19.10.2009 free
CORTE di CASSAZIONE - Danno da esposizione alle radiazioni - Responsabilità della ASL per esercizio di attività pericolosa - Corresponsabilità del direttore sanitario
Dei danni causati dall'esercizio di attività pericolosa svolta da un ente collettivo, pubblico o privato, risponde sia l'ente in quanto tale, sia la persona preposta in concreto all'esercizio dell'attività pericolosa. Pertanto dei danni causati ad un infermiere dall'esposizione alle radiazioni emanate da un apparecchio radiografico rispondono in solido sia la ASL, sia il suo direttore sanitario.
SENTENZA : Sez. III, 27-01-2009, n. 1966
OMISSIS
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Modena ha condannato la USL n. (OMISSIS) e D. G., direttore sanitario dell'Ospedale di (OMISSIS), al risarcimento dei danni biologico e morale riportati da T. T., infermiere addetto alla sala gessi e alla sala operatoria dell'ospedale, in conseguenza di radiazioni emesse da un apparecchio radiologico.
Il D. ha appellato la sentenza e la Corte d'appello di Bologna ha escluso il danno morale, confermando nel resto.
Avverso quest'ultima decisione il D. ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a tre motivi.
L'intimato non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Col primo motivo (omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2050 c.c.) il ricorrente ha dedotto che la Corte di merito ha errato nel ritenere, peraltro omettendo ogni motivazione al riguardo o con motivazione inadeguata, la sussistenza del nesso causale tra le lesioni subite dal T. e l'attività pericolosa esercitata nell'ospedale, con riferimento agli apparecchi radiologici ivi esistenti e adoperati, essendo rimasto accertato che l'infermiere era stato colpito da radiazioni in misura superiore alla norma per mera casualità o accidentalità, probabilmente per un errato o maldestro posizionamento dell'apparecchio da parte del danneggiato medesimo o del primario radiologo. Ha precisato altresì che la Corte è caduta in stridente contraddizione nel ritenere la responsabilità per il danno biologico e nell'escluderla per i danni morali.
A parte che il rapporto eziologico tra l'esercizio dell'attività pericolosa e l'evento dannoso non verrebbe meno dalla casualità o accidentalità del contatto, la prima censura è inammissibile perchè l'accertamento della sussistenza del nesso di causalità in oggetto (come quello della pericolosità e dell'idoneità delle cautele adottate) costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato (nel caso, con riferimento alle indagini del c.t.u., dell'ENPI e della Fondazione Clinica del Lavoro di (OMISSIS), nonchè alle dichiarazioni rese dai testimoni, indagini e testimonianze da cui si evince un rapporto diretto e continuo del T. con le apparecchiature radiologiche e un superamento delle radiazioni, da queste emesse, della soglia normativamente prevista), ovvero se, come pure nella specie, mancano specifiche doglianze di incongruità e illogicità della motivazione.
La seconda censura è infondata, non incorrendo in alcuna contraddizione il giudice che escluda il danno non patrimoniale perchè non provata in concreto la colpa del danneggiante, richiamando peraltro una giurisprudenza superata, e nel contempo attribuisca il danno biologico sulla base di una presunzione legale di responsabilità, quale quella posta dall'art. 2050 c.c..
Col secondo motivo (insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2050 c.c.) il ricorrente ha dedotto che dell'attività pericolosa esercitata da un Ospedale e dei danni da essa provocati debba rispondere, in mancanza di prova liberatoria, l'Ospedale e per esso la USL, non anche il direttore sanitario dello stesso, che ne è solo un dipendente, sicchè la Corte d'appello ha errato nel ritenerlo responsabile, sia pure soltanto del danno biologico.
La censura è infondata.
Allorquando l'attività pericolosa sia esercitata da un ente collettivo, pubblico o privato, risponde dei danni causati a terzi sia direttamente l'esercente, sia indirettamente e solidalmente, a titolo di concorso, ex art. 2055 c.c., comma 1, la persona fisica preposta all'esercizio in concreto dell'attività dell'ente, ossia la persona responsabile della gestione dell'attività, qual'è, appunto, il direttore sanitario dell'ospedale (Cass. n. 5744/99).
Col terzo motivo (insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2051 c.c. e D.P.R. n. 128 del 1969, art. 15) il ricorrente ha dedotto che la Corte di merito ha altresì errato, peraltro omettendo qualsiasi motivazione al riguardo, nel ritenerlo responsabile dei danni quale custode delle attrezzature radiologiche.
La censura è infondata, essendo stata la responsabilità affermata esclusivamente con riferimento all'art. 2050 c.c. (danni da esercizio di attività pericolosa), non anche in relazione all'art. 2051 c.c., (danni da cosa in custodia). Il ricorso va dunque respinto.
Non va provveduto sulle spese in mancanza di attività difensiva dell'intimato.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2009