30.04.2008 free
CORTE di CASSAZIONE - La prescrizione del diritto al risarcimento del danno per responsabilità professionale del medico inizia a decorrere quando il danneggiato ha la percezione del pregiudizio subito
In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, ancorchè il dato testuale non faccia espressamente riferimento alla "scoperta" di esso, in tutti i casi in cui la manifestazione del danno non sia immediata ed evidente e possa apparire dubbia la sua ricollegabilità eziologica all'azione di un terzo, il momento iniziale della prescrizione dell'azione risarcitoria va ricollegato al momento in cui il danneggiato ha avuto la reale e concreta percezione dell'esistenza e della gravità del danno stesso, nonchè della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto pervenire a siffatta percezione usando la normale diligenza.
Sez. III, 20-04-2007 sentenza n. 9524
omissis
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 19/1/1990 T.A. conveniva in giudizio l'USL 70 di Alessandria per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti per asserita colpa professionale dei medici dipendenti dell'Ospedale di Alessandria, che durante il periodo di ricovero e di cura, avevano colpevolmente errato la diagnosi non riuscendo ad individuare la complessa compromissione addominale e toracica da esso T. sofferta in conseguenza della rottura traumatica dell'emidiaframma sinistro, a seguito delle lesioni patite in un incidente automobilistico, che aveva comportato il ricovero dall'11/12/1976, presso le divisioni di rianimazione e di ortopedia dell'Ospedale civile di Alessandria, ove il 24/12/1976 egli era stato sottoposto ad intervento chirurgico (ma soltanto per trattare le fratture); che dimesso il 12/2/1977, era stato poi nuovamente ricoverato dal 23/3/1977 al 21/5/1977 e dal 16 al 25/1/1979 (per postumi frattura dialisi femorale sinistra con esecuzione di un ulteriore intervento eseguito il 17 gennaio 1979 per rimozione placca) ed indi successivamente ricoverato ancora un'ultima volta dal 2 al 16 febbraio 1989 (a seguito del quale ultimo ricovero, soltanto, gli era stata diagnosticata una "ernia diaframmatica, sinistra inveterata post-traumatica").
Aggiungeva il T. che solo il 10 marzo 1989, presso altro Ospedale, e precisamente quello di Orbassano, egli era stato finalmente sottoposto ad intervento chirurgico di laparotomia sottopostale sinistra con riduzione degli organi erniati nel cavo addominale, ottenendo così la pressochè completa remissione dei sintomi.
Costituendosi, l'ENTE convenuto eccepiva innanzitutto la prescrizione del diritto azionato dal T., per essere asseritamene decorsi più di 10 anni dalla manifestazione dei sintomi conseguenti al comportamento colposo dei medici curanti, senza che, dal paziente, fosse stato messo in essere alcun atto interruttivo della prescrizione; in subordine nel merito, chiedeva comunque il rigetto della domanda per infondatezza.
Con sentenza 8/3-12/4/1996 il Tribunale di Alessandria, ritenuto che il termine della prescrizione del diritto azionato dal T., doveva essere fatto decorrere fin dall'anno 1977, allorquando il diritto del leso era da ritenersi pienamente riconoscibile ed esercitabile e comunque percepibile nei suoi elementi essenziali, segnatamente quanto alle cause (constatazione della lesione) ed ai relativi effetti (manifestazione di uno stato di inabilità), dichiarava maturato il termine della prescrizione (essendo decorso dal fatto alla notifica dell'atto di citazione un termine superiore a quello decennale di prescrizione), e per l'effetto respingeva la domanda del T. compensando le spese processuali.
Appellando tale decisione il T. si doleva che dal Tribunale l'inizio della prescrizione fosse stato fatto decorrere a partire dall'anno 1977 sul presupposto che da tale epoca dovesse essere fatta risalire la "conoscibilità" dell'evento dannoso, quando invece, non solo, nel marzo '
Costituendosi, resisteva l'AZIENDA OSPEDALIERA contestando tutte le argomentazioni da controparte dedotte.
Espletata una C.T.U. e disposti in merito alla stessa "chiarimenti" tanto davanti al C.T.U. che alla Corte, e dopo un fallito tentativo di conciliazione
Ha proposto ricorso per cassazione l'AZIENDA OSPEDALIERA, affidandolo a tre motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito il T. con controricorso.
Motivi della decisione
Con i primi due motivi l'AZIENDA ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 2934 e 2935 c.c., art. 132 c.p.c., art. 111 Cost. e art. 118 disp. att. c.p.c. anche sotto il profilo del vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, si duole del mancato riconoscimento della prescrizione affermata in prime cure, senza un adeguato approfondimento peritale e malgrado gli impliciti suggerimenti emersi dalle due C.T.U., svolte nei gradi di merito.
Aggiunge la ricorrente che trattandosi di disturbi collegati a disfunzioni gastriche e/o respiratorie, la percezione della loro gravità doveva essere ben presente fin dai primi anni, senza bisogno di una particolare attenzione valutativa.
I due motivi, che per la loro natura sostanzialmente unitaria possono esaminarsi congiuntamente, non sono fondati. Essi si infrangono contro l'accertamento del giudice di appello il quale, rilevato:
che i lievi disturbi dispeptici iniziali furono individuati fin dall'immediato periodo post-operatorio conseguente all'incidente automobilistico del 1976 dagli stessi medici dell'Ospedale di Alessandria che li trattarono con "sintomatici" senza prescrivere poi, in fase di dimissione, al paziente alcun protocollo di cura o allertarlo circa la necessità di futuri controlli, e, dunque, ragionevolmente radicandogli il fondato convincimento che si trattasse di sofferenze prive di un vero e proprio riscontro patologico curabile;
che tali disturbi riconducibili all'attività illecita dei sanitari hanno pur potuto manifestarsi esteriormente fin dalla immediatezza con una serie di sporadiche e leggere sofferenze fisiche, ma sono comunque rimasti occulti o quanto meno dubbi circa la loro effettiva portata, eziologia e riferibilità all'operato dei medici curanti;
che quanto sopra risultava dalle C.T.U. e dai chiarimenti forniti dagli stessi consulenti;
ha concluso doversi ritenere che solo dall'anno 1989, il T., con la normale pretendibile diligenza, sia stato "in grado di conoscere nella loro oggettività ed attribuibilità" compiutamente i sintomi patologici che lo affliggevano, e dunque di promuovere la relativa richiesta giudiziaria, che egli azionò tempestivamente dal momento che la notifica dell'atto di citazione è datata 19/1/1990 (escludendosi così il compimento della prescrizione).
Si tratta di motivazione ampia, congrua e logica, che fa felice distinzione - ai fini della decorrenza del termine prescrizionale - fra il momento in cui il T. ha avuto consapevolezza dell'entità e gravità dei disturbi e quello in cui poteva essere in grado di attribuirne la responsabilità (per omissione di corretta diagnosi ed adeguata terapia) ai sanitari dell'AZIENDA ricorrente; così uniformandosi ad un'antica e costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, ancorchè il dato testuale non faccia espressamente riferimento alla "scoperta" di esso, in tutti i casi in cui la manifestazione del danno non sia immediata ed evidente e possa apparire dubbia la sua ricollegabilità eziologica all'azione di un terzo, il momento iniziale della prescrizione dell'azione risarcitoria va ricollegato al momento in cui il danneggiato ha avuto la reale e concreta percezione dell'esistenza e della gravità del danno stesso, nonchè della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto pervenire a siffatta percezione usando la normale diligenza (ex plurimis Cass. n. 685/82).
I primi due motivi vanno pertanto rigettati.
Con il terzo motivo l'AZIENDA OSPEDALIERA, denunciando la violazione dell'art. 196 c.p.c. e art. 90 disp. att. c.p.c., si duole che in sede di conferimento dell'incarico al C.T.U. sia stato commesso "errore nell'individuazione del quesito precedentemente formulato con ordinanza del 14 maggio 1999, si da omettere la parte relativa alla conoscibilità della patologia, essenziale in punto di prescrizione".
Neppure questa doglianza coglie nel segno. In primis, ne va rilevata la genericità, in spregio al principio dell'autosufficienza del ricorso. Inoltre, anche se il fatto, nella sua materialità, è stato riconosciuto dal resistente, essa trova comunque adeguata confutazione nel l'impugnata sentenza, secondo la quale "appare quindi superfluo procedere ad effettuare qualsiasi ulteriore accertamento medico-legale e segnatamente una appendice di C.T.U. specialistica ad opera di un chirurgo toracico o ad un esame delle dichiarazioni del T. (i cui dati anamnestici sono già stati pacificamente raccolti alla presenza dei C.T.P.) in quanto le richieste ulteriori valutazioni mediche appaiono comunque superate dagli accertamenti già compiuti tramite i riscontri documentali e segnatamente radiologici effettuati".
Concludendo, il ricorso va rigettato.
La peculiarità della vicenda costituisce giusto motivo per compensare le spese di questo grado.
P.Q.M.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2007