01.06.2005 free
TAR VENETO - (sulle spese di carattere socio assistenziale a favore delle persone indigenti; onere del pagamento)
§ - Al fine di individuare il soggetto tenuto al pagamento della retta di degenza , occorre stabilire se le prestazioni fornite al paziente successivamente alla dichiarazione di dimissione abbiano natura di interventi sanitari o di rilievo sanitario connessi con attività socio assistenziali (a carico del Servizio sanitario), ovvero se costituiscano interventi meramente socio assistenziali (di pertinenza dei Comuni); tuttavia non e' condivisibile il criterio discretivo secondo cui, nell’ipotesi in cui lo stato cronico (nel caso di specie, lo stato di non autosufficienza) non sia suscettibile di regressione, l’assistenza fornita all’ospite non può essere qualificata come avente carattere sanitario (in quanto non diretta al recupero psico-fisico della persona) (www.dirittosanitario.net)
Sentenza n. 1274/05
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione terza
costituito da: Claudio Rovis - Presidente f.f., relatore Mauro Springolo - Consigliere Riccardo Savoia - Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2136/94 proposto dal COMUNE DI BELLUNO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Borella e Franco Stivanello Gussoni, con elezione di domicilio presso il secondo in Venezia, Dorsoduro n. 3593, come da mandato a margine del ricorso stesso; CONTRO
CO.RE.CO., sezione di BELLUNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito; REGIONE VENETO, in persona del Presidente pro tempore, non costituita; E NEI CONFRONTI DI - U.S.L. N. 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita; - signor SG, non costituito; PER
l'annullamento della decisione 19.4.1994 n. 1147 con cui il CoReCo, sez. di Belluno, ha respinto il ricorso presentato dal Comune di Belluno avverso il provvedimento con il quale il Commissario straordinario dell’USL n. 3 aveva posto a carico del Comune le spese di degenza dell’odierno controinteressato successivamente all’avvenuta sua dimissione dallo stabilimento ospedaliero ove era ricoverato; Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista la memoria del Comune ricorrente; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza dell’1.4.2005 - relatore il presidente f.f. Claudio Rovis - il procuratore del Comune ricorrente; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con l’impugnato provvedimento la sezione di Belluno del CoReCo per il Veneto ha respinto il ricorso presentato dal Comune di Belluno avverso la determinazione con la quale l’USL n. 3 aveva intimato al Comune stesso il pagamento della retta dovuta per l’ingiustificata prosecuzione della degenza dell’odierno controinteressato successivamente alla sua dimissione dalla struttura ospedaliera ove era ricoverato. Secondo il CoReCo l’obligo dell’USL di provvedere alle spese sanitarie si esaurisce con la guarigione clinica della fase acuta della malattia: la spesa per l’ulteriore, ingiustificata degenza non può che far carico al Comune, a cui compete “di provvedere al ritiro dai nosocomi delle persone non più abbisognevoli di cure per una loro collocazione altrove, sia pure con recupero delle relative spese a carico dell’interessato ovvero degli obbligati ove sussistenti le condizioni per operare in tal senso a norma dell’art. 433 c.c.”.
Ritiene, invece, il Comune ricorrente che – a prescindere dalla considerazione che non riesce a comprendersi in forza di quale disposizione normativa il Comune di Belluno fosse obbligato al ritiro dell’assistito dimesso - con l’attuazione della riforma sanitaria del 1978 e con l’istituzione del fondo sanitario nazionale è venuta meno la competenza residuale dei Comuni al pagamento delle spese di spedalità a favore dei soggetti indigenti (spese che, appunto, fanno ora carico al fondo sanitario): ad ogni buon conto, nel caso di specie i trattamenti assistenziali erogati dalla struttura ospedaliera al paziente, ancorchè successivi alla dichiarazione della sua dimissibilità, dovevano ritenersi di esclusiva competenza dell’USL, in quanto rivolti alla tutela della salute del paziente stesso. Ma – prosegue il ricorrente (con il terzo motivo) –, la determinazione dell’USL di addossare al Comune le spese di degenza del controinteressato è altresì illegittima per difetto di istruttoria, essendo stata omessa qualsiasi indagine in ordine alla sussistenza di altri soggetti tenuti al pagamento prima del Comune, la cui responsabilità, quale domicilio di soccorso, è soltanto residuale.
La causa, ove non si è costituito alcun soggetto interessato a contraddire, è passata in decisione all’udienza dell’1.4.2005.
DIRITTO
1.- Preliminarmente all’esame delle singole censure, appare opportuno soffermarsi sul quadro legislativo di riferimento. 1.1.- Il nostro sistema normativo distingue nettamente tra funzioni amministrative relative all’organizzazione ed all’erogazione dei servizi di assistenza, attribuite in larga parte ai Comuni (artt. 22 segg. del DPR n. 616/77) e funzioni di assistenza sanitaria (comprensive anche delle prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali), riservate al Servizio sanitario nazionale (artt. 1 e 26 della legge n. 833/78). In particolare, l’art. 30 della legge n. 730/83, dopo aver previsto che “per l’esercizio delle proprie competenze nelle attività di tipo socio-assistenziale, gli enti locali e le Regioni possono avvalersi, in tutto o in parte, delle unità sanitarie locali, facendosi completamente carico del relativo funzionamento”, ha disposto che “sono a carico del Fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali”.
Successivamente, il DPCM 8.8.1985 – recante “atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle Province autonome in materia di attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali, ai sensi dell’art. 5 della legge 23 dicembre 1978 n. 833” – ha precisato che “le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali di cui all’art. 30 della legge 27.12.1983 n. 730, sono le attività che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio assistenziali, purchè siano dirette immediatamente ed in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell’attività sanitaria di prevenzione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo, in assenza dei quali l’attività sanitaria non può svolgersi o produrre effetti” (art. 1); mentre “non rientrano tra le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali, le attività direttamente ed esclusivamente socio assistenziali comunque estrinsecantisi, anche se indirettamente finalizzate alla tutela della salute del cittadino”, e fra queste “i ricoveri in strutture protette extra ospedaliere meramente sostitutivi, sia pure temporaneamente, dell’assistenza familiare” (art. 2).
Quanto, poi, al Comune eventualmente tenuto alle spese di carattere socio assistenziale a favore delle persone indigenti ricoverate in strutture pubbliche, ai sensi dell’art. 72 della legge 17.7.1890 n. 6972, come modificato dall’art. 6 del RD 14.9.1931 n. 1175, il “domicilio di soccorso” è quello dell’ultimo Comune in cui l’interessato abbia dimorato per almeno due anni senza notevoli interruzioni: il successivo art. 74 stabilisce, poi, che non vale ad interrompere la “dimora” né ad acquisire un nuovo “domicilio di soccorso” il tempo trascorso in uno stabilimento di cura in un altro Comune (per mera completezza va detto che l’art. 6 della legge quadro n. 328/00 ha soppresso l’istituto del domicilio di soccorso ed ancorato il nuovo sistema al Comune di residenza al momento del ricovero: in attuazione della citata norma, l’art. 102 della LR n. 5/00 ha aggiunto alla LR n. 5/96 l’art. 13 bis che stabilisce che “le prestazioni obbligatorie di natura sociale a favore di cittadini in stato di bisogno ed inseriti presso strutture residenziali gestite da istituzioni pubbliche o private, sono assicurate dalle medesime con spesa a carico del Comune presso il quale il cittadino ha la residenza ed è iscritto ai registri d’anagrafe e di stato civile al momento dell’ingresso nella struttura”).
1.2.- Secondo la prospettazione del CoReCo, contestata dal Comune ricorrente, poiché il controinteressato – soggetto non autosufficiente - aveva superato, nel caso di specie, lo stato acuto della malattia che aveva determinato il suo ricovero presso la struttura ospedaliera, le prestazioni rese ad esso si configurano come interventi meramente conservativi e sostitutivi dell’assistenza familiare, che la normativa vigente pone a carico dei Comuni. Ritiene, in altre parole, il CoReCo che solo qualora detti interventi fossero tesi al recupero delle attitudini individuali del soggetto ricoverato, con reinserimento e partecipazione alla vita di relazione, potrebbero qualificarsi come attività avente rilevanza sanitaria, il cui onere è posto a carico del Servizio sanitario nazionale.
Tale assunto non può essere condiviso.
Al fine di individuare il soggetto tenuto al pagamento della retta di degenza in questione, occorre stabilire se le prestazioni fornite alla paziente successivamente alla dichiarazione di dimissione abbiano natura di interventi sanitari o di rilievo sanitario connessi con attività socio assistenziali (a carico del Servizio sanitario), ovvero se costituiscano interventi meramente socio assistenziali (di pertinenza dei Comuni). Ma, ciò precisato, non pare accettabile il criterio discretivo individuato dal CoReCo secondo cui, nell’ipotesi in cui lo stato cronico (nel caso di specie, lo stato di non autosufficienza) non sia suscettibile di regressione, l’assistenza fornita all’ospite non può essere qualificata come avente carattere sanitario (in quanto non diretta al recupero psico-fisico della persona).
Tale criterio, infatti, non sembra idoneo a delineare le competenze delle ULSS perché l’impossibilità di guarigione o di miglioramento del ricoverato non esclude certamente che allo stesso possano o debbano essere prestate cure mediche per eventuali altre affezioni connesse e consequenziali al proprio status o anche terapie palliative della stessa affezione (cfr., per un caso analogo di malattia psichica, Cass. 25.8.1998 n. 8436; nello stesso senso, anche 20.11.1996 n. 10150 e 21.4.2000 n. 5251). A tale conclusione - che il collegio ritiene di dover condividere – la Corte di legittimità è giunta interpretando le disposizioni, richiamate più sopra, che enucleano l’oggetto dell’attività di rilievo sanitario (art. 30 della legge n. 730/83; artt. 1 e 6 del DPCM 8.8.1985), non senza precisare che della distinzione tra malattia acuta e malattia cronica non c’è traccia nella legge, prendendo essa in considerazione esclusivamente l’attività di cura (indipendentemente dalla natura acuta o cronica della patologia). Va aggiunto che l’art. 3 septies del DLgs n. 502/92, introdotto dal DLgs n. 229/99, e l’art. 3 del DPCM 14.2.2001 – la cui valenza è, in questa sede, meramente sintomatico-interpretativa - definiscono “prestazioni sanitarie a rilevanza sociale” (a carico dell’ASL) le “attività finalizzate alla…..rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite”.
Ne deriva, dunque, che le prestazioni e le terapie che mirano a conservare le capacità residue di un paziente o a impedire il peggioramento del suo quadro clinico, proprio perché dirette al “contenimento degli esiti degenerativi” che si verificherebbero in mancanza dei predetti interventi, non possono che rientrare nelle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, di pertinenza dell’USL. Ciò precisato, dunque, va evidenziato che, nel caso, come quello in esame, di un soggetto non autosufficiente, non è agevole individuare il discrimine tra prestazioni di natura sociale e prestazioni di rilievo sanitario ad esso offerte.
Soccorre, a tal proposito, l’art. 6 del citato DPCM 8.8.1985 che stabilisce che “nei casi in cui non sia possibile, motivatamente, disgiungere l’intervento sanitario da quello socio assistenziale, le Regioni possono, nell’ambito delle disponibilità finanziarie assicurate dal Fondo sanitario nazionale, avvalersi, mediante convenzione, di istituzioni pubbliche, in assenza di istituzioni private. In questi casi le Regioni possono prevedere che l’onere sia forfettariamente posto a carico, in misura percentuale, del Fondo sanitario nazionale o degli enti tenuti all’assistenza sociale in proporzione dell’incidenza, rispettivamente, della tutela sanitaria e della tutela assistenziale, con eventuale partecipazione da parte dei cittadini” (cfr. attualmente, l’art. 3 septies del DLgs n. 229/99 il quale mantiene la distizione tra prestazioni sanitarie a rilevanza sociale garantite dalle Aziende sanitarie e prestazioni sociali a rilevanza sanitaria garantite dai Comuni).
La Regione Veneto, peraltro, già con legge n. 55/82 aveva stabilito, all’art. 3, VII comma che “nell’ambito delle attività che richiedono personale e tipologie di intervento di servizi socio assistenziali e sanitari, la Giunta regionale determina, annualmente e per singola struttura, le quote di spesa di rilievo sanitario fornite alle persone non autosufficienti ospitate nelle strutture residenziali e la quota del fondo sanitario regionale per far fronte all’onere complessivo conseguente”. Precisava, inoltre, al comma successivo, che “il dipartimento per i servizi sociali liquida direttamente alle suddette strutture residenziali le quote di rimborso spese sanitarie e di rilievo sanitario dovute agli ospiti non autosufficienti su presentazione degli elenchi trimestrali nominativi e in base al numero delle giornate di presenza aggiornate (disposizione, questa, da leggersi ora in correlazione con quanto statuito dall’art. 71, I comma della LR n. 6/97: “le disposizioni di cui all’ottavo comma dell’art. 3 della legge regionale n. 55/82 cessano di avere efficacia con l’esecutività di una deliberazione della Giunta regionale, adottata sentita la competente commissione consiliare, contenente le modalità e i criteri di erogazione alle strutture residenziali delle quote di rimborso spese sanitarie e di rilievo sanitario dovute agli ospiti non autosufficienti”).
In conclusione, dunque, poiché le spese di degenza di cui è causa si riferiscono al ricovero di un soggetto non autosufficiente, relativamente al quale non è agevole la distinzione tra prestazioni sanitarie e di rilievo sanitario (a carico dell’USL) e prestazioni sociali (a carico del Comune), deve farsi riferimento alla citata previsione contenuta nell’art. 3, VII e VIII comma della LR n. 55/82 e, conseguentemente, imputarsi all’USL il pagamento delle spese sanitarie e di rilievo sanitario nella misura già determinata dalla Giunta regionale (in difetto, la Giunta si determinerà “ora per allora”), a favore di anziani non autosufficienti ospitati in una struttura residenziale di media tipologia per l’anno a cui si riferisce la degenza di cui è causa; il Comune, da parte sua, è tenuto al pagamento della quota residuale (detratto quanto di spettanza dell’USL) dell’importo già quantificato dall’USL, oggetto di ricorso.
2.- Il terzo motivo, con cui si afferma il carattere meramente residuale dell’obbligo del Comune di sostenere le spese di natura socio assistenziale a favore di persona ricoverata in strutture pubbliche, è inammissibile per tardività in quanto non è stato dedotto nel presupposto ricorso amministrativo presentato al CoReCo avverso la determinazione dell’USL di porre a carico del Comune stesso le spese di ingiustificata degenza ospedaliera dell’odierno controinteressato. 3.- Per le considerazioni che precedono, dunque, il ricorso è accolto nei limiti di cui sopra. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, l’1.4.2005.