15.01.2009 free
CORTE di CASSAZIONE - Atto regionale di nomina del direttore generale
L'esito negativo del controllo sull'atto regionale di nomina del direttore generale di azienda sanitaria locale determina l'inefficacia sia del provvedimento, sia del contratto eventualmente già stipulato, con la conseguente inconfigurabilità, in relazione alla mancata esecuzione del contratto, di inadempimento imputabile all'amministrazione.
sentenza n. 28456 del 28-11-2008
Svolgimento del processo
1. La sentenza di cui si chiede la cassazione rigetta l'appello di S.G. e conferma la decisione n. 1568/2003 del Tribunale di Messina, con la quale era stata giudicata priva di fondamento la domanda, proposta nei confronti della Presidenza della Regione Sicilia e dell'Assessorato regionale alla sanità, nonchè della Gestione stralcio dell'Azienda unità sanitaria locale n. (OMISSIS), per l'adempimento di crediti che asseriva derivati dal rapporto di lavoro di direttore generale dell'Ausl n. (OMISSIS).
2. S.G. aveva dedotto di essere stato nominato direttore generale svolgendo le relative funzioni dal 10.7.1995; di avere stipulato il formale contratto con decorrenza 3.7.1996, contratto considerato risolto dalla Regione a causa dell'esito negativo del controllo della Corte dei conti sul provvedimento di nomina, stipulando poi un nuovo contratto il 31.1.1997; aveva rivendicato il pagamento del compenso relativo al periodo 3.7.1996 - 31.1.1997, il pagamento dell'integrazione del trattamento economico nella misura del 20%, nonchè di un compenso aggiuntivo per le funzioni di commissario liquidatore della gestione stralcio di Usl soppressa.
3. Il rigetto dell'appello è motivato con la considerazione che l'esito positivo del controllo sulla nomina costituiva condizione dell'efficacia del contratto espressamente pattuita, nè l'inefficacia determinata dalla mancanza dell'evento dedotto in condizione poteva ritenersi imputabile a comportamento colpevole dell'amministrazione e, comunque, sarebbe stato lesivo di un mero interesse legittimo; che le funzioni di liquidatore di Usl soppressa erano attribuite per legge al direttore generale e dovevano ritenersi perciò compensate dal corrispettivo stabilito dal contratto.
4. Il ricorso di S.G. è articolato in quattro motivi, ulteriormente precisati con memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c.; resistono con controricorso Presidenza e Assessorato alla sanità della Regione Sicilia, nonchè Gestione stralcio dell'Ausl n. (OMISSIS); con separato controricorso resiste l'Ausl n. (OMISSIS).
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 1358 e 1359 c.c., e vizio di motivazione, si sostiene che, con l'esecuzione del contratto, vi era stata rinuncia alla condizione apposta al contratto; che il controllo negativo sull'atto di nomina non impediva l'esecuzione del contratto, divenuto soltanto annullabile; che, comunque, la condizione doveva reputarsi avverata avendo omesso la Regione di emendare l'atto adeguandosi ai rilievi dell'organo di controllo, ovvero di chiedere la registrazione con riserva, ponendo in essere un comportamento contrastante con il precetto di buona fede e correttezza, come integrato dall'art. 97 Cost..
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione di norme di diritto (L. n. 241 del 1990, art. 2, L.R. Sicilia n. 10 del 1992, art. 1337 c.c.) e vizio di motivazione, la sentenza impugnata è censurata per avere escluso la configurabilità della responsabilità precontrattuale dell'amministrazione in relazione alla mancata sollecita conclusione del procedimento dopo l'intervento dell'organo di controllo, conclusione possibile per l'atto di nomina dello S., cui non si comunicavano i vizi delle nomine di altri direttori generali riscontrati dalla Corte dei Conti.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell'art. 2043 c.c., e vizio di motivazione per avere la Corte di Messina esclusa la risarcibililità del danno da lesione di interesse legittimo.
4. Questi primi tre motivi di ricorso presentano connessione tra le argomentazioni che ne impone la trattazione congiunta. L'esito dell'esame delle censure è il giudizio di infondatezza, risultando conforme al diritto il dispositivo della sentenza ancorchè la motivazione debba essere in parte corretta e integrata (art. 384 c.p.c., comma 2).
5. L'inquadramento della fattispecie in termini di condizione volontaria, comune alla sentenza impugnata e, in parte, al ricorso, non è giuridicamente corretto.
Non era in questione il controllo sul contratto (controllo, peraltro, pur sempre operante sul terreno dell'efficacia, ma quale condicio iuris, come tale sottratta all'ambito di applicazione dell'art. 1359 c.c.), ma l'efficacia tipica del provvedimento amministrativo di nomina del direttore generale, quale presupposto individuante il soggetto con il quale stipulare il contratto (la natura di provvedimento amministrativo autoritativo della nomina da parte delle regioni, all'esito di procedimento amministrativo "di evidenza pubblica", del direttore. generale di azienda sanitaria locale, è pacifica nella giurisprudenza della Corte: vedi Cass. S.U. 11 febbraio 2003, n. 2065; 16 aprile 1998, n. 3882; vedi anche, in motivazione, Cass. S.U. 18 dicembre 2007, n. 26631). Questa efficacia tipica doveva escludersi a seguito di controllo ad esito negativo, che rende l'atto controllato tamquam non esset (cosicchè la legge parla di "annullamento" del provvedimento: R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 25, comma 3).
6. Il tema controverso concerneva, quindi, la sorte del contratto stipulato a seguito del venire meno del provvedimento amministrativo che ne costituiva il necessario presupposto, e ciò è stato avvertito dal ricorrente nella parte in cui sostiene che il contratto era diventato semplicemente annullabile e di conseguenza non ne era venuta meno l'efficacia.
Si deve procedere, pertanto, all'indagine circa i rapporti tra procedimenti e atti amministrativi "a monte" del contratto stipulato dalle pubbliche amministrazioni, tenute al rispetto dell'evidenza pubblica, e negozio giuridico.
7. Sul tema, è noto l'orientamento tradizionale e più risalente della giurisprudenza della Corte di cassazione (cui si richiama in effetti il ricorrente), secondo il quale le disfunzioni del procedimento amministrativo di formazione del contratto rilevano esclusivamente quali vizi della capacità e della volontà dell'amministrazione pubblica stipulante, che solo quest'ultima è abilitata a far valere secondo le regole proprie dell'annullabilità degli atti negoziali, e, coerentemente, ritiene che un contratto affetto da questi vizi non muta condizione giuridica nel caso che gli stessi vizi abbiano condotto all'annullamento dell'atto di individuazione del privato contraente, ad opera del giudice amministrativo o della stessa amministrazione in sede di autotutela, ovvero in sede di controllo come nella specie (cfr. in generale, sul tema dei contratti ad evidenza pubblica, Cass., S.U. 15 gennaio 1987, n. 252; Cass. 8 maggio 1996, n. 4269; con riguardo ai contratti di lavoro pubblico, ancorchè incidentalmente, nell'ambito di una pronuncia sulla giurisdizione, Cass., S.U., 28 gennaio 2003, n. 1238). Conseguenza di siffatto orientamento è la possibilità che lo stesso vizio sia ritenuto idoneo ad inficiare l'individuazione degli aventi diritto alla stipulazione del contratto, ma non idoneo ad invalidare il contratto nel giudizio ordinario, potendo, oltre tutto, l'amministrazione non far valere, in via di azione o di eccezione, l'annullabilità, con l'ulteriore effetto che il giudice amministrativo potrebbe, nell'esercizio della sua giurisdizione, ritenere che la p.a. debba avviare una nuova procedura per la stipulazione di un nuovo contratto, considerando, sia pure con accertamento da qualificare soltanto incidentale, inesistente il vincolo negoziale.
Evidentemente, il richiamato orientamento giurisprudenziale condurrebbe a ritenere per questa parte fondato il ricorso, siccome all'annullamento in sede di controllo dell'atto presupposto non sarebbe possibile riconoscere alcuna incidenza diretta sull'efficacia del contratto individuale già stipulato. Tuttavia, al descritto orientamento la Corte ritiene di non potere dare continuità. 8. Invero, in tempi più recenti, passando per la critica della tesi dell'annullabilità in ragione della natura imperativa delle regole (anche di derivazione comunitaria) poste a tutela della concorrenza e dei partecipanti alla procedura (escluse dalla disponibilità dell'amministrazione), è emerso presso i giudici amministrativi e ordinari, confortato dall'opinione della dottrina prevalente, l'indirizzo secondo cui la caducazione della procedura di affidamento travolge automaticamente il contratto per il venir meno del presupposto. Invero, nella giurisprudenza amministrativa, questa tesi ha condotto altresì ad estendere la giurisdizione del giudice speciale all'accertamento della sorte del contratto, mediante una lettura estensiva del disposto della L. n. 205 del 2000, art. 6, comma 1. Ma, in punto di giurisdizione, le Sezioni unite della Corte sono ferme nel ritenere che la giurisdizione amministrativa non può superare la soglia della conclusione del contratto (vedi Cass. S.U. 31 marzo 2005, n. 6743; 6 maggio 2005, n. 9391; 28 dicembre 2007, n. 27169, cit.). Con riferimento specifico al rapporto di lavoro, la controversia sul recesso della p.a., conseguito a giudicato amministrativo di annullamento del concorso, è stata ritenuta di competenza dell'A.G.O. (Cass. S.u. 11 gennaio 2005, n. 319).
Fuori dal tema della giurisdizione, le sezioni semplici della Corte di cassazione hanno espresso, in contrasto con l'indirizzo giurisprudenziale tradizionale, un più recente orientamento che considera eliminati gli effetti negoziali dalla demolizione (e, comunque, sopravvenuta inefficacia) del provvedimento presupposto del contratto (Cass. 5 agosto 2000, n. 10322, sia pure con motivazione incentrata sull'impossibilità di esecuzione del contratto; Cass. 9 gennaio 2002, n. 193, che considera senz'altro inefficace il contratto a seguito dell'annullamento dell'atto amministrativo presupposto; Cass. 24 marzo 2004, n. 5941, e Cass. 1 aprile 2004, n. 6450, che ritengono inesistente il contratto per il quale debba ritenersi mancante l'individuazione, nei modi imperativamente previsti dalla legge, del contraente privato, decisioni queste ultime rese proprio con riguardo al venire meno del provvedimento di nomina di direttore generale di Asl).
9. Questo diverso e più recente orientamento risulta convincente sotto molteplici profili.
Il principio su cui si fonda è che, nei contratti assoggettati all'evidenza pubblica, l'individuazione del contraente privato è sottratta ai poteri di autonomia negoziale e affidata esclusivamente all'esito di procedimenti amministrativi, mancando i quali manca in radice la parte contraente privata, principio che deve operare, a maggior ragione, per i contratti di assunzione di dipendenti pubblici, per i quali la regola del concorso pubblico assume rango costituzionale (art. 97 Cost.), ovvero per altri rapporti di lavoro che per legge devono essere costituiti all'esito di procedimenti pubblicistici di verifica dell'idoneità del privato contraente, eliminando il rischio di procedure annullate e di contratti efficaci, con scelta rimessa sostanzialmente alla p.a., e la concorrenza di giurisdizioni diverse sopra questioni sostanzialmente identiche.
Deriva, infatti, dalla ritenuta inefficacia del contratto in assenza del presupposto, la totale esclusione del sindacato del giudice ordinario sulle procedure pubbliche dirette all'individuazione del privato contraente, non attuabile neppure mediante l'istituto della disapplicazione: a) non può, ovviamente, ritenersi, per il tramite della disapplicazione, emanato un determinato provvedimento amministrativo (con riguardo al caso di specie, un atto di controllo positivo); b) non può certamente essere oggetto di disapplicazione l'eventuale pronuncia del giudice amministrativo; c) l'annullamento amministrativo (anche in sede di controllo) del provvedimento di individuazione del contraente comporta il difetto di giurisdizione ordinaria, qualora se ne contesti la legittimità al fine di ritenere sussistente il presupposto del contratto e quindi il diritto soggettivo (Cass., S.U., 13 aprile 1989, n. 1752; 20 aprile 1991, n. 4289; 6 maggio 2003, n. 6854; d) la disapplicazione non può operare a favore della p.a. che ha emanato l'atto (Cass. 14 maggio 1998, n. 4854, 14 gennaio 2002, n. 348).
10. Conclusivamente, avvenuta la stipulazione del contratto, la giurisdizione ordinaria deve affermarsi sempre sussistente (con la sola eccezione, già evidenziata, della contestazione di atti di autotutela aventi ad oggetto il provvedimento), ma, nel merito, il contratto deve essere dichiarato nullo, o inesistente, in tutti i casi di mancanza del presupposto costituito dal provvedimento previsto dalla legge; esistente e valido allorchè, al contrario, tale presupposto vi sia, restando escluso che sia consentito alla p.a., che non ha esercitato i poteri di autotutela, di dedurre o eccepire disfunzioni del procedimento amministrativo.
Applicati questi principi al caso controverso e non rilevando approfondire il profilo, di interesse solo teorico, della condizione giuridica del contratto, se nullo per contrasto con norma imperativa, ovvero inesistente per mancanza dell'individuazione della parte privata stipulante, il contratto stipulato con il direttore generale deve essere considerato in ogni caso privo di effetti e non suscettibile di esecuzione, restando esclusa la fattispecie del contratto sottoposto a condizione e l'applicazione del regime giuridico dettato dagli artt. 1358 e 1359 c.c..
Quindi, nessun diritto all'esecuzione della prestazione lavorativa o, in mancanza, al risarcimento del danno, può essere riconosciuto allo S., parte di un contratto individuale privato di efficacia dall'esito negativo del controllo.
Il principio di diritto applicabile, che assorbe tutte le censure non specificamente esaminate e riconducibili alla condizione volontaria, è il seguente: “L'esito negativo del controllo sull'atto regionale di nomina del direttore generale di azienda sanitaria locale determina l'inefficacia sia del provvedimento, sia del contratto eventualmente già stipulato, con la conseguente inconfigurabilità, in relazione alla mancata esecuzione del contratto, di inadempimento imputabile all'amministrazione”. 11. Residua l'esame delle censure, contenute nel terzo e nel quarto motivo di ricorso, limitatamente alla parte in cui sostengono che l'amministrazione aveva arrecato pregiudizio all'interesse legittimo dello S. al corretto svolgimento del procedimento autoritativo di nomina e doveva perciò risarcire il danno.
Anche queste censure non possono trovare accoglimento perchè la sentenza impugnata reca un dispositivo conforme al diritto, cosicchè la Corte deve limitarsi alla correzione della motivazione (art. 384 c.p.c., comma 2).
12. E' certamente erronea l'interpretazione dell'art. 2043 c.c., enunciata dal giudice del merito, secondo cui il rimedio dell'azione di responsabilità civile nei confronti del potere pubblico è accordato ai soli titolari di diritto soggettivo. Questa lettura della norma è stata definitivamente abbandonata dalla giurisprudenza della Corte (a cominciare da Cass. S.u. 22 luglio 1999, n. 500) e poi dal legislatore (art. 7, comma terzo, 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo sostituito dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 35, a sua volta successivamente modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7).
13. Nè è consentito porsi di ufficio il problema dell'appartenenza della controversia alla giurisdizione amministrativa in relazione all'epoca della domanda giudiziale (19.7.2001), a causa della preclusione, operante anche per giudice di legittimità, derivante dal giudicato implicito sulla giurisdizione (secondo la regola, innovativa della giurisprudenza precedente in tema di interpretazione dell'art. 37 c.p.c., enunciata da Cass. S.u. 9 ottobre 2008, n. 24883).
14. In caso di domanda di risarcimento dei danni proposta nei confronti della p.a. per comportamenti illegittimi nell'esercizio di poteri autoritativi, al fine di stabilire se la fattispecie concreta integri un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., il giudice deve procedere, in ordine successivo, a svolgere le seguenti indagini: a) accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l'ordinamento, tale essendo l'interesse indifferentemente tutelato nelle forme del diritto soggettivo (assoluto o relativo), dell'interesse legittimo (funzionale alla protezione di un determinato bene della vita, la cui lesione rileva ai fini in esame) o dell'interesse di altro tipo, pur se non immediato oggetto di tutela in quanto dall'ordinamento preso in considerazione a fini diversi da quelli risarcitoli (e quindi comunque non qualificabile come interesse di mero fatto); c) accertare sotto il profilo causale, facendo applicazione dei noti criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta (positiva od omissiva) della p.a.; d) stabilire se l'evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della p.a., non trovando al riguardo applicazione il principio secondo cui la colpa della struttura pubblica dovrebbe considerarsi sussistente in re ipsa in caso di esercizio non conforme a legge di poteri pubblici (vedi Cass. n. 500/1999, cit.; 11 giugno 2003, n. 9366; 20 dicembre 2003, n. 19570; 29 marzo 2004, n. 6199 23 aprile 2004, n. 7733).
15. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha accertato in modo sufficiente e logico che il pregiudizio subito dallo S. non poteva essere imputato all'amministrazione a titolo di colpa.
A seguito dell'annullamento del provvedimento di nomina doveva essere aperto un nuovo procedimento per giungere all'adozione di altro atto emendato dei vizi riscontrati. Risulta pacifica la riapertura e la stipulazione di valido contratto in data 31.1.1997. Il ricorrente invoca erroneamente il potere di chiedere la registrazione con riserva, precluso alla Regione Siciliana a seguito della sentenza della Corte costituzionale 19 dicembre 1966 n. 121, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale delle disposizioni del D.Lgs. 6 maggio 1948, n. 655, art. 2, comma 2, e dell'art. 6, comma 1, primo periodo, - limitatamente alla parte in cui consentivano, rispettivamente, al Governo regionale di richiedere, e alle Sezioni regionali riunite della Corte dei conti di disporre, la registrazione degli atti ritenuti illegittimi in sede di controllo e l'apposizione del visto con riserva -, nonchè dell'art. 6, intero comma 2, del medesimo decreto.
Nè risulta validamente criticato dal ricorrente l'accertamento secondo cui i comportamenti dell'amministrazione non presentavano anomalie e disfunzioni, in difetto di specifica indicazione di elementi decisivi non considerati o insufficientemente apprezzati, ovvero di motivazione contrastante con il minimo di plausibilità logica che segna il limite del controllo di legittimità. Al riguardo, va altresì tenuto conto del difetto di allegazioni essenziali da parte dello S. (quali la data del controllo, la motivazione dell'atto, l'epoca di avvio del nuovo procedimento, ecc.).
16. Con il quarto motivo è denunciata violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., unitamente a vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata trascurato di considerare che l'attività di commissario liquidatore, dovendo essere svolta solo da alcuni direttori generali sulla base di specifico incarico, determinava l'insorgenza del diritto ad un compenso aggiuntivo sulla base dell'attività effettivamente svolta.
17. Il motivo risulta destituito di fondamento giuridico.
La sentenza impugnata ha espressamente esaminato la domanda, cosicchè non si giustifica la censura di omessa pronuncia.
Neppure sussiste il vizio di motivazione, risultando la statuizione di rigetto della pretesa fondata sull'esatta applicazione di norme di diritto.
A norma della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, le funzioni di commissario liquidatore di USL soppressa, le cui attribuzioni siano state trasferite al un'AUSL, sono svolte dal direttore generale dell'ASL di competenza. Si tratta quindi di compiti il cui svolgimento è compreso (in base alla legge) tra le funzioni che il direttore generale di Asl deve svolgere e che sono compensate con il corrispettivo previsto dal contratto. Tale contratto, poi, costituendo un rapporto di lavoro autonomo (Cass. S.U. 3 novembre 2005, n. 21286), si sottrae all'applicazione del precetto di cui all'art. 36 Cost., ed a qualsiasi intervento del giudice sulla misura del compenso pattuito dalle parti (vedi Cass. 1 settembre 2004, n. 17564; 28 gennaio 2003, n. 122).
18. In ordine al regolamento delle spese del giudizio di cassazione, la Corte ravvisa nella correzione della motivazione della sentenza impugnata i giusti motivi richiesti per disporre la compensazione per l'intero tra tutte le parti (art. 92 c.p.c., comma 2).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa per l'intero le spese del giudizio di cassazione tra tutte le parti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 30 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2008