cui all'art. 1, n. 1, punti 1-3, sono esentate: (...) 14. Le operazioni derivanti dall'esercizio della professione di medico, dentista, fisioterapista, chinesiterapista, ostetrico o qualsiasi altra attività medica analoga ai sensi dell'art. 18, n. 1, punto 1, dell'Einkommensteuergesetz (legge sull'imposta sul reddito) oppure dall'esercizio della professione di chimico clinico. Sono altresì esentate le altre prestazioni di associazioni i cui aderenti fanno parte delle categorie professionali citate alla prima frase, nei confronti dei loro aderenti, purché tali prestazioni siano utilizzate direttamente per l'esecuzione delle operazioni esentate in forza della prima frase.
(...) 16. le operazioni strettamente connesse alla gestione di ospedali, di cliniche specializzate in esami diagnostici e di altri centri di cure mediche, di diagnostica o di analisi cliniche, come, ad esempio, le case di riposo, le residenze per anziani e i ricoveri per malati, qualora a) tali istituti siano gestiti da persone giuridiche di diritto pubblico, ovvero (...) c) nel caso di cliniche specializzate in esami diagnostici e di altri centri di cure mediche, di diagnostica o di analisi cliniche, le prestazioni vengano effettuate sotto controllo medico e almeno il 40% delle prestazioni dell'anno precedente siano state dispensate alle persone di cui al punto 15, lett. b) (...)».
8. All'art. 4, punto 15, lett. b), dell'UStG, vengono menzionati i seguenti soggetti: «Assicurati, beneficiari di sussidi sociali o (...) titolari di pensione di vecchiaia». 9. Secondo la sentenza del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale) 10 novembre 1999, l'art. 3, n. 1, del Grundgesetz (Costituzione) vieta di basarsi unicamente sulla forma giuridica per decidere se vada o meno applicata l'esenzione dall'imposta sulla cifra d'affari prevista per le attività mediche. Pertanto, l'esenzione per le attività degli appartenenti alle categorie professionali indicate all'art. 4, punto 14, prima frase, dell'UStG, non è limitata alla persona che esercita tale professione, ma di essa possono beneficiare anche le società di persone o di capitali.
Causa principale e questioni pregiudiziali 10.
La Dornier è una fondazione di diritto privato riconosciuta di pubblica utilità, con sede in Marburg (Germania). In base a quanto si desume dall'ordinanza di rinvio, la sua attività è diretta a promuovere la psicologia clinica. Essa intende contribuire a migliorare i metodi terapeutici mediante una ricerca di base e applicata nel settore della psicologia clinica. A tal fine, la Dornier gestisce un ambulatorio nel quale psicologi laureati, suoi dipendenti, sottopongono i pazienti a trattamenti psicoterapeutici. 11. Gli psicologi laureati alle dipendenze della Dornier nel 1990 non erano medici. Essi erano però in possesso di un'autorizzazione ad esercitare in base all'Heilpraktikergesetz (legge relativa ai fisioterapisti: in prosieguo: «Heilpraktiker») ed erano specializzati in psicoterapia. 12.
Nel corso del 1990, più del 40% delle prestazioni erogate dalla Dornier andò a beneficio di persone iscritte al regime di previdenza sociale obbligatoria, a persone beneficiarie di sussidi sociali ovvero a persone aventi diritto a pensione di vecchiaia. Inoltre, le funzioni di dirigente e di membri del comitato esecutivo erano svolte da psicoterapisti abilitati ad esercitare in quanto «Heilpraktiker». 13. Il Finanzamt ha stabilito l'IVA dovuta a titolo delle prestazioni erogate dalla Dornier nel 1990 applicando l'aliquota ridotta di cui all'art. 12, n. 2, punto 8, dell'UStG, ritenendo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Dornier, che tali operazioni non fossero esenti ai sensi dell'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG. 14. La Dornier ha proposto ricorso contro l'avviso di accertamento relativo all'anno 1990 dinanzi all'Hessisches Finanzgericht, Kassel (Germania), sostenendo la tesi secondo cui la fattispecie di esenzione qui controversa, in base all'interpretazione conforme alla Costituzione tedesca ed alle direttive comunitarie, andava applicata non solo alle «prestazioni effettuate sotto il controllo medico», bensì anche a quelle erogate da istituti che dispensano cure psicoterapeutiche, gestiti, anziché da medici, da psicologi laureati muniti di specializzazione paramedica in psicoterapia ed abilitati ad esercitare in quanto «Heilpraktiker». Il diniego dell'esenzione avrebbe causato una disparità di trattamento, non giustificata da alcuna ragione obiettiva, rispetto al trattamento riservato ad analoghe prestazioni, eseguite sotto il controllo di un medico.
15. L'Hessisches Finanzgericht ha espresso l'orientamento secondo cui l'applicazione praeter litteram dell'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG non risulterebbe imposta né dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, né da considerazioni di ordine costituzionale. Pertanto, esso ha respinto il ricorso presentatogli con la motivazione che la Dornier non aveva eseguito le prestazioni di cui a tale disposizione sotto il controllo di un medico. 16. Di conseguenza, la Dornier ha presentato un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof, il quale ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le quattro seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se nelle operazioni strettamente connesse all'ospedalizzazione ed alle cure mediche, di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva 77/388/CEE, rientrino anche trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali, effettuati da una fondazione (ente di pubblica utilità) avvalendosi di psicologici laureati propri dipendenti, in possesso dell'autorizzazione in base all'Heilpraktikergesetz, ma non autorizzati all'esercizio della professione di medico. 2) Se lo status di altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti, di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva 77/388/CEE, presupponga un procedimento formale di riconoscimento, ovvero se il riconoscimento possa risultare implicitamente anche da altre disposizioni (ad esempio, dalle disposizioni relative all'accollo dei costi da parte degli enti previdenziali), che si applicano, in modo uniforme, sia agli istituti ospedalieri, sia ai centri medici, sia ad altri istituti.
Se l'esenzione fiscale venga meno qualora gli enti previdenziali non rimborsino, ovvero rimborsino solo parzialmente, ai pazienti le spese da essi sostenute per i trattamenti psicoterapeutici effettuati dai detti dipendenti della ricorrente. 3) Se, attesa la neutralità dell'imposta sul valore aggiunto, i trattamenti psicoterapeutici effettuati dalla ricorrente siano esenti da imposta in quanto gli psicoterapisti alle sue dipendenze, ove avessero agito come lavoratori autonomi soggetti passivi d'imposta, avrebbero potuto eseguire gli stessi trattamenti in esenzione d'imposta, ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della direttiva 77/388/CEE. 4) Se la ricorrente possa invocare l'esenzione dei trattamenti psicoterapeutici in base all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 77/388/CEE».
Sulle questioni pregiudiziali 17.
Occorre innanzi tutto constatare che la terza questione sottoposta, vertente sull'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, è sostanzialmente identica ad una questione su cui la Corte si è già pronunciata. La soluzione di tale questione è rilevante ai fini dell'esame della prima questione, vertente sull'interpretazione dello stesso numero, lett. b). Pertanto, occorre risolvere in primo luogo la terza questione. Sulla terza questione
18. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se ai trattamenti psicoterapeutici erogati dalla Dornier possa applicarsi l'esenzione dall'IVA di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, alla luce, da una parte, del principio di neutralità relativo al sistema comune di IVA e, dall'altra, del fatto che agli stessi trattamenti avrebbe potuto essere applicata la detta esenzione se essi fossero stati eseguiti da psicoterapisti alle dipendenze della Dornier che non avessero agito in tale qualità, bensì come lavoratori autonomi soggetti passivi d'imposta. 19. Come emerge sia dalla formulazione di tale questione sia dalle osservazioni presentate a tale riguardo alla Corte, non viene contestato che se i trattamenti psicoterapeutici fossero stati eseguiti da psicoterapisti in qualità di lavoratori autonomi, a tali prestazioni avrebbe potuto essere applicata l'esenzione prevista dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. Pertanto, la terza questione è diretta, in sostanza, a chiarire se la forma giuridica del soggetto passivo che ha erogato le prestazioni in questione, nel caso di specie una fondazione di diritto privato, osti all'applicazione di tale esenzione. 20. A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva non dipende dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche o paramediche ivi menzionate (sentenza 10 settembre 2002, causa C-141/00, Kügler, Racc. pag. I-6833). 21. Di conseguenza, dato che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva non dipende dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche o paramediche ivi menzionate, la terza questione va risolta nel senso che a trattamenti psicoterapeutici erogati da una fondazione di diritto privato per mezzo di psicoterapisti impiegati da quest'ultima può essere applicata la detta esenzione. Sulla prima questione
22. Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'esenzione dall'IVA prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva si applichi a trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati propri dipendenti, in possesso dell'autorizzazione ad effettuare tali trattamenti, ma non autorizzati all'esercitare in qualità di medici. 23. Dalla soluzione data alla terza questione risulta che a trattamenti psicoterapeutici forniti alle condizioni di cui alla causa principale può essere applicata l'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva. Dato che, alla luce degli elementi contenuti nell'ordinanza di rinvio, risulta che i trattamenti di cui alla causa principale sono stati forniti ai destinatari negli ambulatori di una fondazione di diritto privato, non sarebbe necessario valutare se tali trattamenti soddisfino anche le condizioni per beneficiare dell'esenzione dall'IVA ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b). 24. Tuttavia, non si può escludere in maniera assoluta che l'interpretazione dei termini in cui è redatta quest'ultima disposizione possa presentare interesse per la soluzione della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio. Occorre quindi pronunciarsi sull'interpretazione l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. 25. Dalla formulazione della prima questione emerge che il giudice del rinvio vuole sapere se tali trattamenti rientrino nella definizione di operazioni (...) strettamente connesse all'ospedalizzazione ed alle cure mediche. 26. Chiedendo alla Corte se trattamenti psicoterapeutici eseguiti come descritto al punto precedente costituiscano operazioni strettamente connesse all'ospedalizzazione ed alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, il giudice del rinvio sembra non prendere in considerazione l'eventualità che i detti trattamenti possano rappresentare «cure mediche» ai sensi di tale disposizione. Tuttavia, secondo la Dornier e la Commissione, occorre accogliere un'interpretazione estensiva della nozione di «cure mediche» che potrebbe quindi essere applicata a trattamenti psicoterapeutici eseguiti da persone che non posseggono la qualifica di medico. Pertanto, per risolvere la prima questione, occorre, come fatto nelle conclusioni dell'Avvocato generale, esaminare non solo la nozione «operazioni (...) strettamente connesse» all'ordinanza o alle cure mediche, ma anche quella di «cure mediche», entrambe figuranti all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva.
27. Bisogna infatti riconoscere che, anche se i detti trattamenti psicoterapeutici non costituissero operazioni strettamente connesse ad una ospedalizzazione o a cure fornite da medici, essi potrebbero comunque, come suggerito dalla Dornier e dalla Commissione, rientrare nella nozione di «cure mediche» ai sensi della detta disposizione. Sulla nozione di «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche - Osservazioni presentate alla Corte 28. Il governo tedesco ritiene che i trattamenti psicoterapeutici di cui alla causa principale non costituiscano «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Secondo tale governo, operazioni di questo genere devono presentare un nesso con un'ospedalizzazione o con cure mediche, e quindi devono o completare tali cure, o costituirne il presupposto necessario. Esso osserva che l'attività della Dornier è in sé completa e che i detti trattamenti non presentano alcun nesso con ulteriori cure.
29. Il governo danese sostiene che un trattamento può essere esentato in forza dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva solo se, preso singolarmente, esso debba essere considerato alla stregua di un'ospedalizzazione o di cure mediche propriamente dette, o se sussista una relazione sufficientemente diretta tra il trattamento e l'ospedalizzazione o le cure mediche. 30. A parere di tale governo, in mancanza del requisito del nesso sufficientemente stretto tra i trattamenti eseguiti da chi esercita una professione paramedica e le cure mediche propriamente dette, sorgerebbe il rischio che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva si estenda a trattamenti che rientrano nello stesso numero, lett. c). Ora, la scelta dei trattamenti paramedici da esentare spetta agli Stati membri in applicazione dell'autorizzazione istituita dalla detta disposizione, lett. c), e non potrebbe essere rimessa in discussione mediante l'interpretazione della lett. b) di tale disposizione. 31. Qualora la Corte ritenesse che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva vada interpretato nel senso che l'esenzione ivi prevista possa anche estendersi ai trattamenti suscettibili di esenzione da parte degli Stati membri in forza dello stesso numero, lett. c), il governo danese sostiene che sarebbe necessario individuare precisamente i termini di tale sovrapposizione. 32. La Commissione ritiene che i trattamenti psicoterapeutici non costituiscano «operazioni (...) strettamente connesse» a cure mediche, ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Al punto 27 della sentenza 11 gennaio 2001, causa C-76/99, Commissione/Francia (Racc. pag. I-249), la Corte avrebbe evidenziato che tale nozione equivale al rapporto tra una prestazione accessoria ed una prestazione principale. Secondo la Commissione, le prestazioni fornite dagli psicoterapisti sono prestazioni indipendenti, che non costituiscono il mezzo per fruire alle migliori condizioni di un servizio principale (sentenza 25 febbraio 1999, causa C-349/96, CPP, Racc. pag. I-973, punto 30). I trattamenti in parola sarebbero connessi a prestazioni mediche solo per il fatto che il rimborso delle relative spese da parte delle casse malattia o degli enti di assistenza sociale è subordinato al previo parere di un medico in merito alla necessità del trattamento. Tuttavia, la Commissione osserva che il Bundesfinanzhof ha precisato come il medico non intervenga nell'ambito del trattamento propriamente detto.
- Risposta della Corte 33.
Come dichiarato dalla Corte al punto 22 della citata sentenza Commissione/Francia, l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non contiene alcuna definizione della nozione di operazioni «strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche. Tuttavia, dalla formulazione stessa di tale disposizione, emerge che essa non riguarda prestazioni che non presentano alcun nesso con l'ospedalizzazione dei destinatari di tali prestazioni né con le cure mediche cui questi ultimi siano eventualmente sottoposti. 34. Nel caso di specie è pacifico che i trattamenti psicoterapeutici eseguiti negli ambulatori della Dornier da psicologi laureati costituiscono generalmente prestazioni fornite ai destinatari fini a sé stesse, e non il mezzo utilizzato da questi ultimi per fruire, alle migliori condizioni, di altre prestazioni. Poiché tali trattamenti non presentano carattere accessorio rispetto ad una ospedalizzazione o a cure mediche, essi non costituiscono «operazioni (...) strettamente connesse» alle prestazioni esentate in forza dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. 35. Di conseguenza, occorre considerare che i trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati che non hanno la qualifica di medici rientrano nella nozione di «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o a cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva solo quando tali trattamenti sono effettivamente eseguiti come prestazioni accessorie all'ospedalizzazione dei destinatari o a cure mediche cui questi ultimi sono stati sottoposti e che costituiscono la prestazione principale. Sulla nozione di «cure mediche»
- Osservazioni presentate alla Corte
36. La Dornier sostiene che i trattamenti psicoterapeutici che essa fornisce nei propri ambulatori mediante psicologi laureati costituiscono «cure mediche» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Essa rileva che le cure prestate da psicoterapisti consistono nel diagnosticare, curare e guarire malattie o problemi psichici. Pertanto, si tratterebbe di prestazioni mediche ai sensi della sentenza 14 settembre 2000, causa C-384/98, D. (Racc. pag. I-6795, punti 17 e 18) relative alla salute delle persone. 37. La Dornier è dell'avviso che la definizione di «cure mediche» data dalla Corte richieda che si accerti e si valuti il contenuto sostanziale della prestazione, vale a dire la duratura idoneità a fornire prestazioni mediche, e non l'abilitazione formale del prestatore alla professione di medico o ad una professione giuridicamente equiparata a quella di medico dal punto di vista della normativa applicabile in materia di professionisti. Essa precisa che tale equiparazione non esisteva per gli psicoterapisti a causa di lacune che, nel 1990, erano presenti nella legislazione applicabile in materia di professionisti. 38. Secondo la Dornier, le condizioni per l'applicazione dell'esenzione dall'IVA di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non richiedono che la prestazione medica venga eseguita da una determinata categoria di persone, cioè da quelle autorizzate ad esercitare l'attività medica conformemente alle norme dell'Ordine federale dei medici. Essa ritiene che, se così fosse, si sarebbe optato per una formulazione quale «cure eseguite da medici». L'analisi delle varie versioni linguistiche della sesta direttiva confermerebbe che i termini «cure mediche» si riferiscono ad una nozione materiale connessa ad un'attività. La Dornier ne deduce che l'esecuzione dell'attività da parte di un medico, o sotto la sorveglianza di un medico, non può costituire un criterio per l'applicazione dell'esenzione. Al contrario, per la sua applicazione sarebbe sufficiente che si trattasse di cure prestate da un soggetto che esercita una professione nel settore medico, autorizzato ad esercitare e la cui qualifica, come nel caso degli psicologi laureati di cui alla causa principale, è equiparabile a quella di medico. 39. La Commissione ritiene che la nozione di «cure mediche» vada intesa in senso lato e che essa non sia circoscritta alle attività mediche propriamente dette. A suo avviso, le disposizioni dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c) riguardano in modo uniforme cure alla persona nel senso di «prestazioni mediche relative alla salute delle persone», conformemente alla definizione data dalla Corte ai punti 17 e 18 della citata sentenza D.. Le prestazioni di cui alla detta disposizione, lett. b) e c), si distinguerebbero non tanto per la loro natura, quanto per le modalità della loro erogazione. Così, le prestazioni di cui al n. 1, lett. b) sarebbero prestazioni che comprendono un complesso di cure mediche, effettuate normalmente senza scopo di lucro, in istituti che perseguono scopi sociali come la tutela della salute umana, mentre le prestazioni di cui alla lett. c) sarebbero quelle effettuate al di fuori degli istituti ospedalieri e nell'ambito di un rapporto di fiducia tra il paziente ed il prestatore delle cure, prestate normalmente nello studio professionale di quest'ultimo. A tal riguardo, essa richiama la sentenza 23 febbraio 1988, causa 353/85, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. 817, punti 32 e 33). 40. Inoltre, secondo la Commissione, l'applicabilità della nozione di «cure mediche» ai trattamenti psicoterapeutici di cui alla causa principale è conforme alla finalità dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, in quanto essa «è intesa a garantire che il beneficio di cure mediche ed ospedaliere non divenga inaccessibile a causa dell'aumento del costo di tali cure nel caso in cui le medesime, ovvero le operazioni ad esse strettamente connesse, venissero assoggettate all'IVA» (sentenza Commissione/Francia, già citata, punto 23). Tali trattamenti sarebbero di regola diretti alla cura di una malattia o di altro disturbo e dovrebbero pertanto essere considerati prestazioni mediche. 41. Il governo tedesco sostiene che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva riguarda solo le «cure mediche» in senso stretto. Esso rileva che tale disposizione, contrariamente a quanto previsto al n. 1, lett. c), non utilizza il termine generico «cure» e non prevede distinzioni tra «mediche» e «paramediche».
- Risposta della Corte 42.
Secondo la giurisprudenza della Corte, le esenzioni di cui all'art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretate restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l'IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (v., in particolare, sentenze 5 giugno 1997, causa C-2/95, SDC, Racc. pag. I-3017, punto 20, e Kügler, citata, punto 28). Tuttavia, l'interpretazione dei termini di tale disposizione deve essere conforme agli obiettivi perseguiti dalle dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune di IVA. 43. A tale riguardo, dalla giurisprudenza risulta che sia l'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, sia quella di cui allo stesso numero, lett. c), ha l'obiettivo di ridurre i costi delle cure mediche e di rendere tali cure più accessibili ai cittadini (v. citate sentenze Commissione/Francia, punto 23, e Kügler, punto 29). 44. Inoltre, occorre ricordare che il principio di neutralità fiscale osta in particolare a che operatori che effettuano le stesse operazioni subiscano un trattamento differenziato in materia di riscossione dell'IVA (sentenza Kügler, citata, punto 30). 45. Come risulta dalla soluzione data dalla Corte alla terza questione, l'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva si applica ai trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati quando tali prestazioni vengono fornite al di fuori degli organismi di diritto pubblico e degli altri istituti di cui allo stesso numero, lett. b). 46. Quanto alla questione se trattamenti psicoterapeutici forniti da psicologi laureati in ambito ospedaliero rientrino nella nozione di «cure mediche» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, occorre innanzi tutto constatare che solo alcune versioni linguistiche della direttiva, tra cui quelle tedesca e francese, sembrano effettuare una distinzione tra la natura delle prestazioni esentate in forza di tale disposizione e quella delle prestazioni esentate in virtù dello stesso numero, lett. c). 47. Inoltre, come giustamente osservato dall'avvocato generale ai punti 44-46 delle conclusioni, il criterio in base al quale va delimitata la sfera di applicazione delle due esenzioni previste all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), non è tanto la natura della prestazione, quanto, piuttosto, il luogo della sua erogazione. La Corte, infatti, ha dichiarato che, in forza dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), devono essere esonerate le prestazioni che comprendono un complesso di cure mediche presso enti che perseguono scopi sociali, come la tutela della salute umana, mentre il medesimo numero, lett. c), riguarda l'esenzione delle prestazioni effettuate al di fuori degli istituti ospedalieri e nell'ambito di un rapporto di fiducia tra il paziente ed il prestatore delle cure (sentenza Commissione/Regno Unito, citata punto 33). Se è vero che la Corte, in tale sentenza, è giunta alla conclusione che l'esenzione di cessioni di beni effettuate in occasione delle prestazioni mediche di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), non possa essere giustificata dallo stesso numero, lett. b), tale interpretazione deriva tuttavia dal fatto che quest'ultima disposizione riguarda istituti debitamente riconosciuti che perseguono scopi sociali, e prevede espressamente l'esenzione delle operazioni strettamente connesse alle cure mediche, il che non si verifica per l'art. 13, parte A, n. 1, lett. c). 48. Occorre inoltre considerare che, alla luce dell'obiettivo della riduzione del costo delle cure mediche, la nozione di «cure mediche» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), non richiede un'interpretazione particolarmente restrittiva (v. in tal senso, sentenza Commissione/Francia, citata, punto 23). Le prestazioni che rientrano in tale nozione, come quelle comprese nella nozione di «prestazioni mediche» richiamata allo stesso numero, lett. c), devono però avere lo scopo di diagnosticare, di curare e, nella misura del possibile, di guarire malattie o problemi di salute (citate sentenze D., punto 18, e Kügler, punto 38). Ora, non viene contestato che i trattamenti eseguiti da psicologi laureati, in ambito ospedaliero, soddisfino la condizione di presentare finalità terapeutiche.
49. Occorre infine constatare che tale interpretazione della nozione di «cure mediche» contenuta nell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), rispetta il principio di neutralità fiscale, dato che le prestazioni paramediche, come i trattamenti forniti dagli psicologi laureati, sono esenti da IVA indipendentemente dal luogo in cui sono effettuate. 50. Dalle considerazioni che precedono risulta che i termini «cure mediche» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che in essi rientra il complesso delle prestazioni mediche considerate allo stesso numero, lett. c), e in particolare le prestazioni fornite da persone che non hanno la qualifica di medico ma effettuano prestazioni paramediche come i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati. 51. Pertanto, la prima questione va risolta dichiarando che i trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati che non hanno la qualifica di medico non costituiscono «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, a meno che tali trattamenti siano effettivamente eseguiti come prestazioni accessorie all'ospedalizzazione dei destinatari o a cure mediche cui questi ultimi sono stati sottoposti e che costituiscono la prestazione principale. Per contro, i termini «cure mediche» di cui a tale disposizione devono essere interpretati nel senso che in essi rientra il complesso delle prestazioni mediche considerate allo stesso numero, lett. c), e in particolare le prestazioni fornite da persone che non hanno la qualifica di medico ma effettuano prestazioni paramediche come i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati. Sulla seconda questione
52. Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, da una parte, se l'espressione «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti», di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva presupponga un procedimento formale di riconoscimento del servizio di ambulatorio di una fondazione di diritto privato, ovvero se il riconoscimento di tale istituto possa risultare, ad esempio, anche dal fatto che il costo dei trattamenti da esso erogati è preso a carico dagli enti previdenziali secondo le disposizioni che si applicano, allo stesso modo, agli istituti ospedalieri, ai centri medici, nonché ad altri istituti e, dall'altra, se il fatto che gli enti previdenziali non rimborsino, ovvero rimborsino solo parzialmente, ai destinatari dei detti trattamenti le spese da essi sostenute, giustifichi l'inapplicabilità dell'esenzione. Osservazioni presentate alla Corte
53. La Dornier sostiene che il suo servizio di ambulatorio, che è un centro medico e diagnostico di cure psicoterapeutiche, costituisce un istituto della stessa natura degli organismi di diritto pubblico, degli istituti ospedalieri e dei centri medici e diagnostici di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. La questione se tale servizio sia «debitamente riconosciuto» ai sensi di tale disposizione deve, secondo la Dornier, essere risolta in base al diritto nazionale. A tale riguardo, quest'ultima rileva che in Germania la legge non richiede, per un tale servizio, un'autorizzazione allo svolgimento dell'attività, né alcun specifico controllo sull'istituto. Nel caso di specie, solo gli psicologi che vi lavorano sono, in conformità all'Heilpraktikergesetz, soggetti al controllo del servizio igiene e sanità pubblica della città di Marburg. 54. La Dornier osserva, inoltre, che i costi delle prestazioni fornite nel suo ambulatorio sono stati rimborsati ai pazienti dalle casse malattia del regime obbligatorio di assicurazione e dalle casse malattia private allo stesso modo delle spese sostenute per le corrispondenti prestazioni fornite da medici in ambito psicoterapeutico. Il fatto che il rimborso delle fatture della Dornier è ridotto sarebbe dovuto al «numero limitato di punti» attribuito alle cure terapeutiche, e una tale riduzione sarebbe applicabile anche alle prestazioni fornite da medici convenzionati con le casse. La Dornier constata che, in via generale, vi è certo stato il riconoscimento del suo ambulatorio come prestatore nell'ambito del regime obbligatorio di assicurazione malattia. 55. La Dornier conclude che il suo ambulatorio, che non necessita di autorizzazione allo svolgimento della propria attività senza e che fornisce prestazioni relative a cure psicoterapeutiche identiche a quelle effettuate da medici, con un livello di rimborso equiparabile, costituisce un «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. 56. Secondo il governo tedesco, non è necessario risolvere la seconda questione poiché i trattamenti psicoterapeutici di cui alla causa principale non costituiscono né un'«ospedalizzazione», né «cure mediche» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Tuttavia, in subordine, esso osserva che il diritto comunitario non fornisce alcuna indicazione in merito alla procedura per il riconoscimento, lasciando invece un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri quanto agli istituti del settore della salute pubblica che possono essere riconosciuti. Tale intenzione del legislatore comunitario emergerebbe chiaramente dai lavori preparatori del Consiglio delle Comunità europee relativi alla sesta direttiva che si sono svolti nel 1974 e nel 1975. Essa sarebbe altresì espressa a più riprese nel dettato dell'art. 13, parte A, n. 1, di tale direttiva. 57. Il governo tedesco ritiene che, in senso stretto, tale riconoscimento richieda un atto giuridico, ma aggiunge che tale atto non è identificato in modo preciso. Il riconoscimento, quindi, non dovrebbe essere necessariamente operato in via legislativa nell'ambito di una legge nazionale di recepimento della sesta direttiva. Tale riconoscimento potrebbe anche essere la conseguenza di una circostanza esterna al diritto fiscale, come il rimborso delle spese relative alle prestazioni fornite dall'istituto, circostanza richiamata dal giudice del rinvio. Tuttavia, secondo tale governo, sarebbe necessario che nella normativa nazionale relativa all'IVA venisse considerato un criterio di natura non fiscale. In caso contrario, tale normativa non sarebbe sufficientemente precisa da costituire un atto di recepimento.
58. Il detto governo osserva che, in Germania, l'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG fissa le condizioni per il riconoscimento ai fini dell'IVA. In virtù di tale disposizione, solo gli istituti che forniscono prestazioni sotto controllo medico e che nell'anno precedente hanno erogato almeno il 40% delle loro prestazioni a favore di persone beneficiarie di sussidi sociali o di titolari di pensione di vecchiaia possono essere considerati «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Sarebbe pertanto chiaro che, in tale Stato membro, il riconoscimento di un istituto per ragioni connesse alla presa a carico delle spese da parte dell'ente previdenziale non determinerebbe un riconoscimento ai fini dell'IVA. 59. Inoltre, il governo tedesco ritiene che debba essere la normativa nazionale a determinare se l'esenzione non vada applicata quando gli enti previdenziali non rimborsano, o rimborsano solo parzialmente, le spese sostenute dai pazienti per i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati che non hanno la qualifica di medici. 60. Il governo danese sostiene che il riferimento agli «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti» di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, non richiede un procedimento formale di riconoscimento. Tale riconoscimento potrebbe derivare anche da altre circostanze, ad esempio dal fatto che i trattamenti in questione diano diritto a rimborso secondo il regime obbligatorio di assicurazione malattia. 61. La Commissione osserva che la sesta direttiva non prevede alcun procedimento formale di riconoscimento. Spetterebbe pertanto al legislatore nazionale precisare la forma di tale riconoscimento, il quale potrebbe anche risultare dal verificarsi di condizioni estranee al diritto fiscale, purché relative ad operazioni che generano un fatturato. Ciò si verificherebbe con riferimento alle condizioni di rimborso delle prestazioni mediche da parte delle casse malattia e di altri enti previdenziali. Spetterebbe al giudice del rinvio valutare se tali condizioni siano soddisfatte nel caso di specie.
62. Tuttavia, la Commissione ritiene che dall'esistenza di un rimborso parziale delle cure in esame non possa risultare un riconoscimento parziale degli istituti. Essa evidenzia che una prestazione uniforme è, se del caso, imponibile o esonerata nella sua interezza. Una normativa che ammettesse il riconoscimento parziale degli istituti basandosi sul livello di rimborso delle prestazioni erogate, non sarebbe né chiara né prevedibile. Pertanto, una normativa del genere non sarebbe per nulla idonea a garantire la corretta e semplice applicazione dell'esenzione fiscale. 63. Secondo la Commissione, i prezzi praticati, e quindi il costo delle cure eseguite dagli istituti in questione, costituirebbero ulteriori fattori da considerare ai fini del riconoscimento di questi ultimi. Essa ricorda che l'art. 13, parte A, n. 2, lett. a), della sesta direttiva autorizza gli Stati membri a subordinare la concessione dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) all'osservanza, da parte degli enti diversi da quelli di diritto pubblico, di determinate condizioni, quali il fatto di praticare prezzi relativamente bassi e di non essere alla ricerca sistematica del profitto. La Commissione aggiunge che tutte le esenzioni elencate al detto art. 13 A sono dirette a ridurre i costi di determinate attività di interesse generale. Risposta della Corte
64. Quanto alla nozione di «altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti», occorre constatare che l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non precisa le condizioni e le modalità di tale riconoscimento. Spetta quindi, in via di principio, al diritto nazionale di ogni Stato membro fissare le norme in base alle quali gli istituiti che lo richiedono possono ottenere tale riconoscimento. 65. L'adozione di disposizioni nazionali in materia è peraltro prevista all'art. 13, parte A, n. 2, lett. a), della sesta direttiva, in virtù del quale: «[g]li Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad enti diversi da quelli di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste al paragrafo 1, lettera b), (...) all'osservanza di una (...) delle (...) condizioni» menzionate nel prosieguo di tale disposizione. 66. Tuttavia, poiché il detto art. 13, parte A, n. 2, lett. a), non obbliga gli Stati membri ad adottare tali provvedimenti, il fatto che uno Stato membro non abbia esercitato tale facoltà non incide sulla possibilità di riconoscere un ente ai fini della concessione delle esenzioni ivi menzionate. 67. Va inoltre affermato che nessuna disposizione della sesta direttiva richiede che il riconoscimento venga concesso in seguito ad un procedimento formale, né che esso sia espressamente previsto da disposizioni nazionali in materia fiscale. 68. Secondo il governo tedesco, l'art. 4, punto 16, lett. c), dell'UStG stabilisce le disposizioni nazionali relative al riconoscimento di un ente ai fini dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva. Ne consegue che una fondazione di diritto privato può beneficiare della detta esenzione se essa soddisfa le condizioni stabilite dal diritto nazionale, in particolare quella relativa al fatto che tali prestazioni debbano essere fornite sotto controllo medico. 69. In tale ottica, occorre ricordare che, per quanto riguarda l'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, la Corte ha precisato che quando un soggetto passivo chiede di ottenere la qualifica di organismo a carattere sociale, spetta ai giudici nazionali valutare se le competenti autorità abbiano rispettato i limiti del potere discrezionale riconosciuto da tale disposizione applicando i principi comunitari, in particolare il principio di parità di trattamento (citata sentenza Kügler, punto 56).
70. A tale riguardo, dalla risposta data dalla Corte alla prima questione emerge che la condizione secondo cui le prestazioni devono essere fornite sotto controllo medico, mirando ad escludere dal beneficio dell'esenzione le prestazioni fornite sotto la sola responsabilità di professionisti paramedici, va oltre i limiti del potere discrezionale attribuito agli Stati membri dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) della sesta direttiva. La nozione di «cure mediche» contenuta in tale disposizione, infatti, comprende non solo le prestazioni fornite direttamente da medici o da altri professionisti del settore sanitario sotto controllo medico, ma anche le prestazioni paramediche fornite in ambito ospedaliero sotto la sola responsabilità di persone che non posseggono la qualifica di medici. 71. Pertanto, ai fini dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, uno Stato membro non può legittimamente subordinare il riconoscimento degli enti alla condizione che le prestazioni paramediche effettuate da questi ultimi debbano essere fornite sotto controllo medico. 72. Ai punti 57 e 58 della citata sentenza Kügler, la Corte ha aggiunto che, per determinare gli organismi che devono essere riconosciuti come aventi carattere sociale ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, le autorità nazionali, in conformità al diritto comunitario e sotto il controllo dei giudici nazionali, devono tener conto di vari elementi, tra i quali occorre menzionare il carattere di interesse generale delle attività del soggetto passivo in questione, il fatto che altri soggetti passivi che svolgono le stesse attività beneficino già di un simile riconoscimento, nonché il fatto che i costi delle prestazioni in esame siano eventualmente presi a carico in gran parte da casse di malattia o da altri enti previdenziali. 73. Come ha giustamente osservato l'avvocato generale al punto 55 delle conclusioni, tali indicazioni valgono anche per l'interpretazione dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, per quanto riguarda il riconoscimento degli enti cui si riferisce tale disposizione. 74. Nella causa principale, spetta quindi al giudice del rinvio decidere, alla luce del complesso di tali elementi, se il diniego di riconoscimento della Dornier ai fini dell'esenzione prevista all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, dia luogo o meno alla violazione del principio della parità di trattamento rispetto ad altri operatori che effettuano le stesse prestazioni in situazioni equiparabili. 75. In tale prospettiva, occorre prendere in considerazione il fatto che gli enti previdenziali non rimborsano, ovvero rimborsano solo parzialmente, le spese sostenute dai destinatari dei trattamenti psicoterapeutici. Se, sotto questo profilo, la situazione della Dornier è equiparabile a quella di altri operatori che effettuano gli stessi trattamenti, la sola circostanza che il costo di tali prestazioni non sia interamente sostenuto dagli enti previdenziali non giustifica una disparità di trattamento tra prestatori per quanto riguarda l'assoggettamento all'IVA. 76. Occorre pertanto risolvere la seconda questione dichiarando che il riconoscimento di un ente ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva non presuppone un procedimento formale di riconoscimento e non deve necessariamente risultare da disposizioni nazionali in materia fiscale. Quando le norme nazionali sul riconoscimento contengono limitazioni che vanno oltre i limiti del potere discrezionale attribuito agli Stati membri da tale disposizione, spetta al giudice nazionale decidere, tenuto conto del complesso degli elementi pertinenti, se un soggetto passivo debba comunque essere considerato alla stregua di «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]» ai sensi di tale disposizione. Sulla quarta questione
77. Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede se, in situazioni come quelle di cui alla causa principale, un soggetto passivo possa far valere le disposizioni contenute nell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva dinanzi ad un giudice nazionale per ottenere l'esenzione delle prestazioni che egli ha effettuato. 78. In proposito, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza (v., in particolare, sentenze 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53, punto 25; 25 maggio 1993, causa C-193/91, Mohsche, Racc. pag. I-2615, punto 17; 26 settembre 2000, causa C-134/99, IGI, Racc. pag. I-7717, punto 36, e Kügler, citata, punto 51), in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere richiamate, in mancanza di provvedimenti d'attuazione adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi disposizione di diritto interno non conforme alla direttiva, ovvero in quanto atte a definire diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato. 79. Inoltre, benché l'art. 13, parte A, n. 1, della sesta direttiva disponga che gli Stati membri applicano le esenzioni ivi previste «alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle [dette] esenzioni (...) e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso», uno Stato membro non può opporre ad un contribuente in grado di provare che la propria situazione fiscale rientra effettivamente in una delle categorie di esenzione definite dalla sesta direttiva la mancata adozione delle disposizioni destinate, per l'appunto, ad agevolare l'applicazione di questa stessa esenzione (citata sentenza Kügler, punto 52). 80. Quanto al contenuto delle disposizioni dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), e c) della sesta direttiva, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostiene il governo tedesco, tali disposizioni indicano, in maniera sufficientemente precisa e incondizionata, le attività che beneficiano dell'esenzione [v., per analogia, quanto all'art. 13, parte A, n. 1, lett. g), della sesta direttiva, la citata sentenza Kügler, punto 53]. 81. Il fatto che tali disposizioni concedano agli Stati membri il potere discrezionale di individuare, da una parte, gli enti che non sono di «diritto pubblico» ma possono beneficiare dell'esenzione prevista al detto art. 13, parte A, n. 1, lett. b), nonché, dall'altra, le professioni paramediche che possono usufruire dell'esenzione prevista allo stesso numero, lett. c), non impedisce ai privati che, in base a criteri oggettivi, effettuano le prestazioni di interesse pubblico cui si riferiscono le dette esenzioni, di avvalersi direttamente delle norme della sesta direttiva avverso ogni disposizione nazionale non conforme a quest'ultima. 82. Nel caso di specie, dalla soluzione fornita alla seconda questione emerge che le disposizioni nazionali afferenti al riconoscimento di un ente ai fini della concessione dell'esenzione prevista al detto art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, contengono una limitazione incompatibile con i termini di tale disposizione. Il soggetto passivo può quindi avvalersi direttamente, dinanzi al giudice nazionale, dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva per opporsi all'applicazione della norma di diritto interno che impone che le prestazioni siano effettuate sotto controllo medico. Tuttavia, dalla soluzione della seconda questione risulta anche che, per l'ottenimento della qualifica di «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]», e quindi per il godimento dell'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva, è necessario che il giudice nazionale accerti, alla luce del complesso degli elementi pertinenti, e in particolare delle circostanze di fatto della causa principale, se il soggetto passivo presenta le condizioni per l'applicazione della detta esenzione.
83. Quanto all'esenzione prevista dall'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, dalla soluzione data alla terza questione si desume che tale esenzione si applica ai trattamenti psicoterapeutici eseguiti da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicoterapisti dipendenti di quest'ultima. Pertanto, la detta disposizione può essere fatta valere da un soggetto passivo avverso disposizioni legislative o prassi amministrative nazionali che subordinino l'esenzione alla condizione che il prestatore rivesta una determinata forma giuridica. 84. La quarta questione va quindi risolta dichiarando che, in situazioni come quelle di cui alla causa principale, l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva può essere fatto valere da un soggetto passivo dinanzi ad un giudice nazionale per opporsi all'applicazione di una normativa di diritto interno incompatibile con tale disposizione. Sulle spese
85. Le spese sostenute dai governi tedesco e danese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Per questi motivi,
LA CORTE (Quinta Sezione)
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesfinanzhof con ordinanza 14 dicembre 2000, dichiara:
1) I trattamenti psicoterapeutici ambulatoriali effettuati da una fondazione di diritto privato avvalendosi di psicologi laureati che non hanno la qualifica di medico non costituiscono «operazioni (...) strettamente connesse» all'ospedalizzazione o alle cure mediche ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, a meno che tali trattamenti siano effettivamente eseguiti come prestazioni accessorie all'ospedalizzazione dei destinatari o a cure mediche cui questi ultimi sono stati sottoposti e che costituiscono la prestazione principale. Per contro, i termini «cure mediche» di cui a tale disposizione devono essere interpretati nel senso che in essi rientra il complesso delle prestazioni mediche considerate allo stesso numero, lett. c), e in particolare le prestazioni fornite da persone che non hanno la qualifica di medico ma effettuano prestazioni paramediche come i trattamenti psicoterapeutici eseguiti da psicologi laureati.
2) Il riconoscimento di un ente ai sensi dell'art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva 77/388 non presuppone un procedimento formale di riconoscimento e non deve necessariamente risultare da disposizioni nazionali in materia fiscale. Quando le norme nazionali sul riconoscimento contengono limitazioni che vanno oltre i limiti del potere discrezionale attribuito agli Stati membri da tale disposizione, spetta al giudice nazionale decidere, tenuto conto del complesso degli elementi pertinenti, se un soggetto passivo debba comunque essere considerato alla stregua di «altr[o] istitut[o] della stessa natura debitamente riconosciut[o]» ai sensi di tale disposizione.
3) Dato che l'esenzione di cui all'art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva 77/388 non dipende dalla forma giuridica del soggetto passivo che fornisce le prestazioni mediche o paramediche ivi menzionate, a trattamenti psicoterapeutici erogati da una fondazione di diritto privato per mezzo di psicoterapisti impiegati da quest'ultima può essere applicata la detta esenzione.
4) In situazioni come quelle di cui alla causa principale, l'art. 13, parte A, n. 1, lett. b) e c), della sesta direttiva 77/388 può essere fatto valere da un soggetto passivo dinanzi ad un giudice nazionale per opporsi all'applicazione di una normativa di diritto interno incompatibile con tale disposizione.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 novembre 2003.