14.01.2009 free
CORTE di CASSAZIONE - Falsificazione del "report di stampa" di esami emocromocitometrici e delle "schede cartonate" concernenti analisi dei prelievi del sangue
Integra il delitto di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico la falsificazione dei "reports di stampa" - contenenti esami emocromocitometrici a corredo della documentazione clinica - mediante aggiunta a penna dei valori dei parametri della coagulazione allo scopo di farli apparire come eseguiti e repertati nei giorni ivi indicati nonché delle schede 'cartonatè sui prelievi, considerato che essi sono atti pubblici giacché, ancorché atti interni alla struttura ospedaliera, sono destinati a provare le indagini di laboratorio svolte dagli operatori sanitari pubblici ed i relativi risultati e a documentare il decorso della malattia del paziente ad integrazione e corredo della cartella clinica.
penale Sez. 5 Sentenza n. 22192 del 12/02/2008 (dep. 03/06/2008 )
omissis
Svolgimento del processo
S.N. ed A.M. erano giudicati, con il rito abbreviato, dal g.u.p. del Tribunale di Bari, quali imputati:
A) del reato di cui agli artt. 110, 81, 476 c.p., "per avere, in concorso tra loro, previo concerto ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, falsificato la cartella clinica di P. G., curato presso la (OMISSIS) dal 25 gennaio 1998 al 27 agosto 1998 a seguito di diagnosi di Leucemia Linfoblastica Acuta di tipo T, facendo risultare come avvenute le analisi dei valori della coagulazione del sangue relativi a prelievi del 14, 17 e 20 agosto 1998 in realtà mai effettuati, e in particolare per avere falsificato: 1) la cartella clinica riassuntiva contenente i principali dati cimici e di laboratorio con riferimento al periodo dal 6 agosto 1998 al 27 agosto 1998, rispettivamente nei giorni 14, 17 e 20 agosto nella parte in cui vengono indicati i valori degli esami della coagulazione (PT-PTT-TT- Fibrinogeno);
2) i reports di stampa degli esami emocromocitometrici eseguiti nelle date del 14, 17 e 20 agosto 1998, contenuti nelle cartelle n. (OMISSIS) a corredo della documentazione clinica, in calce ai quali venivano aggiunti a penna i valori dei parametri della coagulazione allo scopo di fare apparire gli stessi come eseguiti e repertati nei giorni indicati nonchè, con riferimento al report del 20 agosto 1998, manipolandone la current date originariamente attestante la data del 10 settembre 1998;
3) il brogliaccio di laboratorio degli esami del sangue relativi ai valori PT-PTT-TT D-Dimeri-Fibrinogeno nelle parti relative all'annotazione dei parametri di coagulazione del sangue del P.G. relativamente a prelievi del 14, 17 e 20 agosto, in realtà mai effettuati;
4) le schede di richiesta delle analisi del sangue da eseguire nei giorni 14, 17 e 20 agosto 1998 con riferimento agli esami PT-PTT-TT- Fibrinogeno"; in (OMISSIS) dello stesso anno;
Il solo S. altresì:
B) del reato di cui all'art. 589 c.p. "per avere, in qualità di medico curante di P.G., affetto da LLA di tipo T, e applicando allo stesso il protocollo sperimentale Fonop Aieop 9502, agito con negligenza, imprudenza e imperizia, nonchè violando le norme previste in materia di consenso informato, così cagionando la morte di P.G.; in particolare, perchè non monilorando adeguatamente nel corso della terapia i parametri della coagulazione del sangue con riferimento al periodo intercorrente tra l'8 ed il 25 agosto 1998 e contemporaneamente somministrando in tale periodo alcuni farmaci di elevata tossicità e tali da provocare problemi alla capacità di coagulazione del sangue - lutti inseriti nella terapia del protocollo sperimentale applicato al P. G. - determinava l'insorgere nel paziente di una patologia di coagulazione intravasale diffusa e/o comunque non preveniva gli effetti con una tempestiva sospensione della terapia farmacologia in atto a causa del mancato monitoraggio, causando così il decesso del paziente in data 27 agosto 1998"; in Bari nel periodo compreso tra l'8 agosto ed il 28 agosto 1998.
All'esito del giudizio abbreviato il predetto g.u.p., con sentenza del 28.11.2003, dichiarava il S. e la A. colpevoli del reato di cui al capo A) e, concesse solamente alla seconda le attenuanti generiche ed applicata ad entrambi la diminuente del rito, condannava il S. alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi quattro di reclusione e la A. alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno di reclusione; assolveva il S. dal reato di cui al capo B), ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 2, perchè il fatto non sussiste; rigettava l'istanza di risarcimento dei danni, avanzata dalle parti civili costituite, con riguardo al reato sub A).
La Corte d'appello di Bari, con sentenza del 25.11.2005, in parziale riforma della suaccennata sentenza del g.u.p. del Tribunale della stessa città, dichiarava il S. e la A. colpevoli del reato di cui al capo A), limitatamente alla falsificazione della data riportata sul "report di stampa" e sulla "scheda cartonata" relativi alle analisi effettuate sui prelievi del 20 agosto 1998, e riconosciute le attenuanti generiche anche al S., riduceva la pena a mesi otto di reclusione per ciascuno degli imputati, concedendo loro anche il beneficio della non menzione della condanna;
assolveva entrambi gli imputati dalle residuali ipotesi di falsità di cui al capo A), perchè il fatto non sussiste; confermava nel resto la decisione di primo grado.
Avverso la summenzionata sentenza della corte d'appello di Bari gli imputati S.M. e A.M., nonchè le parti civili P.M. e P.T. proponevano, per mezzo dei rispettivi difensori, ricorsi per cassazione.
Il S. e la A., con analoghi motivi, deducevano: 1) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 476 c.p.), in relazione al mancato riconoscimento della grossolanità del falso, e, quindi, della fattispecie del reato impossibile, con riguardo alle ipotesi di falso per cui vi era stata condanna;
2) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 476 c.p.), in relazione alla ritenuta natura di atti pubblici del "report di stampa" e della "scheda cartonata";
3) mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alle ipotesi di falso ritenute sussistenti.
Le parti civili deducevano violazione di legge, difetto di motivazione, travisamento dei fatti ed omessa enunciazione delle ragioni per cui non erano state ritenute attendibili, ai fini della pronuncia di responsabilità degli imputati, le prove indicate dalle medesime parti civili.
In particolare, queste ultime lamentavano che la corte territoriale avrebbe semplicisticamente eluso i motivi di impugnazione proposti.
Segnatamente, detta corte avrebbe trascurato di esaminare le censure sulla sottoposizione del piccolo P.G. al protocollo Aieop Lla 95.02 e sulla assenza di un monitoraggio regolare dell'assetto coagulativo del sangue, sul carattere sperimentale di tale protocollo, sull'assenza di consenso informato e sulla piena fungibilità della molecola L-Asparaginasi nelle forme denominate "Medac" ed "Erwinase", sulla causa del decesso del P.G., sull'esecuzione dei test coagulativi del 14, 17, 20 agosto 1998, sulla domanda risarcitoria avanzata in ordine al delitto di falso, sul rapporto teleologico fra il falso e l'omicidio colposo.
Con motivi nuovi, le parti civili formulavano approfondimenti sulla causa della morte del piccolo P.G. e sulla sussistenza dei falsi contestati, insistendo nell'annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
I ricorsi degli imputati devono essere rigettati con le conseguenze di legge.
Il primo motivo non è fondato.
Invero, la grossolanità del falso, che si inquadra nell'ipotesi del reato impossibile (art. 49 c.p.), deve essere intesa come inidoneità assoluta dell'azione falsificatoria a trarre altri in errore e, quindi, a ledere la pubblica fede (Cass. Pen. 27.9.1990, Sgarlata).
La grossolanità della falsificazione deve, però, essere esclusa quando la modificazione materiale dell'atto, pur se immediatamente riconoscibile da chiunque, consista, come nella specie, nella sovrascrittura o nella cancellazione e successiva riscritturazione di una o più parole o cifre, giacchè in tal senso essa può essere o apparire una irregolare ma non nulla nè delittuosa correzione di errore materiale dell'atto "in itinere", compiuta durante la sua formazione dallo stesso suo autore (Cass. Pen. Sez. 5, 13.2.1986 n. 6089).
Il secondo motivo è parimenti privo di fondamento.
Il "report di stampa" e la "scheda cartonata" concernenti le analisi sui prelievi del 20 agosto 1998 sono stati, correttamente, ritenuti dalla corte territoriale atti pubblici, in quanto, pur essendo atti interni alla struttura ospedaliera, erano destinati a provare le indagini di laboratorio svolte dagli operatori sanitari pubblici ed i relativi risultati e a documentare il decorso della malattia del paziente ad integrazione e corredo della cartella clinica.
Il terzo motivo propone una censura attinente al merito della decisione impugnata congruamente giustificata con riferimento all'affermazione della responsabilità degli imputati in ordine alle falsificazioni dei predetti "report di stampa" e "scheda cartonata".
Il ricorso delle parti civili è fondato nei termini che seguono.
La corte territoriale ha ritenuto che, relativamente all'imputazione sub B), non era stata raggiunta, al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova certa che il decesso del piccolo P. G. fosse in rapporto di causalità con la condotta del sanitario ( S.) e con la terapia somministrata e che, relativamente all'imputazione sub A), era dimostrata soltanto la falsità della data riportata sul "report di stampa" e sulla "scheda cartonata" concernenti le analisi eseguite sui prelievi del 20 agosto 1998.
La predetta corte, tuttavia, nella sentenza impugnata, ha ignorato decisive deduzioni svolte dalle parti civili nei motivi dell'appello, con cui esse non si erano limitate a riproporre questioni già trattate, ma avevano impostato la critica nei confronti della decisione di primo grado in maniera analitica e rigorosa, sollecitando risposte precise da parte dei giudici dell'appello.
In particolare, la corte di merito, senza darne alcuna giustificazione, ha ignorato il giudizio negativo, espresso dai periti di ufficio ed evidenziato nel gravame dalle parti civili, circa l'inspiegabile rarefazione dei tests coagulativi del sangue, nonostante fosse noto l'effetto ipercoagulativo del farmaco Asparaginasi - Medac e nonostante la prescrizione del foglietto illustrativo di tale farmaco raccomandasse un monitoraggio regolare dell'assetto coagulativo ematico.
Questo eventuale profilo di colpa professionale, prospettato dalle parti civili, è stato sottratto a qualsiasi valutazione, nè si è dato contezza delle ragioni per cui si è ritenuto di superare la suddetta doglianza e di non ravvisare alcuna responsabilità di tipo omissivo in capo al sanitario.
In ordine al protocollo Aieop, adottato dal S., il punto focale, rimarcato dalle parti civili e completamente sfuggito nell'iter logico seguito dai giudici di appello, non concerne la natura sperimentale o terapeutica di tale protocollo, ma riguarda le modalità di esecuzione dello stesso protocollo con riferimento alle censure delle parti civili circa il negligente monitoraggio dell'assetto coagulativo del sangue, l'utilizzo arbitrario di farmaci alternativi (Medac o Erwinase), il doveroso coinvolgimento dei genitori nelle scelte della sperimentazione terapeutica, per offrire loro la possibilità di optare tra farmaci alternativi.
Sulle cause del decesso, la corte territoriale, la quale, sulla base delle conclusioni dei periti di ufficio, ha attribuito la morte del bambino ad una sepsi da stasphilococcus hominis con successiva CID (coagulazione intravasale diffusa), ha omesso di esaminare le deduzioni delle parti civili, che inficiavano tali conclusioni.
Le parti civili, invero, avevano sottolineato nei motivi di appello che la assunta univoca correlazione tra CID e stato settico era smentita dalla copiosa letteratura scientifica, prodotta nel giudizio di appello, secondo cui una delle complicanze dell'utilizzo dell'Asparaginasi nella cura della leucemia linfoblastica acuta era proprio la CID e che il piccolo P.G., all'atto del decesso, presentava una grave compromissione pancreatica, per nulla riferibile alla sepsi ma univocamente riconducibile all'effetto iatrogeno dell'Asparaginasi.
Per quanto riguarda le deduzioni delle parti civili sull'esecuzione dei tests coagulativi del 14, 17, 20 agosto 1998 e sulle anomalie dei "reports di stampa" del 14 e 17 agosto 1998, la corte di merito ha pretermesso di valutare le consulenze tecniche del biologo dott. G. e della grafologa dott.ssa M., che, secondo le stesse parti civili, avrebbero dimostrato la mancata effettuazione delle analisi sulla coagulazione sanguigna e la falsificazione dei documenti enunciati nel capo di imputazione sub A).
Gli illustrati vizi di preterizione si traducono in evidente difetto di motivazione della sentenza impugnata.
Conseguentemente, detta sentenza deve essere annullata con rinvio, ai sensi dell'art. 622 c.p.p., al giudice civile competente per valore in grado di appello, il quale dovrà eliminare i predetti vizi di preterizione e, nell'eventualità di accoglimento della domanda risarcitoria, tenere conto della natura plurioffensiva del reato di falso contestato.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi degli imputati, che condanna al pagamento, in solido, delle spese del procedimento.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia, anche per le spese, al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 12 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2008