08.07.03 free
TAR CAMPANIA - (sulla richiesta di autorizzazione ad eseguire tutte le prestazioni ascritte alla fascia C del nomenclatore tariffario regionale di FKT (fisiokinesiterapia) e terapia fisica, respiratoria, riabilitazione e terapie correlate ,ex art. 26 e 44 L. 833/78)
REPUBBLICA ITALIANA N.4218 Reg. Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO ANNO 2001
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione I^ - composto dai Signori: N. Reg. Ric.
ANNO
1) Giancarlo Coraggio - Presidente
2) Carlo d’Alessandro - Consigliere
3) Paolo Carpentieri - Consigliere – relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi nn. 12277/2000 e 63/2001 Reg. Gen., proposti dal Centro CMT Medicina Fisica e Riabilitazione s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t. dott. Pier Paolo Polizzi, nonché dalla ANISAP (Associazione Nazionale delle Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private), in persona del presidente p.t. dott. Ciro Oliviero, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giuseppe Palma e Patrizia Kivel Mazuy, con domicilio eletto in Napoli, viale A. Gramsci n. 10,
contro
la A.S.L. Napoli 1, in persona del direttore generale p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Innocenzo Militerni e Antonio Nardone, con domicilio eletto in Napoli, piazza Amedeo n. 8,
e nei confronti
della Regione Campania, in persona del Presidente p.t. della giunta regionale – non costituita,
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 12277/2000 Reg. Gen.:
<>;
quanto al ricorso n. 63/2001 Reg. Gen., proposto <>:
<>.
VISTI i ricorsi ed i relativi allegati;
VISTI gli atti di costituzione in giudizio della A.S.L. Napoli 1 con le annesse produzioni;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla pubblica udienza del 28 febbraio 2001 - relatore il Magistrato Dr. Carpentieri – gli avv.ti riportati a verbale;
RITENUTO e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il primo dei due ricorsi in trattazione - notificato il 24 novembre 2000, depositato in segreteria il e iscritto al n. 12277/2000 Reg. Gen. - il centro CMT, Medicina fisica e riabilitazione s.r.l. espone di derivare dalla trasformazione – eseguita nel febbraio del 2000 – della s.a.s Centro Comef, già convenzionato per la branca di fkt ex art. 44 l. 833 del 1978 e, quindi, provvisoriamente accreditato con la ASL Napoli 1; di avere quindi trasferito la propria sede nei nuovi locali siti in Napoli, via Nuova Poggioreale n. 159/A, allo scopo di realizzare gli adeguamenti strutturali imposti dalla delibera di giunta regionale n. 377 del 1998; che la ASL Napoli 1, nell’ambito della procedura relativa al suddetto trasferimento, aveva attestato con nota prot. 1868/C del 4 luglio 2000 del distretto 53 la nuova capacità operativa del centro come corrispondente alla fascia “C” per 1035 prestazioni giornaliere; di avere quindi ottenuto il decreto sindacale all’apertura e al funzionamento n. 1711 del 4 agosto 2000, nel quale il centro viene classificato come di tipo “C”; che il dipartimento assistenza riabilitativa della ASL Napoli 1 provvedeva a verificare, mediante l’apposita commissione, il possesso dei requisiti in capo al centro e chiedeva all’uopo una perizia asseverata, successivamente consegnata dalla società ricorrente; che, infine, la ASL Napoli 1 prendeva atto del trasferimento della struttura con delibera n. 3605 del 23 ottobre 2000.
Impugna dunque la nota prot. 10142 del 31 ottobre 2000 con la quale l’amministrazione sanitaria intimata, sul presupposto che la precedente delibera 3605 del 23 ottobre 2000, nel prendere atto del trasferimento, aveva escluso qualsiasi innovazione sulla tipologia e classificazione del nuovo centro, ha precisato che il centro ricorrente avrebbe potuto eseguire solo prestazioni ambulatoriali e domiciliari di fkt previste per i soggetti ex convenzionati, poi provvisoriamente accreditati, ascritte alla fascia A, e ha diffidato il centro medesimo “a non effettuare prestazioni ex art. 26 della L. 833/78 non avendo alcun tipo di rapporto convenzionale specifico con la ASL Napoli 1 né prestazioni contrassegnate dalle lettere B e C del nomenclatore tariffario allegato alla DGR 1874/98 fino alla verifica, attraverso il Dipartimento Assistenza Riabilitativa, delle capacità operative”.
Avverso il provvedimento impugnato il centro CMT deduce diverse censure di violazione di legge e di eccesso di potere sostenendo che – come affermato da recenti sentenze di questa Sezione - a seguito dell’introduzione del nuovo nomenclatore tariffario la branca di terapia fisica, riabilitazione, respiratoria e procedure correlate risulterebbe unificata e ampliata, donde il superamento della tradizionale divaricazione tra centri già convenzionati ex articolo 44 l. 833 del 1978 e quelli convenzionati per la riabilitazione ai sensi dell’articolo 26 stessa legge, donde la erogabilità, da parte dei centri in possesso dei requisiti strutturali, di attrezzature, organizzativi e di personale, classificati di tipo C, sia delle prestazioni classificate nella delibera di giunta regionale 377 di tipo A, consistenti in “interventi nei confronti di disabilità transitorie e/o minimali richiedenti un semplice e breve intervento terapeutico-riabilitativo”, sia di quelle definite di tipo B e C, relative a programmi o progetti riabilitativi destinati all’attività riabilitativa specifica per i disabili.
Di segno opposto la tesi della ASL Napoli 1, che si è costituita ed ha resistito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.
Con il secondo dei ricorsi in esame - notificato il 19 dicembre 2000, depositato in segreteria il 7 febbraio 2001 e iscritto al n. 63/2001 Reg. Gen. – il centro CMT impugna “in via tutioristica” la delibera n. 3605 del 23 ottobre 2000 nella parte in cui, nel prendere atto della modifica della ragione sociale del centro istante e del nuovo decreto sindacale di autorizzazione sanitaria ha disposto “che in virtù della trasformazione societaria il rapporto di provvisorio accreditamento si trasferisce alla CMT nulla innovando sulla tipologia e classificazione dello stesso”, sviluppando nella sostanza gli stessi argomenti già spesi nel primo ricorso.
Contestualmente a questo secondo ricorso il centro C.M.T. ha altresì formulato domanda di risarcimento dei danni, riservandosene la quantificazione in prosieguo di causa.
Anche in tale secondo giudizio la A.S.L. Napoli 1 si è costituita ed ha resistito in giudizio, contestando la pretesa avversaria e concludendo per il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2001 entrambi i giudizi sono stati chiamati, discussi e introitati in decisione.
DIRITTO
Ai sensi dell’articolo 52 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, richiamato dall’articolo 19 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, i ricorsi in epigrafe, siccome palesemente connessi sia per i soggetti che per l’oggetto, dovranno essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.
I ricorsi sono fondati nei limiti dell’impugnazione degli atti in epigrafe per difetto di motivazione, mentre risultano infondate la proposte azioni petitorie e risarcitoria, nei sensi che in appresso si precisano.
La sezione ha effettivamente affermato, nelle precedenti sentenze citate da parte ricorrente (in particolare nelle decisioni nn. 3119/99, 1336/2000, 794/2000, 3105/99 e 3107/2000), che nel sistema del nuovo nomenclatore tariffario, recepito in Campania con delibera di giunta regionale n. 1874 del 31 marzo 1998, e del disciplinare contenente disposizioni transitorie di regolamentazione della erogazione delle prestazioni previste dal nomenclatore tariffario con annesse linee guida finalizzate al contenimento della spesa sanitaria, introdotte con delibera n. 377 del 3 febbraio 1998, la branca della terapia fisica, respiratoria, della riabilitazione e procedure correlate ha subito una ridefinizione con sostanziale unificazione di quelle che originariamente erano configurate come due distinte branche (prestazioni a favore di disabilità complesse e/o permanenti, richiedenti un programma o progetto riabilitativo – art. 26 l. 833/78, e prestazioni di fisiokinesiterapia contraddistinte nel nomenclatore allegato alla predetta delibera 377 con la lettera A, già ascritte, nel regime convenzionale, alla branca di medicina fisica ex art. 44 legge 833/1978 citata), donde l’irrilevanza dell’originaria convenzione anteriore al 1992 (stipulata in forza dell’articolo 44 o dell’articolo 26 della legge sanitaria 833 del 1978) ai fini della definizione della tipologia di prestazioni erogabili dai soggetti provvisoriamente accreditati in tale branca, avendo a tali fini rilievo solo la classificazione del centro nell’ambito delle tre categorie (“A”,”B” e “C”) introdotte dalle linee guida, in ragione dei requisiti strutturali, di attrezzature, organizzativi e di personale posseduti dal centro medesimo.
Su questa statuizione la Sezione non intende ritornare, non rinvenendosi nel presente giudizio elementi di novità che giustifichino un riesame di tale posizione, con l’ulteriore osservazione, a completamento dell’esposto iter argomentativo, che non può attribuirsi alcun rilievo, a sostegno della contraria tesi, al profilo della diversa appostazione contabile dei fondi destinati al pagamento delle une e delle altre prestazioni. Ai sensi della delibera di giunta regionale della Campania n. 1874 del 31 marzo 1998, le prestazioni di tipo “A” (relative a disabilità minime o transitorie richiedenti un limitato intervento terapeutico prescritto dal medico di base) graverebbero sul capitolo di spesa della specialistica ambulatoriale, mentre quelle di tipo “B” (relative a disabilità complesse o permanenti richiedenti un progetto riabilitativo prescritto da un medico specialista) inciderebbero sul capitolo di spesa delle riabilitazioni. Ma tale circostanza – relativa ai profili organizzativo-contabili del servizio sanitario - non può dì per sé incidere sul regime dei rapporti esterni intrattenuti con le strutture provvisoriamente accreditate.
Non ignora il Collegio che la Regione Campania ha, con la recente delibera di giunta n. 659 del 13 febbraio 2001, riproposto una lettura restrittiva del sistema di accreditamento provvisorio, facendo leva soprattutto sulla asserita attuale vigenza della delibera n. 8707 del 1994 (richiamata dalla delibera 377/1998), ove era prevista la conservazione delle disposizioni derivanti dai dd.PP.RR. nn. 119/1988 e 120/1988 “non in contrasto con la disciplina vigente”. La delibera, che non forma oggetto specifico del presente contenzioso, viene tuttavia in rilievo per la sua portata di “interpretazione autentica” della delibera n. 377 che la Regione ha voluto attribuirgli. Deve al riguardo osservarsi che essa non apporta nuovi argomenti rilevanti nell’esame della questione di che trattasi, riproponendo piuttosto assiomaticamente quelli già esaminati dalla sezione a proposito della delibera 377/1998, non affronta specificamente il tema della branca della terapia fisica, respiratoria, della riabilitazione e procedure correlate (che, come ampiamente chiarito nelle precedenti sentenze della Sezione, riceve invece una particolare e significativa trattazione nell’allegato alla delibera 377/1998), non si fa carico di prendere nella doverosa e opportuna considerazione l’ampio contenzioso giurisdizionale sviluppatosi negli anni 1999 e 2000 e culminato con le più volte richiamate pronunce di questa Sezione. Non sembra, in definitiva, che in base a tale delibera del 2001 le conclusioni sopra enunciate possano essere riviste.
Nella fattispecie, tuttavia, viene all’attenzione del Tribunale un ulteriore aspetto nell’ambito della problematica relativa alla definizione dei rapporti di provvisorio accreditamento nella branca in questione.
In particolare, come si evince dalla narrativa del fatto, il Centro ricorrente ha subìto una radicale trasformazione (di forma societaria, di sede, di strutture e dotazioni strumentali e organizzative) nel corso dell’anno 2000. Già centro Comef s.a.s. convenzionato ex articolo 44 l. 833/1978 per le sole prestazioni di tipo “A” (consistenti in “interventi nei confronti di disabilità transitorie e/o minimali richiedenti un semplice e breve intervento terapeutico-riabilitativo”), essendosi trasferito nel mese di febbraio 2000 in una nuova sede e avendo notevolmente incrementato i propri mezzi, a seguito della trasformazione in centro CMT s.r.l., pretende, in base alla surrichiamata interpretazione, di essere ammesso a erogare prestazioni in provvisorio accreditamento anche di tipo “A” e “B” ascritte alla fascia “C” (relative a programmi o progetti riabilitativi destinati all’attività riabilitativa specifica per i disabili) e ciò in forza dell’acquisita dimensione tipologico-strutturale di tipo “C”.
Ora, la questione che pone il Centro ricorrente e che costituisce il punto decisivo della presente controversia consiste nello stabilire se ed in che misura le trasformazioni successive alla fase di prima applicazione della delibera 377 del 1998 (autocertificazioni da rendersi entro il 31 dicembre 1998 con riferimento alla situazione in essere alla data del 31 dicembre 1997) possano ritenersi rilevanti.
A tal fine occorre prendere le mosse dalla ripetuta delibera regionale 377 del 1998.
Tale delibera, allo scopo di “regolamentare, sia pure provvisoriamente, la quantità e la qualità delle prestazioni erogabili da ogni struttura” stabilisce per le rispettive branche i carichi di lavoro massimi erogabili da ogni struttura sulla base della tipologia organizzativa e dei coefficienti di personale operante al 31 dicembre 1997 ed idoneamente documentati, richiedendo all’uopo un’autocertificazione di ciascun centro provvisoriamente accreditato, con riferimento alla situazione in atto al 31 dicembre 1997, con allegata una planimetria dei locali, una copia autentica dell’inventario delle attrezzature o delle fatture di acquisto delle stesse, una copia del libro matricola e paga e dell’ultimo versamento dei contributi previdenziali dei dipendenti, l’indicazione del nome del direttore sanitario e degli specialisti operanti, l’elenco del personale operante in forma di collaborazione libero-professionale.
Riguardo alla natura del termine del 31 dicembre 1997 indicato nella delibera regionale 377 quale limite di riferimento per la dotazione di mezzi, di personale, organizzativa e strutturale utile ai fini dell’inserimento nelle diverse classi tipologiche ivi previste, nelle decisioni 3119/1999 e 794/2000, si è affermato che “detta data (31.12.1997) nell’impianto normativo delle linee guida di cui alla ripetuta delibera n. 377/1998 non si pone come discrimine tra prestazioni che possono o non essere erogate, ma serve a determinare la capacità operativa massima di ciascuna struttura, sulla base dell’organizzazione strumentale, tecnologica e di personale posseduta alla medesima data. Si tratta quindi di un’attività istruttoria che risponde ad una precisa funzione prevista dalla norma, quella di previsione di spesa, e che quindi non ha lo scopo di impedire ai centri di erogare le prestazioni afferenti alla branca interessata, bensì soltanto di operare l’adeguata programmazione economica sulla base della fotografia della tipologia di prestazioni erogate al 31 dicembre 1997, vale a dire al dato (all’epoca) più aggiornato di spesa.” Si è dunque ammessa la possibilità in astratto che un Centro già provvisoriamente accreditato si ristrutturi e conseguentemente avanzi una pretesa ad erogare nell’ambito del servizio pubblico prestazioni diverse e/o aggiuntive rispetto a quelle che avrebbe potuto erogare sulla base della dotazione autocertificata alla data del 31 dicembre 1997. Tale indirizzo interpretativo non può dirsi superato a seguito della delibera regionale n. 659/2001 che si limita ad affermare immotivatamente la perentorietà del termine del 31 dicembre 1997.
Peraltro, con la successiva sentenza n.4090/2000 la Sezione ha introdotto alcune puntualizzazioni utili ai fini qui rilevanti, affermando il principio della legittimità della scelta di coordinamento effettuata dalla Regione in relazione alle nuove dotazioni organizzative e strumentali dei Centri provvisoriamente accreditati, con la conseguente inammissibilità di pretese creditorie – per i corrispettivi delle prestazioni erogate – che siano riferite allo stesso anno finanziario nel corso del quale la variazione strutturale è intervenuta, e ciò alla stregua di una ricognizione della evoluzione normativa successiva al d.lg. 502 del 1992 e alla legge 724 del 1994, sempre più attenta alle esigenze di programmazione del servizio e di controllo della spesa sanitaria (articolo 2, comma 8, della legge 28 dicembre 1995 n. 549; articolo 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996 n. 66; articolo 8 della legge 23 dicembre 1997 n. 44). Tale linea di tendenza della legislazione di settore trova un ulteriore e ancor più esplicito richiamo nell’ultima riforma apportata nella materia dal d.lg. 19 giugno 1999 n. 229, che ha inserito nel d.lg. 502/1992 il nuovo articolo 8 quater, il cui comma 1 è univoco nel subordinare l’accreditamento istituzionale non solo alla rispondenza delle strutture ai “requisiti ulteriori di qualificazione”, ma anche “alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale”. Nella stessa direzione la legge 388 del 2000, che ha stabilito (articolo 83, commi 4, 5, 6 e 7) che, a partire dall’anno 2001, gli eventuali disavanzi di gestione della spesa sanitaria dovranno essere ripianati mediante l’attivazione dell’autonomia impositiva regionale (con possibile aumento delle aliquote dei tributi di spettanza), con ricaduta diretta sui contribuenti regionali.
La Sezione intende a questo punto approfondire e meglio precisare la linea argomentativa inaugurata dalla citata sentenza n. 4090/2000 al fine di verificare quali siano le ricadute giuridico-formali di tale scelta che appare ispirata – si ripete – alla ricerca di un equo bilanciamento tra l’interesse dei centri già convenzionati – ora provvisoriamente accreditati – di poter evolvere la tipologia delle prestazioni erogabili in linea con l’evoluzione della scienza medica, di poter crescere nella dimensione imprenditoriale e migliorare nella capacità di erogare servizi, operando in un mercato arricchito di stimoli concorrenziali (anche rispetto ai presidi e alle strutture pubblici), con l’interesse pubblico a che il servizio sanitario regionale si sviluppi armonicamente in un’equilibrata rispondenza dell’offerta di servizi alla domanda effettiva di assistenza, in conformità agli standard quali-quantitativi stabiliti a livello nazionale e nella pianificazione regionale, nel rispetto delle ineludibili compatibilità economico-finanziarie.
In merito pare opportuno sgombrare immediatamente il campo da una possibile obiezione, basata sul rilievo della diversità dei piani della programmazione economica della spesa sanitaria e della disciplina dei rapporti di accreditamento, sotto il profilo delle prestazioni erogabili. Tale rilievo pretende di separare artificiosamente quello che è un fenomeno unitario, posto che la programmazione sanitaria non è solo fissazione di tetti di spesa, ma anche governo della distribuzione e della conformazione razionali dell’offerta di servizi sanitari, e posto altresì che non è pensabile, in ogni caso, che lo sforamento del budget complessivo di risorse finanziarie disponibili non incida anche sul dimensionamento e sul regime organizzatorio del servizio.
Ne consegue che – a prescindere dal rilievo specifico proprio del termine del 31 dicembre 1997 indicato nella delibera regionale di adozione delle linee guida 377/1998 – la complessiva razionalità e organicità del sistema del servizio sanitario regionale (che comunque si assoggetta ai canoni di buona amministrazione di cui all’articolo 97 Cost.) non può consentire alcun automatismo tra l’iniziativa economica privata di ampliamento e ristrutturazione e potenziamento delle dotazioni organiche e strutturali dei centri convenzionati (provvisoriamente accreditati) e l’obbligo del servizio sanitario pubblico di remunerare “a pie’ di lista” – a carico dei fondi pubblici (ricadenti, in ultima istanza, sulla fiscalità generale) - tutte le prestazioni erogate dai centri, purché riconducibili alla branca di appartenenza, alla stregua del d.m. 22 luglio 1996 (nuovo nomenclatore tariffario).
Del resto, la Regione non ha mancato di puntualizzare come la definizione della capacità operativa di ogni singolo soggetto erogatore di prestazioni specialistiche e diagnostiche ambulatoriali, derivante dai requisiti strumentali, strutturali e professionali posseduti “rappresenta solo la capacità operativa massima (C.O.M.) invalicabile attribuita, ma non rappresenta necessariamente un diritto ad effettuare per il S.S.R. un tale numero di prestazioni, essendo tale limite demandato anche alla contrattazione con le AA.SS.LL. territorialmente competenti sulla base di criteri e modalità applicativi definiti, preventivamente, in sede regionale con le associazioni maggiormente rappresentative esistenti in Campania" (circolare esplicativa delle linee guida di cui alla D.G.R. 377/1998, approvata con delibera di giunta regionale n. 6351 del 19 ottobre 1999, che stabilisce -in detto contesto- anche una proroga al 30 aprile 2000 dei termini per l’adeguamento dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi).
Ed in tali sensi si è ulteriormente espressa la già citata deliberazione di giunta regionale 13 febbraio 2001 n. 659 (cfr., per quanto qui rileva - ferme, cioè, per il resto, le statuizioni della Sezione di cui sopra si è detto - il terzo capoverso del “Ritenuto”).
E le cennate determinazioni regionali per quanto volte a chiarire la portata dei ripetuti requisiti, si appalesano del tutto in linea con il quadro normativo primario ed in particolare con l’atto di indirizzo statale in materia (d.P.R. 14 gennaio 1997), che individua i requisiti minimi da possedersi da ciascuna struttura (ai fini cioè della sua astratta abilitazione alla erogazione delle prestazioni), imponendo poi alle Regioni, nella determinazione dei requisiti ulteriori, di verificare in primo luogo che “l’accreditamento della singola struttura sia funzionale alle scelte di programmazione regionale”.
Occorre quindi un provvedimento dell’amministrazione competente che prenda atto della intervenuta trasformazione e la valuti compatibile con la programmazione sanitaria in atto, inserendo il nuovo soggetto (il soggetto sostanzialmente mutato e rinnovato nelle sue connotazioni qualitative e quantitative) entro il sistema pianificatorio regionale e di bacino di utenza afferente alla Asl territorialmente competente, con effetti a valere, in ipotesi di provvedimento positivo, sul fondo sanitario regionale a partire dall’anno finanziario successivo, ovvero secondo la diversa cadenza temporale eventualmente concordata.
In ordine alla natura giuridica del potere esercitato (e dell’atto posto in essere) dall’amministrazione nell’acquisire al sistema dell’accreditamento le variazioni successive intervenute nel dimensionamento e nell’organizzazione dei centri provvisoriamente accreditati, la Sezione ha già avuto modo di chiarire nella sentenza 4473/2000 – ancorché con riguardo a fattispecie parzialmente diversa – che il “diritto” alla erogazione di determinate prestazioni sanitarie a carico e nell’ambito del servizio sanitario nazionale, pur scaturendo dal dato oggettivo del possesso, da parte della struttura, dei requisiti previsti dalla disciplina nazionale e regionale vigenti e dalla conseguente verifica abilitativa (accreditamento), in relazione al contenuto della branca di riferimento definito nel nomenclatore tariffario nazionale di cui al d.m. 22 luglio 1996, è tuttavia conformato dall’esercizio delle funzioni pianificatorie e regolative regionali – previste dal d.lg. 502 del 1992 (e successive modifiche e integrazioni), nonché dalle leggi “finanziarie” del 1996 (l. 28 dicembre 1995 n. 549, articolo 2, comma 8) e del 1997 (l. 662/1996, articolo 1, comma 32) e di recente ribadite dall’articolo 8 quater del d.lg. 502/1992 introdotto dall’ultima riforma sanitaria (d.lg. 229/1999), il cui comma 1 è univoco nel subordinare l’accreditamento istituzionale non solo alla rispondenza delle strutture ai “requisiti ulteriori di qualificazione”, ma anche “alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale”. E ciò sia al fine della corretta distribuzione e articolazione sul territorio dell’offerta sanitaria, sia del rispetto dei limiti di spesa inerenti alla razionale pianificazione finanziaria del servizio. A fronte degli atti di esercizio di tali funzioni di pianificazione e regolazione i privati esercenti attività sanitarie vantano interessi legittimi e non diritti soggettivi.
Tale indirizzo non può che confermarsi nella presente sede, con il corollario della natura non meramente vincolata e ricognitiva, ma autoritativa con effetti conformativi, dell’atto dell’amministrazione sanitaria conseguente alla formale comunicazione, da parte del Centro provvisoriamente accreditato, delle intervenute variazioni nel proprio dimensionamento e nelle proprie caratteristiche tipologiche e funzionali.
Nel caso in cui l’amministrazione regionale abbia compiutamente esercitato le sue funzioni di pianificazione e di programmazione (giusta le previsioni della stessa legislazione regionale di settore: cfr. art. 24 legge regionale n. 36 del 1987, con particolare riferimento ai bacini di utenza necessitati, e art. 28 l. r. n. 32 del 1994, ), allora l'area della scelta discrezionale delle autorità esecutive (Asl e organi gestionali regionali) sarà conseguentemente ridotta e l’atto dovrà in sostanza verificare la rispondenza della nuova offerta di servizi sanitari alle linee programmatorie regionali. Ove, invece, come ancora oggi deve riscontrarsi nella realtà concreta del sistema sanitario regionale della Campania, tale funzione di pianificazione e di programmazione non sia stata esercitata (in tutto o in parte), allora dovrà per conseguenza ammettersi una maggiore dilatazione del potere discrezionale degli organi cui è demandata l’assunzione degli atti di gestione dei rapporti di accreditamento in essere. In tale evenienza – che è quella con cui si ha a che fare nel caso concreto in esame – l’accreditamento costituisce al tempo stesso sia un atto di accertamento tecnico-discrezionale (per la parte in cui opera le verifiche dei requisiti tecnici idoneativi), sia una valutazione connotata da discrezionalità amministrativa, per la parte in cui la funzionalità della struttura viene valutata rispetto alle scelte della programmazione sanitaria nell’ambito delle linee di quella nazionale.
Naturalmente i suddetti atti dell’amministrazione sanitaria competente in tema di ricognizione e ammissione del Centro provvisoriamente accreditato, nelle sue mutate dimensioni e caratteristiche, nell’ambito del sistema complessivo di avvalimento, da parte del servizio pubblico, di strutture private, se sono capaci di assumere un contenuto discrezionale a termini dell’articolo 8 quater introdotto dal d.lg. 229/1999 citato, si presentano nondimeno senz’altro dovuti nell’an, nel senso che l’amministrazione – ritualmente notiziata della sopravvenuta variazione del Centro provvisoriamente accreditato – non potrà omettere qualsivoglia determinazione, ma dovrà necessariamente provvedere, nei termini di legge e/o di regolamento, con atto espresso e motivato sulla istanza del Centro medesimo, il quale potrà naturalmente valersi di tutti i rimedi amministrativi, giustiziali e giurisdizionali previsti dall’ordinamento, e ciò sia avverso il comportamento inadempiente e inerte della p.a., sia avverso un atto sfavorevole della cui legittimità possa dubitarsi.
Mette conto infine di osservare come il richiamo – compiuto dal Centro ricorrente - al decreto sindacale di autorizzazione all’apertura e funzionamento del 4 agosto 2000, onde affermare il proprio preteso diritto a erogare tutte le prestazioni erogabili da un Centro di tipo “C”, risulti per un verso infondato – a termini delle puntualizzazioni svolte dalla Sezione nelle recenti sentenze nn. in merito alla inidoneità del solo decreto sindacale di autorizzazione a determinare la capacità operativa - per altro verso fuorviante e controproducente, posto che, a partire dall’entrata in vigore del d.lg. 229 del 1999, che ha modificato il d.gl. 502 del 1992 con l’introduzione del nuovo articolo 8 ter, per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie il comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione, e tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture.
In conclusione, nel caso in esame deve escludersi la sussistenza di un diritto soggettivo del Centro ricorrente di pervenire a erogare, a carico del servizio sanitario regionale, tutte le prestazioni, sia di tipo “A” che di tipo “B”, relative alla branca della terapia fisica, respiratoria, della riabilitazione e procedure correlate, occorrendo, come sopra chiarito, un provvedimento amministrativo ad effetto conformativo.
Le domande di accertamento del diritto <> devono dunque giudicarsi infondate e andranno come tali respinte. La stessa conclusione deve trarsi circa la proposta domanda risarcitoria. A conclusioni parzialmente diverse può invece giungersi quanto all’azione impugnatoria.
Gli atti oggetto di impugnazione (nota prot. 10142 del 31 ottobre 2000 a firma del direttore del distretto 53 e del direttore generale della ASL Napoli 1, impugnata con il ricorso n. 12277/2000; delibera del direttore generale n. 3605 del 23 ottobre 2000 – nella parte in cui, nel prendere atto della modifica della ragione sociale della ricorrente e del decreto sindacale n. 1711 del 4 agosto 2000, ha disposto “che in virtù della trasformazione societaria il rapporto di provvisorio accreditamento si trasferisce alla CMT nulla innovando sulla tipologia e classificazione dello stesso”, impugnata con il ricorso n. 63/2001 Reg. Gen.,) costituiscono sicuramente un diniego della Asl opposto all’interesse pretensivo fatto valere dal Centro.
Avverso tali atti parte ricorrente ha proposto, tra l’altro, una censura di illegittimità per difetto di motivazione.
Tale doglianza è fondata e determina l’accoglimento del ricorso per il solo profilo del difetto di motivazione del diniego opposto al Centro ricorrente rispetto alla sua pretesa di partecipare al sistema di accreditamento nelle sue mutate caratteristiche e potenzialità di erogazione di servizi sanitari.
Alla stregua del sistema come sopra delineato l’amministrazione convenuta non può limitarsi ad affermare l’assenza di convenzione con il Centro o la esorbitanza delle nuove caratteristiche e delle nuove prestazioni rispetto al pregresso rapporto convenzionale e di accreditamento provvisorio. Ma, esercitando i poteri di cui al citato articolo 8 quater introdotto dal d.lg. 229 del 1999, avrebbe dovuto motivare, previa adeguata istruttoria, sulle ragioni per cui tale nuova e aggiuntiva offerta di servizi sanitari non era rispondente e funzionale rispetto agli indirizzi di programmazione regionale.
Per tutti gli esposti motivi i riuniti ricorsi andranno accolti nei limiti della fondatezza del menzionato motivo di difetto di motivazione degli atti impugnati, che andranno per l’effetto annullati, in parte qua, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione intimata. Le domande di accertamento dei diritto e di condanna della Asl al risarcimento del danno andranno invece rigettate siccome infondate.
Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i giudizi.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, ne dispone la riunione e così decide:
accoglie in parte i ricorsi – nei limiti delle proposte censure di difetto di motivazione degli atti impugnati - e, per l’effetto, annulla la nota prot. 10142 del 31 ottobre 2000 a firma del direttore del distretto 53 e del direttore generale della ASL Napoli 1, impugnata con il ricorso n. 12277/2000, nonché, in parte qua, la delibera del direttore generale n. 3605 del 23 ottobre 2000, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione;
rigetta sotto ogni altro profilo i proposti ricorsi;
compensa per intero tra le parti le spese di causa.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle Camere di Consiglio del 28 febbraio e del 13 giugno 2001.