19.06.2009 free
CORTE di CASSAZIONE - Veterinari - Maggiorazione contributiva di cui all'art. 12, comma 1, della legge n. 136 del 1991 - Incidenza esclusiva sui corrispettivi percepiti dai veterinari nell'esercizio di attività professionale in regime di autonomia
In tema di previdenza dei veterinari, la maggiorazione contributiva del due per cento prevista dall'art. 12, comma 1, della legge n. 136 del 1991 è dovuta soltanto sui corrispettivi percepiti dai veterinari nell'esercizio di attività professionale in regime di autonomia, ivi compresa quella "intra moenia" ed "extra moenia" esercitata dai veterinari che siano lavoratori dipendenti, e non già anche sui corrispettivi tariffari dovuti direttamente agli enti pubblici per l'erogazione di prestazioni istituzionali rese attraverso l'impiego di veterinari dipendenti; al versamento di detta maggiorazione contributiva, ove dovuta, sono tenuti i veterinari che hanno effettuato la prestazione e non già gli enti dai quali essi eventualmente dipendano, non potendo condurre ad una diversa interpretazione né il richiamo al principio solidaristico, che trova già soddisfazione tramite il contributo imposto dall'art. 11, comma 4, della stessa legge n. 136 del 1991 a carico dei veterinari iscritti all'Ordine e non all'ENPAV, né il richiamo al diverso enunciato che reca l'art. 7 del Regolamento ENPAV del 2 gennaio 1996, giacché esso non può prevalere, per il rispetto del principio di gerarchia delle fonti, sull'anzidetta interpretazione che si ricava dal testo di una disposizione legislativa.
Cass. civ. Sez. lavoro, 09-01-2009, n. 258
OMISSIS
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 20.9.1999, l'ENPAV (Ente Nazionale Previdenza e Assistenza dei Veterinari) convenne dinanzi al Tribunale di Roma in funzione di Giudice del Lavoro l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia, chiedendo l'accertamento e la declaratoria dell'obbligo del medesimo, decorrente dall'1.1.1992, di versare all'ENPAV "Il contributo integrativo nella misura del 2% su tutti i corrispettivi percepiti dai privati e conseguentemente condannarlo al risarcimento in favore dell'ENPAV di tutti i danni subiti e subendi a causa della detta omissione e da liquidarsi nell'importo che risulterà dovuto in corso di causa e, se del caso, in via equitativa"; a sostegno della domanda dedusse che l'obbligo di versare il contributo integrativo discenderebbe dalla L. n. 136 del 1991, art. 12 da interpretarsi nel senso che tale contributo sarebbe applicabile alle prestazioni (visite, analisi, certificazioni, ecc.) rese a privati non solo dai veterinari in regime di libera professione, ma anche da quelli inquadrati come lavoratori subordinati dipendenti di enti, istituzioni e simili; in tal caso, il soggetto datore di lavoro sarebbe tenuto a riscuotere la maggiorazione del 2% dal privato richiedente la prestazione veterinaria, per poi versarla all'ENPAV; sempre secondo la parte ricorrente, la portata del ricordato art. 12 sarebbe stata chiarita dall'art. 7, comma 1, del Regolamento di attuazione dell'ENPAV, secondo cui la maggiorazione "deve essere applicata anche sui corrispettivi e contributi, anche se esenti da IVA, relativi alle prestazioni e certificazioni rese dai veterinari dipendenti da enti pubblici e privati o legati ai detti enti da rapporto convenzionale, oltre che nei casi di collaborazione coordinata e continuativa.
L'ammontare della predetta maggiorazione, ripetibile nei confronti del richiedente la prestazione, deve essere versata all'Ente a cura del veterinario in caso di prestazioni rese in regime di convenzione e a cura del datore di lavoro in caso di prestazioni effettuate dai veterinari dipendenti.
Il Giudice adito, sulla resistenza della parte convenuta (secondo la quale sulle prestazioni veterinarie rese direttamente dall'Istituto tramite i veterinari dipendenti ed in relazione alle quali questi ultimi non percepivano alcun corrispettivo, non era applicabile la maggiorazione de qua), con sentenza non definitiva dichiarò che l'Istituto era tenuto al pagamento, in favore dell'ENPAV, del contributo integrativo del 2% sui corrispettivi percepiti dai veterinari iscritti agli albi professionali e da esso dipendenti per attività professionali e di certificazione svolte nell'ambito dell'Istituto.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 12.5.2005 - 29.11.2006, rigettò l'appello proposto dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia, osservando, a sostegno del decisum, per quanto qui specificamente rileva, quanto segue:
- la struttura di tipo solidaristico dei sistemi previdenziali professionali giustifica il relativo onere a carico di tutti gli appartenenti all'Ordine anche in ragione dei solo elemento oggettivo del potenziale esercizio dell'attività professionale connesso all'iscrizione nel relativo albo;
- la circostanza che la L. n. 136 del 1991, art. 12 faccia riferimento ai redditi derivanti dall'esercizio dell'attività libero- professionale ed al reddito di libero esercizio veterinario si spiega con il fatto che la norma sancisce l'obbligo per tutti i veterinari ed, in primis, per quelli esercenti attività professionali, ai quali, quindi, unicamente e soltanto, si riferiscono tali espressioni;
- l'interpretazione proposta dall'appellante si porrebbe comunque in contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost.;
- nel caso di veterinari lavoratori dipendenti, colui che richiede ed usufruisce della prestazione deve corrispondere sia il compenso che la maggiorazione del 2% non direttamente al veterinario che ha effettuato la prestazione, ma all'amministrazione o comunque all'ente datore di lavoro che è destinataria dell'obbligo di versarla all'ENPAV, cosicchè deve ritenersi indifferente che il veterinario sia iscritto o meno all'ENPAV e che paghi o meno a quest'ultimo ulteriori contributi.
Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi e illustrato con memoria.
L'ENPAV ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione della L. n. 136 del 1991, artt. 11, 12, 13 e 14 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo l'erroneità dell'interpretazione della normativa di riferimento accolta nella sentenza impugnata e, in particolare, rilevando che:
- il primo presupposto per l'operatività del contributo integrativo è lo svolgimento di un'attività libero-professionale, i cui corrispettivi siano percepiti direttamente dai veterinari;
- la debenza del contributo solo su corrispettivi per attività di lavoro è confermata, secondo un'interpretazione sistematica, da altre disposizioni della L. n. 136 del 1991, medesimo art. 12 e art. 14;
- è contraddittorio affermare che l'art. 12 si riferirebbe a tutti i veterinari e poi prendere in esame solo la tipologia reddituale degli esercenti la libera professione;
- il riferimento ai veterinari "dipendenti" trova spiegazione nel fatto che costoro possono svolgere anche attività propriamente professionale;
- l'interpretazione accolta dai Giudici del merito si discosta ingiustificatamente da quella generalmente accolta in riferimento alle legislazioni previdenziali relative ad altre professioni intellettuali.
Il quesito di diritto risulta così formulato: "Se in base alla L. n. 136 del 1991, artt. 11, 12, 13 e 14 devono essere sottoposti alla contribuzione integrativa del due per cento i soli corrispettivi percepiti dai veterinari nell'esercizio dell'attività professionale e di certificazione in forma autonoma, libero-professionale o convenzionata; o se debbano sottoporsi a tale contribuzione anche i compensi percepiti dagli Istituti Zooprofilattici in base al tariffario regionale per le attività istituzionali consistenti nell'erogazione di prestazioni al pubblico, se rese attraverso l'opera dei veterinari dipendenti dall'Istituto medesimo".
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione della L. n. 136 del 1991, art. 12 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che, mentre il predetto art. 12 pone chiaramente l'obbligo di versare il contributo integrativo a carico dell'operatore (ossia di chi effettua la prestazione e, quindi, del veterinario) o del richiedente la prestazione, la sentenza impugnata è costretta, per rendere comunque attuabile in concreto il meccanismo contributivo, ad affermare che tale obbligo di versamento grava sull'Istituto, salva ripetizione nei confronti del richiedente la prestazione, a sua volta tenuto a versare il dovuto, peraltro non al veterinario, ma all'Istituto stesso; in tal modo, tuttavia, oltre a confliggere con il dato testuale, tale interpretazione risulta contraddittoria con l'affermato richiamo alla struttura di tipo solidaristico dei sistemi previdenziali professionali (che giustificherebbe il relativo onere a carico di tutti gli appartenenti all'Ordine anche in ragione del solo elemento oggettivo del potenziale esercizio dell'attività professionale connesso all'iscrizione nel relativo albo), non comprendendosi perchè al versamento dovrebbe essere tenuto l'Istituto ricorrente, che di quella categoria certamente non fa parte, e consentendo così all'ENPAV di beneficiare di una voce di entrata a cui non corrisponde nessun esborso, nemmeno in chiave di potenziali erogazioni a titolo assistenziale, secondo quanto previsto dalla L. n. 136 del 1991, art. 10, comma 1, a vantaggio di coloro che hanno contribuito o contribuiscono ai sensi dell'art. 12. li quesito di diritto risulta così formulato: "Se in base alla L. n. 136 del 1991, art. 12 devono ritenersi obbligati al versamento del contributo del due per cento i veterinari che hanno effettuato la prestazione o gli Istituti Zooprofilattici, salva in ogni caso la facoltà di esigerne l'ammontare nei confronti dei richiedenti le prestazioni.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell'art. 38 Cost. e L. n. 136 del 1991, art. 11, comma 4, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, osservando che, in base alla L. n. 136 del 1991, predetto art. 11, comma 4, già sono espressamente prese in considerazione le esigenze solidaristiche richiamate dalla sentenza impugnata, in forza della previsione, a carico dei veterinari iscritti all'Ordine, ma non all'ENPAV, del versamento di un contributo di solidarietà pari al 3% del reddito professionale netto prodotto nell'anno precedente e comunque non inferiore a L. 100.000 annue.
Il quesito di diritto risulta così formulato: "Se il principio solidaristico all'interno della categoria professionale dei veterinari può giustificare l'imposizione della contribuzione integrativa a carico della generalità dei cittadini, che si rivolgono agli Istituti Zooprofilattici per fruire dei servizi di pubblica utilità da questi erogati, o se l'esigenza solidaristica sia soddisfatta esclusivamente attraverso il contributo imposto dalla L. n. 136 del 1991, art. 11, comma 4, a carico dei veterinari iscritti all'Ordine e non all'ENPAV. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 11, 12 e art. 32, comma 1, (come interpretato dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11), L. n. 136 del 1991, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, osservando che l'affermazione secondo cui l'assoggettamento alla contribuzione integrativa del 2% prescinde totalmente dall'iscrizione o meno del singolo veterinario all'ENPAV trascura l'innovazione al sistema previdenziale dei veterinari apportata proprio dalla L. n. 136 del 1991 nella parte in cui l'iscrizione all'ENPAV è divenuta facoltativa per i veterinari che si siano iscritti all'albo professionale dopo l'entrata in vigore della L. n. 136 del 1991 e siano iscritti ad altra forma obbligatoria di previdenza (così come si verifica per i veterinari dipendenti degli Istituti Zooprofilattici, facenti capo obbligatoriamente alla gestione previdenziale INPDAP); richiamatata ricostruzione della riforma previdenziale attuata nella sentenza n. 15232/2000 di questa Corte, osserva il ricorrente che soltanto i veterinari che devono iscriversi obbligatoriamente all'ENPAV sono tenuti al pagamento dei contributi previdenziali (contributo soggettivo ex art. 11 e contributo integrativo ex art. 12), mentre gli altri partecipano ugualmente al finanziamento dell'ENPAV con un contributo di solidarietà, anch'esso proporzionale al reddito professionale prodotto nell'anno precedente, a partire da un importo minimo di L. 100.000 annuo dovuto in ogni caso (giusta la previsione dell'art. 11, comma 4); pertanto, anche accogliendo la tesi accolta dai Giudici del merito, dovrebbero comunque essere escluse dall'assoggettamento alla contribuzione integrativa le prestazioni eseguite dall'Istituto Zooprofilattico per il tramite di veterinari che, iscritti all'albo professionale successivamente alla L. n. 136 del 1991, abbiano deciso di non iscriversi all'ENPAV; ma questa constatazione mina la coerenza logico-normativa di tale tesi, in quanto la scelta individuale del singolo veterinario, peraltro sempre modificabile, si riverbererebbe indebitamente sia sull'attuazione del principio solidaristico, che però si vuote costituzionalmente garantito e quindi indisponibile, sia sulla determinazione dei costi di un servizio pubblico reso ai privati.
Il quesito di diritto risulta così formulato: "Se ai sensi degli artt. 11, comma 4, art. 12 e art. 32, comma 1 (come interpretato dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11), della L. n. 136 del 1991, la sottoposizione al contributo integrativo del due per cento delle prestazioni rese dagli Istituti Zooprofilattici presuppone e richiede l'iscrizione all'ENPAV del veterinario che esegue la prestazione".
Con il quinto motivo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 70 e 117 Cost., art. 12 preleggi, artt. 4 e 5 Legge abolitrice del contenzioso amministrativo, nonchè violazione dei principio di legalità e carenza di potere regolamentare ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 1, comma 3, e art. 2, comma 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, osservando che la diversa collocazione nella gerarchia delle fonti impedisce di utilizzare i regolamenti, fonti secondarie e comunque sub - primarie, in funzione di interpretazione delle leggi; la contrarietà alla legge dell'art. 7 del Regolamento ENPAV avrebbe dovuto condurre quindi alla sua disapplicazione o dichiarazione di nullità, tanto più che la suddetta disposizione regolamentare appare anche adottata ultra vires, giacchè la L. n. 136 del 1991 non attribuisce all'ENPAV (o ad altri soggetti) il potere di adottare regolamenti in funzione anche solo di attuazione o di esecuzione, nè potendosi tale potere fondare sui D.Lgs. n. 509 del 1994, una cosa essendo il riconoscimento di autonomia gestionale, organizzativa e contabile, ed altra l'adozione di una disciplina normativa regolamentare in tema di contribuzione previdenziale.
Il quesito di diritto risulta così formulato: "Se il D.I. 2 gennaio 1996, art. 7, Regolamento ENPAV, fonte secondaria, abbia il potere di interpretare la L. n. 136 del 1991 e se, il suindicato potere regolamentare, possa vantare un'attribuzione legislativa".
Con il sesto motivo il ricorrente lamenta l'illegittimità costituzionale della L. n. 136 del 1991, art. 12 secondo l'interpretazione accolta nella sentenza impugnata, in relazione agli artt. 3 e 23 Cost., art. 25 Cost., comma 2, e art. 97 Cost., osservando che le manchevolezze redazionali della norma all'esame possono tradursi in altrettante censure di illegittimità costituzionale, del momento che costituiscono elementi di irrazionalità e di contraddittorietà rispetto al contesto normativo in cui la disposizione stessa è inserita e configurano violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione.
2. Il primo, secondo, terzo e quinto motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, siccome fra loro strettamente connessi.
Giova in proposito ricordare il dettato della L. n. 136 del 1991, art. 12, comma 1, secondo cui "A partire dal 1 gennaio dell'anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, su tutti i corrispettivi percepiti dai veterinari iscritti agli albi professionali per l'attività professionale e di certificazione prestata a favore di associazioni, enti o soggetti pubblici, da veterinari convenzionati con le associazioni o gli enti o i soggetti medesimi, o da essi dipendenti, è dovuta una maggiorazione a carico degli operatori interessati o dei richiedenti. L'ammontare della predetta maggiorazione dovrà essere versato all'Ente dagli operatori stessi all'atto della liquidazione del corrispettivo della prestazione".
Avuto riguardo al criterio di interpretazione legislativa dettato dall'ari 12 delle disposizioni sulle legge in generale e, dunque, facendo riferimento al senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore, deve pertanto rilevarsi che:
- la base imponibile su cui deve essere applicata la maggiorazione in parola è rappresentata dai corrispettivi "percepiti dai veterinari";
- l'oggetto delle prestazioni in relazione alle quali la maggiorazione è dovuta è costituito dall'attività professionale e da quella di certificazione prestata a favore di associazioni, enti o soggetti pubblici;
- i veterinari percettori dei corrispettivi soggetti a maggiorazione sono quelli iscritti agli albi professionali, nonchè quelli convenzionati con associazioni, enti o soggetti pubblici, ovvero dipendenti da questi ultimi;
- i soggetti a carico dei quali è dovuta la maggiorazione sono gli "operatori interessai (cioè i veterinari) ovvero t richiedenti;
- la maggiorazione in parola dovrà essere versata all'ENPAV dagli "operatori stessi (cioè dai veterinari) all'atto della liquidazione del corrispettivo della prestazione.
Se ne ricava, anzitutto, che i corrispettivi di che trattasi sono quelli di spettanza dei veterinari e, quindi, non già quelli dovuti agli enti da cui i veterinari eventualmente dipendano per l'effettuazione di prestazioni rese nell'ambito della loro attività istituzionale.
L'attività interessata alla maggiorazione è poi quella "professionale", ossia, secondo il contenuto che tale locuzione generalmente assume, quell'attività consistente in prestazioni rese in regime di autonomia ed autoorganizzazione da parte dell'operatore;
che tale sia stata, anche nel caso all'esame, l'intenzione del legislatore, è ricavabile dal successivo comma 5, secondo cui "La maggiorazione di cui al comma 1 non è soggetta all'Irpef e non costituisce reddito professionale" e dal disposto dell'art. 14 della stessa Legge, secondo cui "Ai fini della presente legge, per reddito professionale si intende il reddito di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 49, comma 1 nonchè il reddito proveniente dall'attività professionale convenzionata svolta per conto delle associazioni, enti o soggetti di cui all'art. 12, comma 1 laddove il D.P.R. n. 597 del 1973, richiamato art. 49 definisce espressamente il reddito da lavoro autonomo; infatti la precisazione che la maggiorazione di cui al comma 1 non costituisce reddito professionale ha un senso soltanto se la stessa trovi applicazione in relazione ad un corrispettivo costituente reddito professionale e, dunque, "percepito" a seguito dell'espletamento di attività di lavoro autonomo.
L'interpretazione sistematica della norma conferma la suddetta opzione, dovendo considerarsi che il contributo soggettivo obbligatorio (L. n. 136 del 1991, art. 11) gravante sugli iscritti è determinato in una percentuale del reddito professionale e che sia la pensione di vecchiaia che quella di anzianità (così come, del resto, quelle di inabilità e di invalidità) erogate dall'ENPAV sono liquidate sulla base dei redditi professionali dichiarati dagli iscritti (più specificamente in base alla media dei più elevati dieci redditi annuali professionali risultanti dalle dichiarazioni presentate per gli ultimi quindici anni solari di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione - L. n. 136 del 1991, artt. 2 e 3), cosicchè risulta logico desumere che anche la maggiorazione di cui all'art. 12, comma 1, sia da riferirsi a proventi percepiti nell'ambito di attività di lavoro autonomo e costituenti quindi reddito professionale.
Testualmente poi la norma all'esame individua i soggetti su cui grava la maggiorazione negli "operatori interessati", ossia negli stessi veterinari, ovvero nei richiedenti, e non già negli enti dai quali eventualmente i veterinari dipendano.
Ancora, sempre testualmente, tenuti a versare la maggiorazione all'ENPAV sono gli "operatori", dunque i veterinari a cui spetta il corrispettivo e non già gli enti dai quali eventualmente costoro dipendano.
L'esplicito riferimento testuale alla sussistenza di un rapporto di dipendenza non può ritenersi confliggente con la suddetta interpretazione della norma, nè sostanzialmente superfluo, avendo per contro la funzione di chiarire che la maggiorazione in parola spetta anche sui corrispettivi da attività professionale (dunque autonoma) che i veterinari legati da rapporti di dipendenza siano autorizzati ad espletare (tipica al riguardo l'attività professionale cosiddetta intra od extra moenia).
A diverse conclusioni non può condurre il rilievo che, proprio nell'ambito delle prestazioni intra moenia, i corrispettivi spettanti ai professionisti siano immediatamente incassati dagli Enti di appartenenza, atteso che questi ultimi non sono i creditori degli importi corrisposti, ma soltanto dei destinatari del pagamento (art. 1188 c.c.), che poi riversano al professionista detraendo quanto di loro spettanza per l'uso dei locali, delle attrezzature e quant'altro.
Tale essendo l'interpretazione da fornirsi alla normativa in parola, quale ricavatale alla stregua dei principi indicati dall'art. 12 disp. gen., deve osservarsi che la stessa risulta altresì in linea con un sistema che, secondo il principio solidaristico, grava di particolari forme di contribuzioni te attività svolte dai soggetti a favore dei quali sono poste le prestazioni previdenziali che l'Ente beneficiario è tenuto a rendere, risultando per contro incoerente la individuazione di una contribuzione collegata a prestazioni rese, per il tramite dei propri funzionari tecnici (nella specie i veterinari dipendenti), direttamente da strutture pubbliche nell'espletamento dei servizi di pubblica utilità loro demandati.
Il difforme disposto dell'art. 7 Regolamento ENPAV (laddove prevede il versamento della maggiorazione a cura del datore di lavoro in caso di prestazioni effettuate da lavoratori dipendenti) non può evidentemente fare aggio, per il rispetto del principio della gerarchia delle fonti, sull'inequivoca ricordata disposizione di legge secondo cui tale obbligo di versamento ricade sugli "operatori stessi, cioè sui veterinari a cui è dovuto il corrispettivo costituente la base imponibile, all'atto della liquidazione del corrispettivo della prestazione; così come, per analoghe ragioni, risultano ininfluenti le difformi interpretazioni sulle questioni di che trattasi rese da talune circolari ministeriali.
Va poi rilevato che l'interpretazione qui accolta si pone sostanzialmente in linea con la ricostruzione della normativa di riferimento già svolta da questa Corte con la pronuncia n. 15232/2000, ove venne specificato che "... mediante la L. 12 aprile 1991, n. 136, il legislatore, compiendo una scelta diversa, ha previsto - limitatamente ai veterinari percettori di reddito - un doppio regime di iscrizione; quella obbligatoria, per tutti i veterinari iscritti agli albi professionali che esercitano la libera professione o svolgono attività professionale come lavoratori autonomi convenzionati con associazioni, enti o soggetti pubblici o privati, e quella facoltativa, per i veterinari parimenti iscritti negli albi professionali, ma che esercitano esclusivamente attività di lavoro dipendente, o attività di lavoro autonomo, per le quali siano iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, oltre che per i soggetti che al compimento del sessantacinquesimo anno di età non possano far valere trenta anni di contribuzione. I primi sono tenuti, ai sensi dell'art. 11,commi 1, 2, 3 e 12, al pagamento dei contributi previdenziali, distinti in contributo soggettivo, in misura proporzionale al reddito professionale prodotto nell'anno precedente e, comunque, con un importo minimo di L. 1.500.000 dovuto in ogni caso, anche indipendentemente dai limiti reddituali, e contributo integrativo, parametrato sull'attività professionale e di certificazione; i secondi, pur se fuori dal sistema previdenziale del settore, partecipano ugualmente al suo finanziamento con un contributo di solidarietà anch'esso proporzionale al reddito professionale prodotto nell'anno precedente, a partire da un importo minimo di L. 1.000.000 rectius: 100.000 annuo dovuto in ogni caso (art. 11, comma 4, della richiamata Legge)".
Ritiene pertanto il Collegio di dover meglio precisare, nei termini suddetti, l'interpretazione della normativa di riferimento resa dalla pronuncia di questa Corte n. 9554/2008.
La risposta ai quesiti di diritto è dunque che la maggiorazione di cui alla L. n. 136 del 1991, art. 12, comma 1, è dovuta soltanto sui corrispettivi percepiti dai veterinari nell'esercizio di attività professionale in regime di autonomia, ivi compresa quella intra ed extra moenia espletata dai veterinari dipendenti, e non già anche sui corrispettivi tariffari dovuti direttamente agli enti pubblici per l'erogazioni di prestazioni istituzionali rese attraverso l'impiego di veterinari dipendenti; sempre in base alla L. n. 136 del 1991, art. 12, comma 1, i soggetti tenuti al versamento del contributo del 2%, ove dovuto, sono i veterinari che hanno effettuato la prestazione e non già gli Enti da cui gli stessi eventualmente dipendano; nè a diversa interpretazione può condurre il richiamo al principio solidaristico, che già trova soddisfazione attraverso il contributo imposto dalla L. n. 136 del 1991, art. 11, comma 4, a carico dei veterinari iscritti all'Ordine e non all'ENPAV; così come una diversa interpretazione non può essere tratta, per il rispetto del principio di gerarchia delle fonti, dal difforme enunciato del D.I. 2 gennaio 1996, art. 7, Regolamento ENPAV. 3. Il quarto motivo di ricorso resta assorbito, atteso che il contributo integrativo è dovuto sui corrispettivi percepiti dai veterinari dipendenti nell'esercizio di attività professionale in regime di autonomia (intra ovvero extra moenia) e, pertanto, in presenza di una situazione soggettiva che rende obbligatoria la loro iscrizione all'ENPAV. Parimenti assorbito risulta il sesto motivo di ricorso, svolto in contemplazione di una interpretazione della normativa di riferimento diversa da quella accolta.
4. In forza delle considerazioni che precedono il primo, secondo, terzo e quinto motivo di ricorso devono pertanto essere accolti, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza; non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, la causa può essere decisa nel merito, con la reiezione delle domande svolte dall'ENPAV nel ricorso introduttivo del giudizio.
Tenuto conto dei difformi orientamenti giurisprudenziali manifestatisi in relazione all'interpretazione della normativa di riferimento, le spese dell'intero processo vanno integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, secondo, terzo e quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge le domande svolte dall'ENPAV nel ricorso introduttivo del giudizio; spese dell'intero processo compensate.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2009