30.11.2010 free
E' giusto che l'ASL assicuri il medico dipendente anche per colpa grave?
C’è una prima cosa da sottolineare: la responsabilità dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, in certi casi può essere connotata dalla cosiddetta colpa grave; se pensiamo alla responsabilità del professionista medico, possiamo dire che la colpa grave comprende tanto gli errori inescusabili, che sono tali per la loro grossolanità, quanto l'assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione e il difetto di quel minimo di perizia tecnica, di esperienza e di capacità professionale che non devono mancare in chi esercita l'attività sanitaria.
La Corte dei Conti ha osservato che il parametro più congruo per valutare il comportamento del medico, deve essere incentrato sul livello di diligenza impiegato nello scegliere discrezionalmente mezzi e modi suggeriti dalla scienza medica in relazione alla gravità della patologia riscontrata.
Nel caso in cui l’amministrazione sia tenuta a risarcire il danno subito da un paziente a causa di un trattamento diagnostico o terapeutico e il comportamento del professionista possa essere connotato in termini di maggiore gravità, potrà derivare a carico del sanitario l’esperimento dell’azione di rivalsa per il danno erariale subito.
La questione è se il datore di lavoro possa o meno assicurare il medico anche per questa evenienza.
Si è affermato che, sotto alcun profilo potrebbe ritenersi ammissibile la stipula di polizze a favore di amministratori e dirigenti di un ente pubblico, comprendenti - tra l'altro - la copertura del rischio costituito dalla eventuale condanna dei medesimi da parte della Corte dei conti, per i danni che essi abbiano causato all'ente di appartenenza con il proprio comportamento gravemente colposo e con assunzione dell'onere del pagamento del relativo premio a carico dell'amministrazione stessa.
La stipula di polizze assicurative a favore di amministratori e dipendenti per danni cagionati all’ente nell’esercizio delle loro funzioni, anche per condotte dolose o gravemente colpose si pone in contrasto con il carattere personale della responsabilità amministrativa – ormai sancito dall’art. 1 l. 20/1994 e con l’art. 28 cost., il quale dispone che i funzionari e dipendenti degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi civili, penali e amministrative, con conseguente esclusione della possibilità di estensione di tale ultima forma di responsabilità all’ente. Pertanto la stipula di una polizza a copertura dei rischi conseguenti ad una eventuale responsabilità amministrativa può dirsi illegittima comportando la responsabilità di chi l’ha deliberata, proprio in termini di colpa grave. La colpa grave, in questa accezione, consiste nella violazione delle più basilari regole di corretta amministrazione, laddove la responsabilità addossata dall’ordinamento ad amministratori e funzionari colpevoli di danno all’erario viene trasferita all’ente di appartenenza, mediante la stipula del contratto di assicurazione e il pagamento del premio.
Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net
Glossario
polizza di assicurazione: documento che prova l'esistenza di un contratto di assicurazione.
Corte dei Conti: organo che ha la giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. La Corte dei conti ha sia funzioni di controllo sia funzioni giurisdizionali.
Giudizio di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte dei Conti: i funzionari e gli impiegati che, per azione o per omissione anche solo colposa nell'esercizio delle loro funzioni, cagionino danno all'amministrazione sono tenuti a risarcirlo. Perché si possa configurare una responsabilità amministrativa si deve essere pubblici funzionari o impiegati e si deve aver voluto fare danno alla pubblica amministrazione. La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti è personale e limitata ai soli fatti commessi con dolo o con colpa.
danno erariale:danno subito dallo Stato per fatti addebitabili a dipendenti pubblici, accertati dalla Corte dei conti.
Corte dei Conti Sez. I Appello – Sent. n. 394 del 02.09.2008
omissis
FATTO
Con la sentenza impugnata, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Emilia-Romagna ha condannato P. F., S. N. e V. I. al pagamento, nei confronti dell'erario, rispettivamente delle somme di euro 4.477/17, 11.602/97 e 10.170/99, oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giustizia.
La condanna è stata conseguenza della responsabilità accertata per avere i predetti, in varie epoche, nella loro funzione di Direttore generale della I.P.A.B. Giovanni XXIII, stipulato polizze assicurative, con oneri a carico dell'Ente stesso, ed a favore dei propri amministratori e dipendenti, per i danni cagionati nell'esercizio delle loro funzioni, anche con condotte contraddistinte da dolo o colpa grave, per le quali avrebbero potuto rispondere dinanzi alla Corte dei conti.
Hanno prodotto ritualmente appello i drr. S. e V..
In seguito il dr. S., con atto del 4 giugno 2007, pervenuto nella Segreteria di questa Sezione prima giurisdizionale centrale il 20 giugno 2007, ha rinunciato all'appello.
La dr.ssa V. ha formula invece, nei confronti della sentenza, le doglianze di seguito sinteticamente riassunte:
1) mancata prova del danno erariale ed errata ed arbitraria quantificazione del danno. Nella specie, le doglianze concernono la mancata attribuzione di valenza probatoria alle dichiarazioni delle compagnie assicuratrici sulla irrilevanza, ai fini della determinazione del premio, della estensione della garanzia assicurativa a condotte connotate da colpa grave. In relazione alle singole tipologie di polizze, l'appellante sostiene la liceità della propria condotta, in quanto intesa: a salvaguardare l'Amministrazione dal rischio di non riuscire ad ottenere un integrale risarcimento dal dipendente (polizze responsabilità civile auto - polizze sui beni mobili ed immobili di proprietà dell'IPAB - polizze responsabilità civile verso i terzi); a conformare il contenuto della garanzia assicurativa al precetto dell'art. 1900, secondo comma, del codice civile, che impone all'assicuratore di garantire l'assicurato ogni qual volta egli sia obbligato all'adempimento della prestazione ex artt. 2047, 2048 ed, in particolare, 2049, ivi comprese le ipotesi di condotte, oltre che gravemente colpose, anche dolose (polizze tutela giudiziaria); infine, a salvaguardare il patrimonio della I.P.A.B. in conformità alla normativa vigente ed ai principi affermati, in un caso analogo, dalla Sezione giurisdizionale per la Sardegna con la sentenza n. 75 del 20 febbraio 1995;
2) assenza di colpa grave. A tale proposito la Dottoressa V. deduce la incertezza del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, sostenendo che l'orientamento accolto dalla Sezione sarebbe prevalso definitivamente solo nel dicembre 2002 con la sentenza della Sezione giurisdizionale per l'Umbria n. 553/EL. Inoltre, la stessa Regione in cui si trovava ad operare l'IPAB aveva legislativamente previsto la possibilità di assumere a proprio carico gli oneri per assicurare i rischi derivanti da condotte gravemente colpose; peraltro, pur "a fronte di un quadro normativo ed interpretativo ... assai contraddittorio" era stata proprio lei ad avviare le azioni di recupero dei premi a carico dei singoli dirigenti e dipendenti. A ciò si aggiunga lo straordinario carico di incombenze che aveva dovuto affrontare al momento della nomina a Direttore Generale e la circostanza che il Consiglio di Amministrazione dell'Istituto - al rispetto delle determinazioni del quale il Direttore Generale è funzionalmente collegato - aveva più volte ribadito la legittimità degli strumenti assicurativi e la presenza in seno al Consiglio di eminenti professionisti, unitamente alla mancanza di osservazioni da parte del Collegio dei Revisori, ben poteva determinare un affidamento incolpevole da parte dell'interessata;
3) mancata considerazione del concorso di altri dipendenti nella produzione del danno (in particolare il Dottor A., funzionario preposto alla gestione e al controllo del comparto assicurativo, nonché la Dottoressa B., succedutale nella carica di Direttore Generale, che vanificava, con la sua condotta omissiva, l'attività di recupero delle quote di premio assicurativo che la dr.ssa V. aveva avviato.
Conclusivamente l'appellante chiede, in via principale, l'assoluzione da ogni addebito; in via subordinata, l'estensione del contraddittorio agli altri presunti responsabili, con rimessione della causa al primo giudice; in via di ulteriore subordine, l'applicazione del potere riduttivo.
La Procura generale ha recentemente depositato le proprie conclusioni.
In rito, ha chiesto che i due appelli vengano riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. Ha poi preso atto della rinunzia fatta dallo S. con dichiarazione sottoscritta da lui e dal difensore costituito, per autentica (art. 12, 2° comma, reg. proc.). Nulla osta pertanto, per il PM, che nei confronti del medesimo sig. S. venga dichiarata l'estinzione del giudizio di appello (art. 306 c.p.c.), ponendo comunque a carico del rinunciante le spese di giudizio già effettuate (art. 12, 4° comma, reg. proc.).
Passando ad esaminare l'appello della Dott.ssa V., in ordine alle doglianze che concernono l'accertamento del danno il PM osserva che la Sezione territoriale ha ribadito, con riferimento sia a copiosa giurisprudenza, sia al vigente assetto normativo, la inammissibilità dell'assunzione, da parte della Pubblica Amministrazione, di rischi a copertura della responsabilità amministrativa di soggetti con essa in rapporto di servizio. Il pagamento dei relativi premi, trattandosi di liberalità non consentite dall'ordinamento, si traduce per l'Accusa in danno ingiusto per l'Amministrazione (cita Sez. II centrale, 6 luglio 1989 n.141 e 14 maggio 1986 n. 275; Sez. I centrale 13 febbraio 1990 n. 27); una siffatta condotta - prosegue - infrange il principio della responsabilità personale e, in aperto contrasto con l'art. 103 della Costituzione, vanifica la funzione deterrente e recuperatoria della responsabilità amministrativa, legittimando forme di irresponsabilità, con evidente danno a carico dei contribuenti.
Né, sempre per il PM, potrebbero far dubitare della sussistenza del danno erariale le dichiarazioni di alcune compagnie assicuratrici, attestanti che l'estensione della garanzia alla colpa grave non avrebbe comportato in concreto alcuna maggiorazione del premio (in ragione del cd. meccanismo dell'assicurazione per conto di chi spetta, che prevedeva un pagamento postumo di quella parte del premio riferibile alla colpa grave del soggetto che, di volta in volta, richiedeva l'attivazione della relativa garanzia). Sarebbe invece evidente che il costo di tale copertura assicurativa (copertura ritenuta di non poco conto, comportando essa un notevole aggravamento del rischio), richiesta espressamente è stato fatto in concreto confluire nel "premio anticipato lordo" dovuto per la polizza (richiama in proposito l'allegato 7.b alla nota della Guardia di Finanza del 27 gennaio 2004).
Né, per la Procura, si può pretendere di estendere alla "polizza-infortuni" principi già affermati dalla Sezione sarda con la sentenza n. 75 del 20 febbraio 1995, riferita però allo specifico ordinamento di settore delle Unità Sanitarie Locali.
Quanto alle censure rivolte ai criteri di determinazione del danno, l'atto conclusionale della Procura precisa che, in mancanza di dati statistici o tabelle attuariali in materia, le percentuali fornite orientativamente dalle Compagnie assicuratrici hanno costituito un attendibile riferimento per una valutazione equitativa, da parte della Sezione, del nocumento erariale nella fattispecie.
Per quanto riguarda l'esimente della mancanza della colpa grave, il PM ritiene la prospettazione difensiva non accoglibile: nessuna incertezza e/o ambiguità vi erano sul piano normativo e giurisprudenziale, come dimostrato dai primi giudici con i più ampi riferimenti; la stessa legge della Regione Emilia-Romagna 26 luglio 1997 n. 24 - che si riferiva peraltro ai soli consiglieri regionali e prevedeva comunque la ripartizione al 50% del pagamento del premio tra enti e beneficiari - non avrebbe potuto avere, per la sua oggettiva marginalità, un impatto particolare sul territorio regionale, nel senso di ingenerare la convinzione dell'avvenuto capovolgimento di principi consolidati dell'ordinamento anche a livello costituzionale.
Né la Dottoressa V. può invocare a propria giustificazione, sempre secondo il Requirente, l'affidamento fatto sull'autorevolezza del Consiglio di Amministrazione dell'I.P.A.B., il quale nell'occasione non si pronunziò in maniera chiara, nonostante che uno dei componenti (il consigliere Capelli) avesse manifestato dubbi sulla possibilità per l'Istituto di sottoscrivere polizze assicurative di quel genere. Viceversa la Dottoressa V., prosegue il Requirente, sebbene dotata di preparazione tecnico-giuridica idonea a cogliere l'essenza del problema, si appiattiva sulla impostazione del Consiglio di amministrazione, considerandosi mera esecutrice delle sue determinazioni, con ciò dimostrando una grave superficialità ed una inescusabile trasandatezza nella cura degli interessi dell'Istituto.
Come terzo motivo di appello, la Dottoressa V. evidenzia le corresponsabilità assunte nella vicenda dal Dottor A. e dalla Dottoressa B.. In proposito, il Procuratore osserva che la partecipazione nella vicenda di altri soggetti non può avere valore assorbente delle specifiche e preminenti responsabilità assunte dalla Dottoressa V. in stretta connessione alla carica; tuttavia non si oppone a che questo Collegio, secondo il principio della personalità e parziarietà della responsabilità amministrativa, valuti se il danno addebitato alla Dottoressa V. dal Giudice di prime cure possa essere ridotto in relazione alle invocate corresponsabilità.
Conclusivamente, il Procuratore generale chiede che questa Sezione voglia:
? per quanto riguarda il giudizio introdotto dal dr. S. con l'appello n. 27261, dichiararne l'estinzione per rinunzia, ponendo a carico del rinunciante le spese di giudizio già effettuate;
? relativamente all'appello n. 27913:
a) respingerlo in quanto infondato nel merito (salva la valutazione dei limitati profili di riduzione dell'addebito relativi alle altrui corresponsabilità), con la condanna dell'appellante alle spese del secondo grado di giudizio;
b) in via subordinata, per l'ipotesi di proscioglimento per difetto della colpa grave, dichiarare compensate sia le spese di giustizia che quelle sostenute per il patrocinio legale;
c) in via ulteriormente subordinata, in caso di proscioglimento nel merito, in assenza anche di colpa lieve, di liquidare, ai sensi dell'art.91 c.p.c., le spese sostenute per il patrocinio (art.10 bis, 10° comma, del decreto-legge 30 settembre 2005 n.203, convertito in legge 28 dicembre 2005 n.248).
Nell'odierna pubblica udienza, l'avv. Romagna ha ripetuto la richiesta di assoluzione della dr.ssa V., di cui agli scritti depositati. In proposito, ha richiamato le preoccupazioni della dirigente, di tenere indenne l'amministrazione dell'IPAB dai rischi relativi alle richieste di risarcimenti che avrebbero potuto essere avanzate nei suoi confronti. Non vi sarebbe poi alcuna prova del danno nella fattispecie, dal momento che sarebbe dimostrata, al contrario, la mancanza di specifico aggravio di spese di polizza con riferimento a quei profili di rischio assicurato.
Il PM, in rito, si oppone all'integrazione del contraddittorio, chiesto dall'appellante nell'atto introduttivo: la decisione impugnata ha già tenuto conto delle altrui corresponsabilità, nel determinare la condanna. Più in generale, ripete le conclusioni depositate in atti e ribadisce, peraltro, di non opporsi ad una riduzione dell'addebito.
DIRITTO
1. In rito, si dispone la riunione dei due appelli, in quanto prodotti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
2. Per quel che riguarda l'appello n. 27261, proposto dal dr. S., deve essere dichiarata l'estinzione del relativo giudizio, ex art. 306 c.p.c., a causa della rinunzia ritualmente effettuata dall'interessato e sostanzialmente accettata dalla Procura controparte (art. 12 reg. proc.).
Vanno tuttavia poste a carico del rinunciante le spese di giudizio, ai sensi dell'art. 12, comma 4, del reg. proc..
3. In relazione all'altro appello della dr.ssa V., si ricorda brevemente che con la sentenza gravata il Giudice territoriale ha condannato la predetta, unitamente al dr. P. (non appellante) e al dr. S. (che ha rinunziato all'appello proposto) perchè gli interessati in varie epoche, nella loro funzione di Direttori generali della I.P.A.B., stipularono polizze assicurative, con oneri a carico dell'Ente ed a favore dei propri amministratori e dipendenti, per i danni cagionati nell'esercizio delle loro funzioni, anche con condotte contraddistinte da dolo o colpa grave, per le quali avrebbero potuto rispondere dinanzi alla Corte dei conti.
L'appellante ha lamentato, in primo luogo, la mancata prova del danno erariale e, comunque, la sua arbitraria quantificazione da parte del primo Giudice. E' stata poi dedotta l'assenza di colpa grave nella fattispecie: la dr.ssa V. richiama l'incertezza del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento e la circostanza che la Regione Emilia - Romagna aveva legislativamente previsto la possibilità di assumere a proprio carico gli oneri per assicurare i rischi derivanti da condotte gravemente colpose. E' stata, da ultimo, lamentata la mancata considerazione, da parte del primo Giudice, del concorso di altri dipendenti nella produzione del danno.
4. E' necessario, a questo punto, precisare gli esatti termini della problematica posta all'esame del Collegio, avendo parte appellante affermatola piena liceità dell'operazione compiuta, che avrebbe in sostanza tutelato l'ente amministrato dai rischi relativi alle richieste di rimborso da parte di terzi danneggiati.
A tale riguardo, non può non convenirsi, in via generale, sul giudizio di palese illiceità del comportamento dei direttori generali della IPAB Giovanni XXIII nell'occasione.
4.1. Invero, sotto alcun profilo potrebbe ritenersi ammissibile la stipula di polizze a favore di amministratori e dirigenti di un ente pubblico, comprendenti - tra l'altro - la copertura del rischio costituito dalla eventuale condanna dei medesimi da parte della Corte dei conti, per i danni che essi abbiano causato all'ente di appartenenza con il proprio comportamento gravemente colposo e con assunzione dell'onere del pagamento del relativo premio a carico dell'amministrazione stessa: è del tutto intuitiva l'antigiuridicità del comportamento di chi abbia, in tal modo, garantito la piena e completa deresponsabilizzazione, sotto il profilo gestionale, della classe dirigente e politica dell'ente, al quale per giunta viene addossato il relativo onere (!).
E difatti, nessuna norma di legge autorizza (né mai ha autorizzato) la stipula di tali polizze.
4.2. Numerose sono le disposizioni di legge che si sono occupate, nei vari comparti, della delicata materia della responsabilità degli amministratori e funzionari pubblici, proliferazione legislativa indice di una tendenza alla copertura dei rischi connessi all'esplicazione dell'attività amministrativa. Si ricordano, in particolare, l'art. 28 del Dpr 20 dicembre 1979, n. 761 (personale delle Unità sanitarie locali); l'art. 23 della legge 27 dicembre 1985, n. 816, ora art. 86, co. 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, per il settore degli ee.ll.; l'art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (legge quadro sui lavori pubblici, con riferimento alle polizze in favore dei dipendenti incaricati della progettazione).
Analogamente, per quel che riguarda gli accordi contrattuali di settore, il contratto collettivo nazionale di lavoro per il quadriennio 1998-2001, area della dirigenza del comparto "Regioni-Autonomie locali", all'art. 38, prevede che gli enti possono assumere le iniziative necessarie per la copertura della responsabilità civile dei dirigenti ivi compreso il patrocinio legale, con esclusione delle ipotesi di dolo e colpa grave, senza peraltro alcuna estensione alla responsabilità amministrativa e, comunque, con espressa esclusione delle ipotesi di colpa grave (disposizione peraltro meramente confermativa dell'art. 7 del precedente CCNL); v., anche, il CCNL relativo al personale dirigente dell'area Ministeri per il quadriennio 1998-2001, agli enti pubblici non economici, quello relativo alla dirigenza universitaria, etc..
Dunque, i vari accordi collettivi, pur diretti ad espandere la tutela assicurativa in generale, non intendono però invadere il campo della responsabilità amministrativa: tutte le norme citate si limitano alla copertura delle ipotesi di responsabilità diretta (civile) della pubblica amministrazione verso i terzi e per i danni (risarcimenti pagati al danneggiato, assistenza legale, spese di giudizio) che il pubblico dipendente abbia causato con un comportamento improntato a colpa tout court (ossia lieve). In altre parole i rischi assicurabili sono soltanto quelli oggetto di polizze assicurative prescritte dalla legge in ordine ad attività materiali (ad es. responsabilità civile per la conduzione di veicoli a motore), quelli che comportano una riduzione dell'integrità psico-fisica in conseguenza del servizio, ovvero quelli discendenti da responsabilità civile della stessa pubblica amministrazione che comportano pregiudizi economici conseguenti al risarcimento dei danni prodotti a terzi, potendosi anche prevedere, in tal caso - ove consentito dalla legge o dai contratti di lavoro - la copertura della responsabilità civile verso terzi di amministratori e dipendenti.
4.3. Resta invece fuori del sistema l'assunzione da parte dell'ente pubblico dell'onere della tutela assicurativa dei propri amministratori o dipendenti, con riferimento alla responsabilità amministrativa per danni alle pubbliche finanze, oggetto dei giudizi di responsabilità da parte della Corte dei conti, per il suo evidente ed aberrante effetto, cui prima si accennava, di deresponsabilizzazione dei pubblici dipendenti, i quali, grazie a tali polizze, pur gestendo risorse pubbliche e svolgendo pubbliche funzioni, non risponderebbero mai personalmente dei danni causati agli enti pubblici di riferimento (e, in ultima analisi, agli stessi cittadini), non sopportando neanche, per di più, l'onere del premio assicurativo.
L'assicurabilità di questo tipo di rischi contrasta con il carattere personale della responsabilità amministrativa - ormai sancito dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 - e con l'art. 28 della Costituzione il quale dispone, tra l'altro, che i funzionari e dipendenti degli enti pubblici sono direttamente responsabili "secondo le leggi civili, penalie amministrative", con conseguente esclusione della possibilità di estensione di tale ultima forma di responsabilità all'ente.
La stipula di una polizza di assicurazione per i danni causati all'ente dai dipendenti e dagli amministratori, con pagamento dei relativi premi a carico del bilancio pubblico, si risolve invece in una traslazione del rischio derivante dallo svolgimento dell'attività amministrativa dal complesso soggettivo dipendente-amministrazione (al cui interno il criterio della colpa grave già opera la relativa distribuzione del rischio, per cui andranno esenti da responsabilità personale, e dunque resteranno totalmente a carico dell'ente, tutte le condotte dannose al di sotto di tale soglia soggettiva) verso la sola amministrazione danneggiata, con conseguenze aberranti sul sistema della responsabilità amministrativa: esenzione da responsabilità del dipente-danneggiante, vanificazione della funzione deterrente dell'azione di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti, legittimazione di una irresponsabilità diffusa. Insomma, la copertura del rischio da sentenza di condanna della Corte dei conti finisce per aggirare il principio generale della responsabilità personale (codificato, da ultimo, nell'art. 1 della legge n. 20/1994) e, più in generale, tutti i principi a fondamento del sistema della responsabilità amministrativa.
Ciò senza contare che, se indiscusso requisito dell'assicurabilità dei rischio è la non dipendenza del verificarsi dell'evento dalla volontà del soggetto interessato, polizze come quelle in esame - che coprono anche ipotesi nelle quali vi è la volontarietà della condotta all'origine dell'evento dannoso assicurato - presentano diversi problemi anche dal punto di vista del rapporto tra istituto assicuratore e beneficiario assicurato, oltre che nel rapporto tra assicurato-dipendente e amministrazione presso cui questi presta servizio.
Inoltre, sotto il profilo che più specificamente interessa, è da rilevare che l'amministrazione, pagando il relativo premio, finisce per subire anche il corrispondente danno in quanto la prestazione contrattuale (pagamento del premio) appare sine causa, non giustificata nè giustificabile: un ente pubblico può coprire con assicurazione esclusivamente quei rischi che rientrano nella sfera della propria responsabilità patrimoniale, limitandosi a trasferire all'assicuratore esclusivamente detta responsabilità ove si verifichi l'evento temuto, restando viziata, per illiceità della causa, un'assicurazione che copra eventi (come una sentenza di condanna della Corte dei conti) che non rappresentano rischi per l'ente ma, appunto, soltanto per il dipendente-amministratore: l'ente, assicurando il suo dipendente per il rischio da danno erariale e dunque per una somma (il risarcimento del danno) di cui esso stesso è creditore, finisce per diventare creditore di se stesso (paga il premio, subisce un danno e riceve il risarcimento).
4.4. La stessa giurisprudenza contabile, ricordata anche dal primo Giudice, già da tempo ha ampiamente evidenziato i concetti su riportati. E' stato infatti affermato che la copertura assicurativa non può mai trasformarsi "in un più favorevole trattamento economico per gli amministratori, ma in una legittima e responsabile cautela adottata nell'interesse stesso dell'ente stipulante, a copertura dell'alea che sul medesimo sarebbe gravata qualora detti soggetti, nell'esercizio dell'attività istituzionale, avessero subito dei danni che l'ente medesimo avrebbe dovuto risarcire"; ed ancora, che "la copertura assicurativa, implicando una spesa pubblica, deve corrispondere adeguatamente allo scopo di salvaguardare soltanto la responsabilità civile incombente sulla struttura organizzativa pubblica, riguardata come mandante, con esclusione, cioè, di qualsiasi aggravio che deriva dall'assicurare anche altre evenienze dannose, le quali, non connesse all'espletamento del mandato, debbono restare a carico delle persone fisiche degli amministratori". (Corte dei conti, SS.RR., 5 aprile 1991, n. 770/A); inoltre, "un ente pubblico può assicurare esclusivamente rischi che rientrino nella sfera della propria responsabilità patrimoniale e che si vogliono trasferire all'assicuratore, con la conseguenza che è illegittima, e comporta responsabilità di chi l'ha deliberata, la stipula di una polizza per coprire gli amministratori dai rischi conseguenti ad una eventuale responsabilità amministrativa" (Corte dei conti, Sezione giur. Lazio, 12 febbraio 1997, n. 12); v., nello stesso senso, le più recenti sentenze della Sezione giurisdizionale Friuli-Venezia-Giulia, 6.6.2000, n. 489, della Sezione giurisdizionale Lombardia, 9 maggio 2002 n. 942 e della Sezione giurisdizionale Umbria, 10 dicembre 2002, n. 553. Identiche perplessità in punto di legittimità sono state espresse dalle SS.RR. della Corte dei conti in sede di controllo, con la deliberazione n. 29/2001/P del 20 agosto 2001 che, nell'ammettere al visto ed alla conseguente registrazione il d.P.R. 23 maggio 2001, n. 316, "Recepimento dell'accordo per il personale della carriera prefettizia relativo al biennio 2000-2001 per gli aspetti normativi e retributivi", ha tuttavia censurato le parti riguardanti l'estensione della copertura assicurativa alla responsabilità amministrativo-contabile (art. 15, co. 1, lett. a).
5. Alla luce di quanto appena esposto in via generale, questo Collegio d'appello ritiene, in via di massima, di dover confermare le impugnate determinazioni di prime cure, salvo quanto appresso sarà precisato.
Ciò posto, va respinta, in primo luogo, la doglianza relativa alla carenza di danno erariale nella fattispecie, ipotizzata da parte appellante.
Ed infatti, non può in alcun modo condividersi quanto prospettato dall'appellante, circa l'irrilevanza della estensione della copertura ai particolari rischi di cui innanzi: è invece del tutto ovvio che una copertura simile rappresenta un onere di non poco conto per l'assicuratore, comportando essa un notevole aggravamento del rischio complessivo.
Il costo di tale estensione di copertura assicurativa (che era richiesta espressamente dall'ente, come anche ricordato dal PM nelle sue conclusioni) non può non essere stato considerato nella determinazione del premio finale; tale onere, nei fatti, è stato riversato nel "premio anticipato lordo" dovuto per la polizza, come illustrato dalla Guardia di Finanza nella propria relazione alla Procura regionale, di cui alla nota n. 13221 del 27 gennaio 2004 (v., in particolare, l'allegato 7/b).
Non vi sono dubbi, pertanto, sulla maggiorazione dell'onere complessivo per l'ente nella stipula delle polizze assicurative in questione, anche prescindendosi, nelle presente sede, da un esame puntuale delle singole polizze illecite, condividendo questo Giudice la disamina e le valutazioni effettuate dalla Sezione territoriale.
Né - sotto l'aspetto della concreta determinazione del danno stesso - possono accogliersi le doglianze attoree, atteso che la Sezione di prime cure si è basata, al riguardo, sulle indicazioni statistiche attuariali fornite dalle stesse Compagnie assicuratrici, che non potrebbe negarsi rappresentino un riferimento attendibile per una valutazione (necessariamente) equitativa in ordine alla maggiore spesa sopportata nella specie dall'assicurato; quantificazione che dunque appare del tutto equa e ragionevole.
6. E' poi da respingere il profilo d'appello relativo alla pretesa carenza del requisito della colpa grave della dr.ssa V. nella stipula delle polizze assicurative de quibus. Nella vicenda considerata, anche alla luce delle considerazioni in precedenza svolte, ricorrono invece ad avviso di questo Collegio tutti i presupposti per l'affermazione della colpa grave, necessaria ai fini della sussistenza della responsabilità amministrativa.
Ed infatti, come correttamente posto in evidenza in prime cure, vi erano chiari principi normativi, oltre che inequivoci indirizzi giurisprudenziali, da tempo consolidati in senso sfavorevole rispetto alle iniziative da assumere (al contrario di quanto dedotto dall'appellante): possono ricordarsi, oltre ai precedenti citati innanzi, Sezione II, 6 luglio 1989, n. 141 e 14 maggio 1986, n. 275 e Sezione I, 13 febbraio 1990 n. 27, richiamati anche dal PM.
Ma, al di là delle stesse indicazioni provenienti dalla giurisprudenza, va ribadito che la colpa grave, in queste ipotesi, consiste proprio nella violazione delle più basilari regole di corretta amministrazione, laddove si è lasciato che la responsabilità addossata dall'ordinamento ad amministratori e funzionari colpevoli di danno all'erario, sia trasferita all'ente di appartenenza (e a suo carico!), mediante la stipula del contratto e il pagamento del premio. La gravità del comportamento, in questi casi, è palese e consiste, appunto, nell'aver tutelato (illecitamente) amministratori e dipendenti, a spese dell'ente ed in palese contrasto con i suoi interessi e con gli stessi principi dell'ordinamento, di fatto vanificando l'effetto sanzionatorio della responsabilità amministrativa.
A fronte di tutto ciò, non possono essere in alcun modo accettate le giustificazioni avanzate in proposito dall'appellante: in particolare, non vale opporre né l'incertezza del quadro normativo o giurisprudenziale (inesistenti, come s'è visto, anzi chiarissimi nel senso opposto), né l'allora recente entrata in vigore della L.R. n. 24/1997 (che riguardava i soli consiglieri regionali, senza esprimere principi generali in materia), né infine il comportamento del Consiglio d'amministrazione, che aveva deliberato l'attivazione di tali polizze, peraltro con la perplessità di uno dei consiglieri (il ruolo del vertice amministrativo-gestionale era, appunto, quello di far rilevare eventuali illegittimità dell'operazione che si andava a realizzare).
7. Va anche respinta, per lo meno in linea di principio, la doglianza di parte appellante, relativa ad una mancata considerazione, da parte del primo Giudice, del concorso di altri dipendenti nella produzione del danno (il dr. A. e la dr.ssa B.).
In ordine a tale aspetto, occorre precisare che in alcun modo le (eventuali) altrui corresponsabilità potrebbero far venir meno quella della dottoressa V., come pure posto in evidenza dal PM nelle proprie conclusioni. E neppure tali corresponsabilità giustificano la richiesta di integrazione del contraddittorio, formulata in via subordinata dall'appellante, dato appunto il carattere personale della responsabilità amministrativa, di cui all'art. 1 L. n. 19/1994, cit..
8. Pur tuttavia, tali ultime considerazioni possono giustificare una adeguata rideterminazione del quantum da porre a carico della dr.ssa V., come del resto ritenuto ragionevole dallo stesso Procuratore generale.
Invero, la circostanza che i comportamenti di altri soggetti possano aver contribuito alla causazione del danno (anche, ad esempio, in termini di mancato recupero dei maggiori premi versati), se da un lato (si ripete) non fa venir meno le ragioni che hanno portato alla condanna della dr.ssa V., dall'altro può valere a giustificare una certa riduzione dell'importo del relativo addebito.
Appare quindi equo a questo Collegio, alla luce delle su esposte motivazioni, rideterminare la condanna a carico dell'appellante nella minore somma di complessivi euro 5.000, già comprensivi della rivalutazione monetaria, oltre agli interessi legali (da calcolarsi dalla data di notifica della presente sentenza all'interessata fino al soddisfo) e alle spese.
P.Q.M.
La Corte dei conti - Sezione prima giurisdizionale centrale di appello, previa riunione in rito, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
DICHIARA ESTINTO
il giudizio relativo all'appello n. 27261, proposto dal dr. N. S., per rinunzia da parte dell'interessato;
ACCOGLIE PARZIALMENTE
l'appello proposto dalla dr.ssa I. V. (n. 27913) e, per l'effetto,
CONDANNA
l'appellante medesima al risarcimento, nei confronti della I.P.A.B. Giovanni XXIII di Bologna, via Riva di Reno n. 77, dell'importo di euro 5.000,00 (euro cinquemila,00=), già comprensivi, ad oggi, della rivalutazione monetaria.
Alle somme su dette vanno aggiunti gli interessi legali, dalla data di notifica, alla medesima dr.ssa V., della presente sentenza e fino al soddisfo.
Le spese del presente grado di giudizio in favore dello Stato, che vengono liquidate in complessivi 148,98___ __Centoquarantotto/98___________________________________), sono poste, da ultimo, a carico di entrambi i soggetti appellanti, in parti uguali e con vincolo di solidarietà.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2008.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 02 SET. 2008.