23.05.03 free
Cassazione Sezioni Unite Civili n. 2065 dell’11 febbraio 2003 - L’AZIONE DEL DIRETTORE GENERALE DI UN’AZIENDA USL PER OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO DERIVATOGLI DALLA MANCATA CONFERMA DELL’INCARICO VA PROPOSTA DAVANTI AL GIUDICE ORDINARIO
Mario C. è stato nominato direttore generale dell’azienda USL Rm/G con delibera della Giunta Regionale in data 24 ottobre 1995 per la durata di 5 anni; il contratto è stato firmato il 18 marzo 1996. Poco dopo l’Assessorato regionale alla salvaguardia e cura della salute ha avviato la procedura per la verifica dei risultati amministrativi e di gestione conseguiti da Mario C.. All’esito della verifica l’Assessorato ha comunicato all’interessato che la Giunta Regionale aveva deliberato di non confermarlo nell’incarico di direttore generale. Mario C. ha impugnato gli atti davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio chiedendone la sospensione. L’istanza è stata rigettata, con decisione confermata, in grado di appello, dal Consiglio di Stato. Successivamente, nell’ottobre del 2000, Mario C. ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale Civile di Roma la Regione Lazio e l’azienda USL Rm/G, chiedendo che - previa dichiarazione incidentale che il provvedimento di non conferma dell’incarico era stato illegittimamente adottato nei suoi confronti - i convenuti fossero condannati a risarcirgli i conseguenti danni, indicati in oltre due miliardi di lire. La Regione Lazio, costituitasi in giudizio, ha eccepito il difetto di giurisdizione del Tribunale sostenendo che la causa andava proposta davanti al giudice amministrativo. Mario C. ha proposto ricorso alla Suprema Corte, in via di regolamento preventivo, chiedendo l’affermazione della giurisdizione del Tribunale Civile di Roma. La Suprema Corte (Sezioni Unite Civili n. 2065 dell’11 febbraio 2003, Pres. Carbone, Rel. Di Nanni) ha accolto il ricorso. La disciplina del rapporto di lavoro del direttore generale delle USL – ha osservato la Corte – prevede:
a) il potere della Regione di determinare obbiettivi definiti di programmazione, riferita all’efficienza, efficacia e funzionalità dei servizi sanitari;
b) il potere della stessa Regione di procedere alla verifica dei risultati ottenuti dall’interessato, verifica che si conclude con la conferma o la risoluzione dell’incarico;
c) il regolamento del rapporto di lavoro con contratto di diritto privato.
Nei casi di conferma o non conferma del direttore generale di una Azienda sanitaria – ha aggiunto la Corte – si debbono distinguere due situazioni. Nella prima, il provvedimento può formare oggetto di una controversia che ha per oggetto l’impugnazione della delibera regionale di conferma o non conferma; in questo caso sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, perché la delibera condivide la natura dell’atto di nomina ed implica una valutazione discrezionale sull’idoneità del direttore generale a svolgere l’incarico affidatogli, indipendentemente dall’avere egli contravvenuto ai propri doveri. Nella seconda situazione l’interessato non svolge l’impugnazione della delibera regionale, ma si riferisce al provvedimento di conferma o non conferma dell’incarico, come quello che è fonte della pretesa civilistica di risarcimento del danno. In questo caso sussiste la giurisdizione del giudice ordinario. Al direttore generale non confermato – ha precisato la Corte – si pongono cioè le seguenti due alternative:
- impugnare il provvedimento di non conferma davanti al giudice amministrativo;
- chiedere al giudice ordinario la tutela del diritto soggettivo inciso dalle misure gestionali.
La seconda scelta è coerente con il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, anche nelle ipotesi di specialità del rapporto di lavoro collegato all’esigenza del perseguimento d’interessi generali. Fatta questa premessa – ha osservato la Corte – il petitum sostanziale della domanda proposta dal dott. C. si caratterizza per il fatto che non svolge censure sulla delibera di nomina dell’interessato alla carica di direttore generale della Azienda USL Rm/G, ma s’incentra sulla pretesa civilistica di risarcimento di un danno. In altre parole, esso non consiste nell’impugnativa del provvedimento di “non conferma” nell’incarico, impugnativa che, come è stato anticipato, l’interessato ha abbandonato in sede amministrativa, ma nella richiesta risarcitoria, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., del diritto violato. La domanda proposta dal dott. Mario C. per conseguire il risarcimento del danno civile – ha concluso la Corte – appartiene, quindi, al giudice ordinario.