14.06.2005 free
CORTE di CASSAZIONE - sez.penale (condotta colposa nel periodo post operatorio)
§ - Il concetto clinico di malattia richiede un processo patologico che determini un'apprezzata menomazione funzionale dell'organismo ; pertanto va qualificato come lesione determinante una malattia nel corpo, ai sensi dell'art. 582 C.P., il processo infiammatorio delle mammelle subito dalla paziente durato nel tempo anche con presenza di anomala temperatura corporea, con la conseguente necessità di rimozione delle protesi applicate (www.dirittosanitario.net)
sentenza n. 3448 - Cass. pen. Sez. IV 02-02-2005
Motivi della decisione
1. (omissis) e (omissis) venivano tratti a giudizio innanzi al Pretore di Catania per rispondere del delitto di lesioni colpose gravi in persona di (omissis) In particolare, costei, in data (omissis) si era sottoposta ad un intervento di mastoplastica additiva eseguito materialmente dal Dr. (omissis) con la collaborazione del Dr. (omissis) (titolare del centro medico (omissis)); successivamente erano intervenuti i segni premonitori diuna flogosi, non adeguatamente trattata dai predetti secondo l'accusa, per cui il disturbo si era aggravato ed era stato necessario eseguire altro intervento chirurgico, compiuto da diverso operatore, per la rimozione delle protesi mammarie: dette evenienze avevano prodotto lesioni gravi, con impedimento ad accudire alle ordinarie occupazioni per oltre quaranta giorni.
2. In punto di fatto, risultava, in modo più approfondito secondo la versione resa dalla parte offesa, che i sanitari avevano prescritto a quest'ultima, dopo l'intervento, l'esecuzione di un ciclo di massaggi, nel corso dei quali dopo circa 20 giorni, ella aveva iniziato ad avvertire dei disturbi, consistenti nell'ingrossamento ed indurimento della mammella destra e fuoriuscita di liquido rossastro da entrambi i seni. Si era rivolta al Dr. (omissis) il quale l'aveva tranquillizzata disponendo la prosecuzione della terapia (i massaggi)che veniva eseguita presso il Centro medico diretto dal medesimo.
Proseguendo i disturbi, circa nel marzo 1994, si era fatta visitare dal Dr. (omissis) altro collaboratore del Dr. (omissis) che aveva sospeso la pratica dei massaggi prescrivendole la somministrazione di antibiotici ed antinfiammatori. In prosieguo era stata ancora visitata dal Dr. (omissis) il quale aveva escluso ogni complicazione; quindi, in data (omissis) la (omissis) era stata controllata personalmente dal Dr. (omissis) e questi le aveva effettuato uno "squeezing" e cioè la spremitura della mammella finalizzata al suo ammorbidimento; il Dr. (omissis) aveva eseguito nel mese di maggio altro "squeezing", che, peraltro, non aveva prodotto alcun effetto essendo rimasto il seno turgido e dolente. Ilprocesso infiammatorio era continuato, le mammelle si erano ingrossate con evidenza della protesi; per cui, la donna si era rivolta ad altro chirurgo il dr. (omissis) che, in data (omissis) aveva rimosso le protesi da entrambi i seni, dai quali fuoriusciva un liquido torbido; il chirurgo aveva rilevato anche l'esistenza e parzialmente asportato in ciascun seno una capsula periprotesica, cioè una formazione pseudocistica indotta dalla introduzione della protesi stessa; nella cartella clinica relativa a quest'ultimo intervento,veniva rappresentato che la paziente da circa sei mesi presentava una temperatura febbrile di 37,5 gradi centigradi.
3. In sede di indagini preliminari, con incidente probatorio veniva eseguita perizia medico legale intesa ad accertare le concrete responsabilità professionali e penali degli imputati. Quindi, il Pretore di Catania, a seguito di udienza dibattimentale, assolveva i prevenuti dal reato loro ascritto, con la formula "perchè il fatto non sussiste". Riteneva il giudice che non fosse stata raggiunta la prova che la infiammazione delle mammelle e la crisi di rigetto delle due protesi fosse conseguenza immediata e diretta di comportamenti omissivi degli imputati; l'evenienza in questione era, invece, da attribuire ad un'intolleranza manifestata dall'organismo della paziente rispetto all'introduzione di corpi estranei.
4. Avverso la sentenza di assoluzione proponeva impugnazione il P.M. presso il Tribunale di Catania, chiedendo la condanna dei prevenuti.
La Corte di Appello di Catania riteneva l'appello fondato, condividendo i risultati della perizia medica appunto svolta in sede di incidente probatorio, da cui era emerso che la mancata adeguata assistenza medica prestata in favore della paziente nel periodo immediato post-operatorio non aveva consentito di attuare tuttequelle terapie locali (medicazioni più continue) e generali (terapia antibiotica per un periodo protratto) che avrebbero evitato le complicanze insorte risoltesi, poi, con un necessario secondo intervento di asportazione delle protesi. Peraltro, poichè il termine prescrizionale era decorso, la Corte, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati per essere il reato ascritto estinto per prescrizione. 5. Gli imputati avanzavano ricorso per Cassazione.
Si dolevano per la ricostruzione dell'occorso come compiuta dal giudice di appello, il quale non aveva tenuto conto in modo logico e congruente di tutto il materiale probatorio acquisito. Rilevavano l'insussistenza probatoria in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità tra il comportamento di essi sanitari ed il "rigetto delle protesi", fenomeno alquanto consueto nel tipo di operazione di chirurgia plastica in esame. Contestavano, comunque, che (omissis) avesse riportato un pregiudizio fisico, penalmente rilevante e configurabile una lesione ai sensi degli artt. 582 - 583 - 590 C.P. Chiedevano l'annullamento della sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi vanno rigettati perchè infondati. Si osserva che questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di assolvere per motivi di merito si riscontra solo quando gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto o della sua non attribuibilità penale al prevenuto emergono dagli atti in modo incontrovertibile, tanto che la valutazione di essi da parte del giudice sia assimilabile più ad una constatazione che ad un accertamento (v. Cass. 4-12-1997- Pasqualetti; Cass. 9-7-1998 - Maccan; Cass. 15-2-1999 - Di Pianto;Cass. 6-5-2003 - Corchia).
In altre parole, per pervenire al proscioglimento nel merito dell'imputato, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, deve applicarsi il principio di diritto secondo cui "positivamente" deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli (v. così, Cass. 2-12-1997- Fratucello; Cass. 10-4-2003-Lunardi). Il che non è ravvisabile nel caso di specie. Difatti, alla luce delle articolate e coerenti argomentazioni svolte dal giudice di appello, sono evidenziabili elementi attestanti la condotta imperita e negligente tenuta da entrambi i prevenuti, i quali non avevano adeguatamente tenuto sotto controllo la paziente nel periodo post-operatorio, sottovalutando gli inconvenienti lamentati dalla donna, intervenendo in modo intempestivo e non corretto (il Dr. (omissis) tra l'altro, aveva disposto l'interruzione della cura antibiotica prescritta dal Dr. (omissis) invitando la (omissis) a sottoporsi nuovamente ad un ciclo di massaggi).
D'altro canto, non ricorrono profili logico giuridici tali da escludere "in radice" la sussistenza del nesso di causalità tra le omissioni attribuibili ai sanitari e l'evento. Piuttosto, la Corte di Appello ha applicato rettamente la teoria condizionalistica della causa stabilita dall'art. 41 C.P. interpretata secondo il modello della "sussunzione sotto leggi scientifiche" (c.d. metodo generalizzante di spiegazione causale sulla base di "leggi generali di copertura") in correlazione con criteri di credibilità razionale o probabilità logica (v. così, Cass. S.V. 10-7-2002-Franzese).
Inoltre, i giudici di secondo grado hanno correttamente qualificato come lesione determinante una malattia nel corpo, ai sensi dell'art. 582 C.P., il processo infiammatorio delle mammelle subito dalla paziente durato nel tempo anche con presenza di anomala temperatura corporea, con la conseguente necessità di rimozione delle protesi applicate: come è noto il concetto clinico di malattia richiede, così come verificatosi nel caso di specie, un processo patologico che determini un'apprezzata menomazione funzionale dell'organismo. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali. Quanto alla domanda della parte civile (omissis) per il rimborso delle spese del presente giudizio a carico dei ricorrenti, trattasi di pretesa che non ha ragion d'essere non essendo mai intervenuta - nel procedimento de quo agitur - condanna degli imputati al risarcimento del danno verso la suddetta danneggiata, la quale, peraltro, non è stata presente come parte civile nel precedente giudizio di impugnazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione - Quarta Sezione Penale. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2004.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2005