Corte di Cassazione - Penale (Responsabilità medica d’equipe: l’attività del collega deve essere conosciuta)
Il fatto
Un chirurgo è stato ritenuto responsabile delle lesioni personali subite da una paziente, consistite nella amputazione del dito mignolo della mano sinistra in quanto, nelle fasi di preparazione ed esecuzione dell'intervento chirurgico al dito, ha eseguito in modo non corretto le relative pratiche, impedendo la normale circolazione arteriosa nelle dita ed omettendo di somministrare farmaci antiaggreganti in grado di prevenire i danni derivanti dall'ostruzione del circolo; infatti, è stato posizionato un laccio emostatico in corrispondenza della base del quinto dito della mano sinistra, che non risulta esser stato allentato periodicamente, onde impedire o almeno ridurre la compressione sulle strutture vascolo-nervose del dito, inoltre è stato posto un tutore in iper-estensione, che ha definitivamente alterato il flusso sanguigno.
Profili giuridici
La Corte d’Appello ha ritenuto la responsabilità concorrente dell'imputato e della dottoressa che ha eseguito l’intervento, avendo il medico assunto una posizione di garanzia con la partecipazione all'operazione ed al post-operatorio gestito dalla collega, quale primo operatore.
La Cassazione ha chiarito che, fermo restando il principio per cui ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, è necessario verificare se il contributo reso dall'imputato gli sia concretamente rimproverabile sul piano soggettivo. Pertanto, il fatto che il sanitario sia specialista della materia, e come tale in grado di valutare compiutamente la correttezza delle tecniche operatorie adottate, è soltanto una delle premesse dell'attribuzione dell'illecito, dovendo pur sempre essere accertato se egli abbia avuto la concreta possibilità di conoscere e valutare l'attività svolta da altro collega, di controllarne la correttezza e di agire ponendo rimedio.
[Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]
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