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CONSIGLIO di STATO – ( sul principio generale di unicità del rapporto di lavoro del personale medico con il S.S.N. e sulla sua necessaria interpretazione estensiva)
Sentenza N.2430/2003
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 8834 del 1993, proposto dal Ministero della sanità, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
C O N T R O
Maurizio Baldassarri, Carlo Eraldo Amadi, Aldo Pagliaga, Alberto Di Giuseppe, Emanuela Memè, Enrico Caraceni, Chan Robin, Franco Antognini, Nicola Venditti, Andrea Soccetti, Aldo Verdenelli, Nelvio Cester, Mirco Amici, Giancarlo Fabrizzi, Giovanni Cardoni, Guido Muzzi, Vittorio Ciuffoletti, Renzo Vincenzi, Francesco Menichelli, Luigi Ricci, Alessandro Luzzi, Giovanni Orsetti, rappresentati e difesi dall’Avv. Elio Vitale, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Roma, Viale Mazzini, n. 6. E NEI CONFRONTI dell’Unità Sanitaria Locale n. 12 di Ancona, in persona del suo Presidente in carica, non costituito in giudizio.
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del T.A.R. Lazio (Sezione I bis) 13 luglio 1993, n. 1118. Visto il ricorso con i relativi allegati. Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati. Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese. Visti gli atti tutti del giudizio. Alla pubblica udienza del 11 febbraio 2003, relatore il Consigliere Costantino Salvatore. Nessuno comparso per le parti. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Il Ministero della Sanità appella la sentenza in epigrafe specificata, con la quale il TAR del Lazio, accogliendo il ricorso proposto dagli appellati – tutti medici con rapporto unico in servizio presso l’USL n. 12 di Ancona – ha annullato la circolare ministeriale 24 novembre 1992 nonché la nota dell’USL di Ancona 12 dicembre 1992, nella parte in cui stabilisce che il divieto, previsto dall’art. 4, comma 7 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, di esercitare l’attività libero professionale in strutture private convenzionate operi in maniera oggettiva, prescindendo da ogni considerazione circa la natura del rapporto diretto tra medico e paziente o dal fatto che l’attività venga svolta nell’ambito di struttura convenzionata ma in unità operativa non convenzionata.
Il Ministero contesta la ricostruzione operata dal primo giudice e chiede l’integrale riforma della sentenza. Gli originari ricorrenti si sono costituiti in questo grado del giudizio, replicando alle argomentazioni svolte dall’amministrazione. Con ordinanza 15 febbraio 1994, n. 198 è stata sospesa l’efficacia della sentenza.
L’appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 11 febbraio 2003.
D I R I T T O
L’art. 4, comma 7 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, così recita: “Con il Servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. Il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale è altresì incompatibile con l'esercizio di altre attività o con la titolarità o con la compartecipazione delle quote di imprese che possono configurare conflitto di interessi con lo stesso.
L'esercizio dell'attività libero-professionale dei medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale è compatibile col rapporto unico d'impiego, purché espletato fuori dell'orario di lavoro all'interno delle strutture sanitarie o all'esterno delle stesse, con esclusione di strutture private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Le disposizioni del presente comma si applicano anche al personale di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
La portata del divieto in parola, applicabile per espressa disposizione anche ai professori medici universitari, è stata già affrontata da questo Consiglio sia in sede consultiva sia in sede giurisdizionale (cfr. Sez. I, 11 novembre 1992, n. 2719; Sez. II, 1 aprile 1992, n. 446; Sez. V, 23 novembre 1995, n. 1640; Sez. VI, 24 ottobre 2000, n. 5693; 9 agosto 1996, n. 999).
In tali occasioni si è avuto modo di chiarire che il principio generale di unicità del rapporto di lavoro del personale medico con il S.S.N., previsto dalla norma avanti citata, deve intendersi estensivamente nel senso che esso rileva a tali fini sia dei rapporti di lavoro alle dipendenze di strutture pubbliche o private in qualsiasi maniera convenzionate, sia dei rapporti libero - professionali in regime di convenzione, sia dell'esercizio di attività professionale, ancorché autonoma, presso una struttura privata convenzionata.
Si tratta di un principio che ha carattere oggettivo ed assoluto, per cui il divieto di svolgere attività professionale in strutture convenzionate opera ancorchè l’attività sia svolta stabilendo un rapporto diretto con il paziente o in un’unità operativa non convenzionata della stessa struttura, nonché in strutture convenzionate in discipline diversa da quella nella quale il medico presta servizio.
Nel senso che l'incompatibilità derivante dal divieto di cui sopra è assoluta ed opera nei confronti di qualsiasi altra attività depone anche la finalità della norma diretta a "garantire la massima efficienza e funzionalità operativa al servizio sanitario pubblico", come ha avuto modo di precisare la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 457 del 23 dicembre 1993). Da tale orientamento, sul quale conviene anche la Corte di Cassazione (cfr. Cass. sezione lavoro 5 agosto 1988, n. 9881) il Collegio non ha motivo di discostarsi, per cui l’appello va accolto e, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe specificato, lo accoglie e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 11 febbraio 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in camera di consiglio con l'intervento dei signori: Paolo SALVATORE Presidente Livia BARBERIO CORSETTI Consigliere Costantino SALVATORE Consigliere, est. Antonino ANASTASI Consigliere Anna LEONI Consigliere