02.02.2006 free
TAR SICILIA - ( l'ex assistente medico che rivendica le mansioni di aiuto, necessita di atto formale di assegnazione)
§ - Anche per il personale del comparto sanitario è essenziale – in aggiunta agli altri requisiti - che lo svolgimento delle mansioni superiori, per dar titolo alla corresponsione del trattamento retributivo differenziale ai sensi dell'art. 29 d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, avvenga (oltre che a seguito di formale provvedimento dell'organo cui compete la gestione del personale) quanto meno in virtù di una disposizione impartita da un dirigente dell'Usl avente potere dispositivo in materia di assegnazione del personale ai vari uffici e servizi, eccezion fatta per il solo personale medico con la qualifica di aiuto, che ha l'obbligo di sostituzione del primario, la cui funzione è da ritenersi indefettibile in una struttura sanitaria ed in quanto imposto direttamente dall'art. 7 d.P.R. 27 marzo 1969 n. 128.(www.dirittosanitario.net)
Sentenza N. 305/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sede di Palermo,
Sezione Seconda, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 1400/1993 R.G. proposto da ..., rappresentato e difeso dall’avv. Ignazio Cucchiara ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Caterina Lo Presti, in Palermo, Via Libertà, n. 102, contro
l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 7 di Sciacca (ora, Azienda USL 1 di Agrigento), nella persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;
per la condanna al pagamento in favore del ricorrente delle differenze retributive, dall’11.09.1988 al 19.08.1989 e dal 5.04.1990 al 30.06.1992, “tra quanto dovutogli in relazione all’espletamento delle mansioni superiori di Aiuto di anestesia e rianimazione e quanto corrispostogli in relazione alla posizione di inquadramento di Assistente di Anestesia e Rianimazione”.
Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista la memoria del ricorrente; Visti gli atti tutti di causa; Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2006, designato relatore il Referendario dott. Gianmario Palliggiano, udito il procuratore del ricorrente come da verbale d’udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
Fatto
Con il ricorso indicato in epigrafe, notificato il 16 marzo 1993 e depositato il successivo 5 aprile, il dott. ... ha chiesto l’accertamento e la dichiarazione del diritto alla corresponsione delle somme pari alla differenza tra il trattamento economico spettante per la qualifica rivestita e quello proprio della qualifica superiore. Il ricorrente - dipendente dell’ (allora esistente) USL n. 7 di Sciacca, in servizio presso il P.O. di Sciacca, con la qualifica di aiuto di Anestesia e Rianimazione (attribuitagli con effetto dall’1.07.1992 a seguito di concorso pubblico) - ha precedente prestato servizio presso il medesimo P.O. con la qualifica di Assistente di anestesia e rianimazione.
Asserisce di avere svolto le mansioni superiori di Aiuto durante i seguenti periodi: - dall’11.07.1988 al 18.08.1989, per l’assenza per malattia della dott.ssa Arcangela Mazzola, in servizio con la qualifica di Aiuto; - dal 5.02.1990 al 30.06.1992, per l’assegnazione della Mazzola al servizio di Tisio Pneumologia, con le funzioni di Aiuto presso detto servizio e, comunque, per la sopravvenuta vacanza di un altro posto di Aiuto.
Deduce la violazione degli articoli 36 Cost., 2126 cod. civ. e violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico. Conclude chiedendo la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme risultanti dovute per differenze contributive con interessi nella misura legale e rivalutazione monetaria, vinte le spese.
L’amministrazione regolarmente intimata, non si è costituitasi in giudizio. All’udienza pubblica del 24 gennaio 2006, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Diritto
Il ricorso è infondato. In via preliminare è opportuna una breve e sintetica rassegna dei principi giurisprudenziali ritenuti applicabili alla annosa questione dell’applicabilità al settore del c.d. “pubblico impiego” del disposto di cui all’art. 2103 c.c..
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha enucleato una serie di precetti in materia di diritto del pubblico dipendente all’inquadramento corrispondente alla qualifica rivestita ed alle mansioni esercitate e del pari si è soffermata sulla connessa problematica relativa al possibile riconoscimento di una qualifica corrispondente alle mansioni superiori in concreto svolte dal soggetto che presta servizio alle dipendenze di una pubblica amministrazione. Un regola generale del sistema merita di essere immediatamente evidenziata: i principi giuridici che regolamentano la materia del pubblico impiego divergono – e talvolta in modo consistente – da quelli regolanti il rapporto di impiego privatistico. Ciò avviene perché – come più volte evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale – l’ontologica diversità del rapporto di impiego alle dipendenze dei privati rispetto a quello svolto alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni trova “copertura” costituzionale ex art. 97 della Carta fondamentale. La materia devoluta alla cognizione del Collegio nell’ambito del presente procedimento non fa certo eccezione a tale regola: al contrario può affermarsi che anche il recente testo unico, il d. lgs. 165/2001, che completa l’opera di privatizzazione del pubblico impiego, avviata organicamente già a far data dal 1993, ribadisce (in punto, ad esempio, di non riconoscibilità delle mansioni superiori svolte) la impossibilità di piena identificazione dei due regimi, privato e pubblico, di rapporto di lavoro subordinato.
Sul punto, è principio costantemente seguito quello per cui stante la non applicabilità ai rapporti di pubblico impiego dell'art. 13 Statuto lavoratori, relativamente all'esercizio di mansioni superiori, è inammissibile la domanda di riconoscimento del diritto all'inquadramento nella qualifica superiore da parte dei dipendenti, che vantino la posizione di utilizzazione in mansioni non corrispondenti alla minore qualifica posseduta (Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 1999, n. 801). Il Consiglio di Stato ha inoltre affermato che “nell'ambito del lavoro subordinato pubblico, le mansioni svolte dal dipendente, superiori a quelle dovute sulla base dell'atto di costituzione del rapporto o d'inquadramento, sono del tutto irrilevanti ai fini sia economici sia di progressione in carriera - salvo che una norma non disponga espressamente altrimenti -, nessun principio generale consentendo la retribuibilità delle predette mansioni superiori, a causa dell'inapplicabilità al pubblico impiego dell'art. 13 l. 20 maggio 1970 n. 300 e dell'art. 2103 c.c., nonché dell'inconferenza in questa materia dell'art. 2126 c.c. e dell'art. 36 cost., l'operatività di quest'ultima trovando nel successivo art. 97 un limite invalicabile”(Cons. Stato Sez. V, 17 gennaio 2000, n. 286).
Peraltro resta salva, in materia, l’eventuale diversa previsione legislativa settoriale, posto che “la disposizione normativa di cui all'art. 2103 c.c., come sostituito dall'art. 13 L. 20 maggio 1970 n. 300, per quanto attiene all'obbligo di adeguare il trattamento economico alle mansioni esercitate, può essere applicata al settore dell'impiego pubblico soltanto nei limiti previsti da norme speciali” (Cons. Stato, Ad. Plen., 18 novembre 1999, n. 22). Orbene, nel caso di specie, esiste una settoriale previsione normativa che legittimerebbe, in via astratta, la prospettazione del ricorrente.
L’art. 29 del D.P.R. n. 761/1979 - la cui rubrica recita “esercizio delle mansioni inerenti al profilo e alla posizione funzionale”- prevede che il dipendente ha diritto all'esercizio delle mansioni inerenti al suo profilo e posizione funzionale e non può essere assegnato, neppure di fatto, a mansioni superiori o inferiori. In caso di esigenze di servizio il dipendente può eccezionalmente essere adibito a mansioni superiori. L'assegnazione temporanea, che non può comunque eccedere i sessanta giorni nell'anno solare, non dà diritto a variazioni del trattamento economico. Inoltre, non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale di posizione funzionale più elevata, qualora la sostituzione rientri tra gli ordinari compiti della propria posizione funzionale.
V’è quindi possibilità astratta che il dipendente del comparto, destinato a coprire il posto vacante per oltre 60 giorni, consegua la retribuzione “superiore” relativa all’attività in concreto esercitata. Tuttavia, la giurisprudenza amministrativa ha subordinato il ricorrere di tale situazione ad alcune condizioni, avendo sul punto affermato che “anche per il personale del comparto sanitario è essenziale – in aggiunta agli altri requisiti - che lo svolgimento delle mansioni superiori, per dar titolo alla corresponsione del trattamento retributivo differenziale ai sensi dell'art. 29 d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761, avvenga (oltrechè a seguito di formale provvedimento dell'organo cui compete la gestione del personale) quanto meno in virtù di una disposizione impartita da un dirigente dell'Usl avente potere dispositivo in materia di assegnazione del personale ai vari uffici e servizi, eccezion fatta per il solo personale medico con la qualifica di aiuto, che ha l'obbligo di sostituzione del primario, la cui funzione è da ritenersi indefettibile in una struttura sanitaria ed in quanto imposto direttamente dall'art. 7 d.P.R. 27 marzo 1969 n. 128” (Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 1999, n. 629).
Ciò perché il requisito della vacanza del posto, o quanto meno, della sua disponibilità, per l'assenza prolungata del titolare e la presenza di una disposizione impartita dall'organo competente dell'ente, sono elementi indispensabili per la costituzione del diritto al pagamento per lo svolgimento di mansioni superiori da parte dei dipendenti delle USL, ai sensi dell'art. 29 D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761. Pertanto il carattere formale che contrassegna l'organizzazione delle p.a. - confermato anche dal disegno complessivo dell'art. 2, L. 23 ottobre 1992 n. 421, e dal d. lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, in sintonia con i principi di legalità e di buon andamento, enunciati dall'art. 97 Cost. - impedisce il riconoscimento a fini retributivi di pretese dei dipendenti fondate su iniziative assunte dagli stessi interessati, anziché su disposizioni normative o su provvedimenti adottati dagli organi responsabili della gestione.
Più di recente, è stato ribadito che “se è vero che nel settore della sanità pubblica l'art. 29 D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 riconosceva al dipendente il diritto alle differenze retributive, non di meno a tal fine occorre, comunque, a salvaguardia dei principi costituzionali e degli interessi pubblici, che lo svolgimento delle funzioni superiori fosse avvenuto su un posto organico vacante ed in conformità di una disposizione impartita dall'organo amministrativo dell'ente pubblico nell'esercizio del suo potere direttivo” (Consiglio Stato, sez. V, 3 luglio 2003, n. 3980). Importante condizione legittimante è, però, quella della ricorrenza di un “titolo formale”, essendosi esattamente rilevato che - ai fini dell'applicazione dell'art. 29 d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 - anche per il personale del comparto sanitario è essenziale, in aggiunta agli altri requisiti, che lo svolgimento delle mansioni superiori, ai fini della corresponsione del relativo trattamento retributivo differenziale, avvenga a seguito di specifico provvedimento dell'organo cui compete la gestione del personale, né a tale scopo, possono ritenersi idonei i meri ordini di servizio, fatta eccezione, per il solo personale medico con la qualifica di aiuto, per gli obblighi di sostituzione del primario, in quanto imposti direttamente dall'art. 7 D.P.R. 27 marzo 1969 n. 128 (Cons. Stato, Sez. V, 17 gennaio 2000, n. 286).
Invero, nel caso di specie, deve rilevarsi la mancanza del presupposto legittimante ai fini dell’applicazione dell’art 29 del D.P.R. 761/1979 riscontrandosi, invero, la carenza dell’atto formale di assegnazione. Di ciò, sulla base degli atti di causa, non è stata fornita prova alcuna da parte del ricorrente, ex art. 2697 c.c., dell’assegnazione formale di un incarico corrispondente al posto vacante in organico per un periodo superiore a sessanta giorni. Ed a tal fine, non può in alcun modo considerarsi idonea la nota prot. n. 10448 del 16.11.1992, con la quale il coordinatore amministrativo e l’amministratore straordinario dell’USL intimata, comunicano al richiedente che “non c’è traccia della eventuale disposizione di servizio, a mezzo della quale l’interessato sarebbe stato assegnato ad altre mansioni”.
Alla stregua dei principi sopra indicati, il ricorso deve essere respinto. Nessuna statuizione è dovuta in ordine alle spese del giudizio stante la mancata costituzione dell’amministrazione intimata.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, , Sede di Palermo, Sezione seconda, respinge il ricorso n. 1400/1993 R. G. in epigrafe indicato.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall' Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, nella Camera di Consiglio del 24 gennaio 2006 con l’intervento dei Signori Magistrati:
- Calogero Adamo – Presidente Salvatore Veneziano – Consigliere Gianmario Palliggiano – Referendario Estensore.
Depositato in Segreteria il 07/02/2006